Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19019 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19019 Anno 2018
Presidente: BALESTRIERI FEDERICO
Relatore: MARCHESE GABRIELLA

ORDINANZA

sul ricorso 21489-2015 proposto da:
PRETE FERNANDO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
2018
1297

del legale rappresentante pro tempore elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190 – AREA LEGALE
TERRITORIALE CENTRO POSTE ITALIANE, presso lo studio
dell’avvocato ANNA TERESA LAURORA, rappresentata

e

difesa dall’avvocato DAVIDE ESPOSITO giusta delega in

Data pubblicazione: 17/07/2018

atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 63/2015 della CORTE D’APPELLO

di TRIESTE, depositata il 12/03/2015 R.G.N. 179/2014.

PROC. nr . 21489/2015

FATTO
RILEVATO CHE:
con sentenza nr. 63 del 2015, la Corte di appello di Trieste, in riforma
della pronuncia emessa dal Tribunale di Udine (nr. 59 del 2014), rigettava la
domanda, proposta da Fernando Prete nei confronti di Poste Italiane spa,

apposta al contratto di lavoro stipulato per il periodo 4.11.2010-31.1.2011,
ai sensi del D.Lgs. nr. 368 del 2001, art. 2, comma 1 bis;
avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione Fernando
Prete affidato a tre motivi;
Poste Italiane spa ha resistito con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis
1 cod.proc.civ;
DIRITTO
CONSIDERATO CHE:
parte ricorrente deduce: con il primo motivo, la violazione dell’art. 2
comma 1 bis del D.Lgs. nr. 368 del 2001 in connessione con la clausola 5
della Direttiva UE 1999/70; con il secondo motivo, la violazione della
clausola nr. 4 e 8.1 della Direttiva UE 1999/70; la sentenza impugnata è
criticata per avere affermato la legittimità del D.Lgs. n. 368 del 2001, art.
2, comma 1 bis, con la normativa Europea; con il terzo motivo, la violazione
dell’art. 2 comma 1 bis del D.Lgs. nr. 368 del 2001 in connessione con l’art.
2697 cod.civ e con l’art. 6 del D.Igs nr. 61 del 2000; la decisione è
censurata nella parte in cui ha ritenuto che nel calcolo della percentuale del
15% dovesse essere considerato anche il personale addetto ai servizi
finanziari, estraneo al servizio di recapito universale; su tale circostanza
deduce che la società non aveva fornito alcuna prova diretta ad eliminare
ogni confusione ed equivoco;
i motivi, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione, non sono
fondati essendo la pronuncia impugnata conforme agli arresti resi in
materia dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 31.5.2016 n.
11374) che, nell’interpretare l’art. 2, comma 1 bis, hanno affermato che

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diretta ad ottenere la declaratoria di illegittimità della clausola di durata

PROC. nr . 21489/2015

l’impresa concessionaria del servizio postale può assumere a termine un
lavoratore per un periodo massimo di sei mesi o di quattro, a seconda che
detto periodo sia compreso tra aprile ed ottobre o nel periodo residuo
dell’anno, a condizione che con tale assunzione non si superi il limite
quantitativo costituito dal 15% dell’organico aziendale, senza prospettare
differenze a seconda del tipo di mansioni cui il lavoratore sia addetto. Nel

evidenziato che l’art. 2, comma 1 bis citato, fa riferimento esclusivamente
alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle
concessionarie dei servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni
del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta
legittima dalla Corte Costituzionale con sentenza nr. 214 del 2009 ed
individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del cd.
“servizio universale” postale, ai sensi del D.Lgs. 22 luglio 1999, nr. 261, art.
1, comma 1 di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il
riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del
contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni
inderogabilmente fissate dal legislatore. Sussiste, quindi, coerente
simmetria tra l’ambito delle assunzioni consentite e la platea in relazione
alla quale deve essere calcolato il rispetto della percentuale di
contingentamento, dovendosi avere riguardo all’intero organico aziendale e
alla complessiva consistenza occupazionale e non solo agli addetti ai servizi
postali in senso stretto ( cfr. Cass. nr. 8564 dei 2017, Cass. nr.552 del 2018
e nr. 842 del 2018);
il Collegio ritiene di dare continuità all’orientamento giurisprudenziale di
cui innanzi, condividendo le ragioni esposte nei precedenti riportati e non
apportando il ricorrente argomenti decisivi che impongano la richiesta
rimeditazione;
correttamente la Corte di appello ha dunque ritenuto , ai fini del rispetto
della percentuale, doversi avere a riguardo tutta l’azienda, senza
distinguere tra le varie e plurime mansioni dei dipendenti ( cfr. altresì Cass.
nr. 3867 del 2018), osservando, poi, che, in relazione a detta più ampia

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precedente intervento del 2.7.2015 nr. 13609 questa Corte aveva anche

PROC. nr . 21489/2015

platea, Poste Italiane S.p.A. aveva assolto all’onere di prova su di essa
gravante;
i precedenti di questa Corte hanno anche chiarito che le assunzioni a
tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel
settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dal D.Lgs. n. 368 del
2001, art. 2, comma 1 bis (per Poste italiane spa ex lege), non necessitano

sostitutivo ai sensi dell’art. 1, comma 1, medesimo D.Lgs., trattandosi di
ambito nel quale la valutazione sulla sussistenza della giustificazione è stata
operata «ex ante» direttamente dal legislatore (Cass. Sez. Un. 31.5.2016 n.
11374) ed ancora che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati, ai
sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001 e succ. modifiche, art. 2, comma

1 bis,

anche se in successione tra loro, con Poste italiane spa sono conformi alla
disciplina del contratto a tempo determinato dettata dal D.Lgs. n. 368 del
2001 applicabile ratione temporis e che, a sua volta, la disciplina italiana
applicabile al rapporto, e cioè la normativa sulla successione di contratti a
tempo determinato prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5 integrata
dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, commi 40 e 43, è conforme ai relativi
principi fissati dall’Accordo Quadro nel lavoro a tempo determinato,
stipulato tra le organizzazioni sindacali CES, UNGE e CEEP il 18.3.1999,
recepito nella direttiva del Consiglio 28.6.1999/70/CE (cfr. in motivazione
Cass. Sez. Un. nr. 11374 cit.);
in conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna del
ricorrente, secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese
del presente giudizio;
PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità liquidate in euro 3.500,00 per compensi
professionali, oltre euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del
15 per cento ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del

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dell’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o

PROC. nr . 21489/2015

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
bis, dello stesso articolo 13.
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 marzo 2018

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