Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1903 del 25/01/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 1903 Anno 2018
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

sul ricorso 1357/2012 proposto da:

Pozzi Graziella, Clementoni Alessandra, Clementoni Lorenza,
elettivamente domiciliate in Roma, Via Anastasio II n.80, presso lo
studio dell’avvocato Barbato Adriano, che le rappresenta e difende
unitamente all’avvocato Bresciani Carlo, giusta procura in calce al
ricorso;
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Data pubblicazione: 25/01/2018

- ricorrenti contro
Cassa di Risparmio di Biella e Vercelli S.p.a. – Biverbanca S.p.a., in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, Piazza Dante n.12, presso lo studio

unitamente all’avvocato Strona Guido, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente –

nonchè contro

Fallimento Immobiliare L’airone S.a.s. di Franco Clementoni e del
socio accomandatario Franco Clementoni, in persona del curatore
rag. Coschiera Sergio, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza
Mazzini n.27, presso lo studio dell’avvocato Mainetti Francesco, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Belletti Diego,
giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –

nonchè contro

Italfondiario S.p.a., nella qualita’ di mandataria di Castello Finance
s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Viale di Villa Grazioli n.15,
presso lo studio dell’avvocato Gargani Benedetto, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gargani Guido,
giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrente nonchè contro
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dell’avvocato Avellano Silvio, che la rappresenta e difende

Banco Popolare di Verona e Novara S.c.ar.I.;
– intimata –

depositata il 30/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/07/2017 dal cons. ACIERNO MARIA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Fallimento dell’Immobiliare s.a.s. l’Airone di Franco Clementoni
nonché il fallimento dell’accomandatario Franco Clementoni chiedeva
lo scioglimento della comunione esistente sul compendio immobiliare
di proprietà indivisa del Clementoni e di Gabriella Pozzi, sua moglie e
delle figlie Alessandra e Lorenza Clementoni.
Le parti convenute costituite (le comproprietarie) non si opponevano
alla divisione chiedendo l’attribuzione delle quote ma contestavano il
valore indicato nella perizia allegata al fallimento.
La Castello Finance, successore a titolo particolare di Banca Intesa, si
costituiva dopo l’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, mentre
gli altri creditori ipotecari rimanevano contumaci.
Le condividenti depositavano istanza di assegnazione e chiedevano la
sospensione del giudizio in attesa del finanziamento necessario. Il
fallimento chiedeva disporsi la vendita degli immobili.
Il Tribunale con sentenza parziale, ritenuta la controversia sulla
necessità di procedere alla vendita, dichiarava gli immobili non
comodamente divisibili e disponeva la vendita.
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avverso la sentenza n. 972/2011 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Le condividenti proponevano appello rilevando di aver proposto
istanza di attribuzione delle quote e nel giudizio di appello
formulavano istanza di attribuzione per l’intero con addebito
dell’eccedenza, chiedendo altresì la rideterminazione del valore degli
immobili.

precedentemente assunte, le condividenti appellanti chiedevano
l’attribuzione con conguaglio di E 150.000.000 o il diverso importo
determinato da nuova consulenza tecnica.
La Corte d’Appello rigettando l’impugnazione ha affermato:
le comunioni pro indiviso sono due in quanto uno dei beni immobili è
in comproprietà in quote uguali tra il fallito e la moglie; l’altro, per la
quota di un quinto è di proprietà del fallito. Le due rimanenti quote di
un quinto ciascuno sono di proprietà rispettivamente di ciascuna delle
due figlie.
Ne consegue che le parti condividenti possono richiedere
l’attribuzione solo delle unità immobiliari di cui sono effettivamente
comproprietarie.
L’istanza di attribuzione definitivamente formulata in sede di
precisazione delle conclusioni è invalida perché condizionata alla
rideterminazione del valore degli immobili, ritenuto eccessivo.
Le condividenti hanno numerose volte modificato le proprie
conclusioni sull’istanza di attribuzione in primo ed in secondo grado:
in primo grado hanno chiesto l’attribuzione delle quote subordinando
l’accettazione all’esperimento di consulenza tecnica d’ufficio; con la
citazione in appello hanno formulato istanza di attribuzione con
addebito dell’eccedenza e nelle conclusioni hanno reiterato tale
istanza, in forma condizionata e, conseguentemente invalida.

