Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19016 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 19016 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

ORDINANZA

sul ricorso 6982-2013 proposto da:
FRANCHI DANIELA C.F.

FRNDNL62P6OH501B,

MARGARITA

MASSIMO MRGMSM60M06H501Y, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138, presso lo studio
dell’avvocato RODOLFO POLCHI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MASSIMO BERSANI,
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

2018
1215

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”, in
persona del

legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE, 112,
presso lo studio dell’avvocato CHIARA MAGRINT, che la

Data pubblicazione: 17/07/2018

rappresenta

e

difende,

giusta procura

speciale

notarile in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6281/2012 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 08/09/2012 R.G.N. 3616/2009.

iR.G 6981/2013

RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dall’Università degli
Studi di Roma “Tor Vergata”, ha riformato la sentenza di primo grado e rigettato la
domanda proposta da Daniela Franchi e Massimo Margarita, entrambi inquadrati nella
categoria D ex VIII qualifica funzionale, i quali avevano agito per il riconoscimento del
loro diritto a mantenere, anche successivamente al 9 agosto 2000, l’indennità di
posizione di cui all’art. 47 CCNL di comparto 1994/1997 e l’indennità di professionalità di

l’Università aveva ritenuto non cumulabile con l’indennità di responsabilità di cui all’art.
63, comma 3 CCNL 2000, percepita dai ricorrenti a seguito dell’entrata in vigore del
nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro;
2. secondo la tesi dei lavoratori, condivisa dal Tribunale, l’indennità di posizione di cui
all’art. 47 del C.C.N.L. di comparto 1996 era “confluita”, solo diversamente denominata,
nell’indennità di responsabilità prevista dall’art. 63, commi 1 e 2 CCNL 2000, la quale
doveva essere cumulata con quella di cui al comma 3 stesso articolo;
3. la Corte di appello ha ritenuto tale pretesa infondata rilevando, all’esito dell’esame
della contrattazione collettiva nazionale e decentrata succedutasi nel tempo, che
l’indennità di posizione di cui all’art. 47 CCNL 1996 non era affatto “confluita” in quella di
responsabilità di cui all’art. 63, commi 1 e 2 CCNL 2000, in quanto il nuovo contratto non
richiamava in alcun modo la disciplina anteriore, ma introduceva una nuova complessa,
articolata ed esaustiva regolamentazione del trattamento economico accessorio di tutte le
categorie di personale, sicchè in presenza di tale nuova e completa disciplina, quella
anteriore doveva ritenersi abolita;
4. il giudice di appello ha aggiunto che alcun rilievo poteva attribuirsi all’Accordo di
interpretazione autentica dell’art. 63 CCNL 9.8.2000, che si era limitato a ribadire la
distinzione tra le due indennità ivi previste senza dire nulla in ordine al mantenimento
dell’indennità di cui all’art. 47 CCNL 1996 e alla cumulabilità della stessa con l’indennità
di cui all’art. 63, comma 3, CCNL erogata ai ricorrenti;
5. quanto all’indennità di professionalità, istituita con il Contratto decentrato del 1997, la
Corte romana ha evidenziato che si trattava di un’indennità non prevista dalla Preintesa
del 22 dicembre 2000 e soprattutto dagli Accordi integrativi dell’Il novembre 2005 e del
13 giugno 2006, con i quali era stato in sostanza stabilito l’assorbimento nell’indennità di
responsabilità, escluso solo limitatamente agli incrementi decorrenti dal 2005;
6. per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Daniela Franchi e Massimo
Margarita sulla base di cinque motivi, ai quali ha opposto difese l’Università degli Studi di
Roma “Tor Vergata”;
7. entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ..

cui al punto 3.5.3. del Contratto decentrato di Ateneo, trattamento accessorio che

