Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19024 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 16/09/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 16/09/2011), n.19024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.D., elettivamente domiciliata in Roma, Via Nicolò

Tartaglia 21, presso l’avv. FORGIONE Salvatore, che la rappresenta e

difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

e sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– ricorrente incidentale –

contro

V.D.;

– intimata –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma in data 29 maggio

2009 nel procedimento n. 50950 del 2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

aprile 2011 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

udito il P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale, Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile

il ricorso principale e rigettarsi il ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.D. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 29 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in suo favore della somma di Euro 5.000,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data della domanda, titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di una procedura fallimentare nei confronti di Verde Giuseppe & Figli s.a.s.

di Ciro Verde e C., nella quale la ricorrente aveva presentato istanza di ammissione al passivo per crediti di lavoro dipendente nel luglio 1996, senza che la procedura fallimentare fosse stata ancora chiusa a distanza di circa dieci anni.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, sulla base di un motivo.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve disporsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, attinenti all’impugnazione del medesimo decreto.

Con i tre motivi del ricorso principale, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto concernenti questioni strettamente connesse, la ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e vizio di motivazione, si duole della determinazione in cinque anni, anzichè in tre, della durata ragionevole della procedura fallimentare, del criterio di quantificazione dell’indennizzo e della limitazione dell’indennizzo stesso al periodo eccedente la durata ragionevole della procedura complessiva, senza far riferimento all’intera durata della procedura stessa, nonchè della decurtazione dalla durata complessiva del periodo da imputare al comportamento dilatorio di parte ricorrente.

Il ricorso è inammissibile. Quanto ai dedotti vizi di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, le censure non sono illustrate, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis, dalla formulazione di un quesito di diritto, che non può essere desunto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla citata disposizione (Cass. 2007/16002; 2007/23153; 2008/16941; 2008/20409).

Con riferimento ai prospettati vizi di motivazione, le doglianze non contengono la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897).

Con il ricorso incidentale il Ministero della Giustizia, denunciando violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, censura la determinazione in cinque anni della durata ragionevole della procedura fallimentare di cui trattasi.

Anche il ricorso incidentale è inammissibile. Infatti il quesito di diritto che lo illustra è del tutto generico e privo di riferimento sia alla fattispecie concreta, che alla motivazione del decreto impugnato, nel quale si da atto che la durata ragionevole è determinabile in cinque anni, “dovendosi tenere conto della complessità delle operazioni di realizzazione della massa di attivo (4 immobili), della necessità di esperire azioni revocazione e del particolare ostacolo costituito da una vertenza con il Comune di Benevento”. Inoltre il quesito di diritto formulato si risolve nel generico interpello della Corte di legittimità in ordine alla sussistenza della violazione di legge denunciata, ma non contiene la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso della ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie, così da porre la Corte di legittimità di poter comprendere dalla sola lettura del quesito, intesa come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto compiuto dal giudice (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 2008/24339);

Con riferimento ai prospettati vizi di motivazione, le doglianze non contengono la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897).

Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale.

L’esito del giudizio giustifica la totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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