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All’udienza di precisazione delle conclusioni, modificando quelle

La sentenza di primo grado ha avuto ad oggetto esclusivamente la
non comoda divisibilità delle unità immobiliari (cosi da escludere
l’attribuzione pro quota n.d.r.).
Su questo profilo specifico la doglianza delle appellanti è infondata
alla luce dell’approfondita e condivisibile indagine svolta dal

Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione
Gabriella Pozzi, Alessandra e Lorenza Clementoni. Ha resistito con
controricorso la s.p.a. Italfondiario, in qualità di mandataria della
s.r.l. Castello Finance, nonché la S.p.a. Cassa di Risparmio di Biella e
Vercelli e il fallimento dell’Immobiliare Airone S.a.s.
Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 112 e 339
cod. proc. civ. nonché vizio di motivazione per non avere il giudice
d’appello assunto alcuna decisione sull’istanza di attribuzione
formulata nell’atto introduttivo del giudizio d’appello. Tale istanza è
ontologicamente incompatibile con la dedotta contestazione della
comoda divisibilità che, erroneamente, la Corte d’Appello ha ritenuto
contestata dalle appellanti.
Ne consegue che la Corte territoriale ha deciso su una doglianza non
formulata e non invece sull’istanza di attribuzione proposta
validamente nell’atto introduttivo del giudizio d’appello ed
ulteriormente precisata all’udienza del 7/7/2009, dovendosi
considerare tardiva la modifica formulata all’udienza di precisazione
delle conclusioni.
Nel secondo motivo la sentenza di secondo grado viene censurata per
non aver deciso sull’stanza di attribuzione per l’intero, proponibile per
la prima volta, per giurisprudenza pacifica anche in appello.
In ordine al primo motivo deve osservarsi, preliminarmente, che la
dedotta incompatibilità tra istanza di attribuzione per l’intero e
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consulente d’ufficio.

contestazione sulla non comoda divisibilità non sussiste in quanto tale
condizione dell’immobile può costituire la ragione dell’istanza anche
tardiva di attribuzione del bene (Cass. 14576 del 2016).
La censura è infondata. Secondo il fermo orientamento di questa
Corte, l’istanza di attribuzione può essere formulata per la prima

scioglimento della comunione e non costituisce domanda in senso
proprio”(Cass.

14521 del 2012) essendo finalizzata ad evitare la

vendita che costituisce l’extrema ratio voluta dal legislatore (Cass.
14576 del 2016). La peculiarità del giudizio divisionale ne giustifica la
derogabilità al sistema di preclusioni processuali proprio del giudizio
ordinario di cognizione (Cass. 8367 del 2013). In conclusione,
trattandosi di un’istanza rivolta alle modalità di attuazione dello
scioglimento della comunione, deve ritenersi ammissibile (e
suscettibile di modifica) anche nel corso del giudizio d’appello fino
all’udienza di precisazione delle conclusioni (Cass. 14521 del 2012) .
Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte ha correttamente ritenuto che la definitiva istanza di
attribuzione degli immobili in comunione fosse condizionata (cfr. pag.
12 secondo capoverso) ed ha conseguentemente respinto nel merito
l’istanza sul rilievo insindacabile della piena correttezza della
valutazione eseguita dalla consulenza tecnica d’ufficio. Il profilo
relativo alla non comoda divisibilità è stato affrontato al solo fine di
escludere comunque, anche in astratto, la possibilità di
un’attribuzione pro quota ancorché superata dalle conclusioni finali.
Il ricorso in conclusione deve essere respinto con applicazione del
principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del
presente giudizio.
P.Q.M.
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volta anche in appello “poiché attiene alle modalità di attuazione dello

Rigetta il ricorso. Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle
spese processuali del presente giudizio in favore delle parti
controricorrenti da liquidarsi in E 3000 per compensi; E 200 per
spese oltre accessori di legge per ciascuna di esse.

Così deciso nella camera di consiglio del 14 luglio 2017

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