CONSIDERATO CHE

1. il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 5, comma 6 CCNL 1998/2001 del comparto Università, in relazione
all’art. 47, commi 1 e 2 CCNL 21.5.1996 ed all’Accordo decentrato di Ateneo Università
“Tor Vergata” del 1997, punto 3.5.5. e punto 1.2 e 1.3, ed addebita alla sentenza
impugnata di non avere considerato il regime transitorio previsto dalle disposizioni
contrattuali richiamate in rubrica, che stabiliscono la conservazione dell’efficacia delle

sostituzione ad opera del successivo contratto decentrato;
2. la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., fa discendere
dall’omesso esame dell’accordo decentrato il vizio motivazionale, attesa la decisività ai
fini di causa del regime transitorio dettato dall’accordo stesso;
3. con il terzo ed il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 63,
commi 1, 2 e 3 CCNL 1998/2001 del personale comparto Università, in relazione all’art.
47, commi 1 e 2 CCNL 21.5.1996, nonché all’Accordo decentrato di Ateneo Università
“Tor Vergata” del 1997, punto 3.5.5., violazione e falsa applicazione dell’Accordo Aran di
interpretazione autentica dell’art. 63 CCNL 9.8.2000 del comparto Università, omesso
esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti;
3.1. i ricorrenti censurano, in estrema sintesi, l’interpretazione secondo cui l’indennità di
posizione di cui all’art. 47 CCNL 1996 non sarebbe “confluita”, con diversa
denominazione, nell’indennità di responsabilità di cui ai commi 1 e 2 del CCNL 2000 e
sostengono che elementi interpretativi a favore della cumulabilità delle due indennità
previste dall’art. 63 CCNL del 9.8.2000 si traggono dall’Accordo di interpretazione
autentica dell’ARAN del 2006 e dal fatto che il comma 3 dello stesso articolo, in cui è
presente l’avverbio “inoltre”, avrebbe confermato il carattere integrativo – e non
alternativo – dell’indennità ivi prevista, da ritenere un

quid pluris rispetto a quella

disciplinata dai commi precedenti;
4. la quinta critica, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6,
CCNL 1998/2001 in relazione all’Accordo decentrato di Ateneo Università “Tor Vergata”
del 1997, punto 3.5.3. e punti 1.2. e 1.3, nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo e controverso (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), addebita alla
sentenza impugnata di non avere correttamente interpretato il predetto Accordo
decentrato in relazione all’indennità di professionalità;
4.1. i ricorrenti assumono che la sentenza impugnata ha omesso di considerare che il
punto 1.3. del Contratto decentrato aveva previsto il tacito rinnovo in caso di mancata
disdetta anche dopo la scadenza del contratto nazionale di comparto, salve diverse ed
esplicite disposizioni contrattuali o previsioni di legge;

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clausole contrattuali previgenti e degli istituti dalle stesse disciplinati, sino alla

4.2. sostengono inoltre che la Corte di merito, con il richiamo agli Accordi integrativi del
2005 e del 2006, ha implicitamente riconosciuto che l’indennità di professionalità prevista
dall’Accordo decentrato del 1997 aveva continuato a produrre effetti in assenza di nuova
pattuizione abrogativa fino all’entrata in vigore delle nuove disposizioni della
contrattazione decentrata;
5. il ricorso è infondato per le ragioni già indicate da questa Corte con l’ordinanza n.
30707 del 21 dicembre 2017, pronunciata in fattispecie sovrapponibile a quella oggetto di
causa;
6. con la decisione richiamata, alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod.

a) i motivi fondati sull’asserita “ultrattività” del Contratto decentrato di Ateneo “Tor
Vergata” del 1997 devono ritenersi inammissibili, perché prospettano una questione
nuova senza fornire elementi atti a chiarire se tale questione fosse stata introdotta nel
giudizio di primo grado e riproposta al giudice di appello;
b)

l’indennità di responsabilità prevista dall’art. 63, commi 3 e 4 CCNL Comparto

Università 9.8.2000, erogata al personale dell’area D cui siano “conferiti specifici,
qualificati incarichi di responsabilità amministrative, ivi comprese quelle connesse alle
funzioni di segretario di dipartimento, e tecniche”, non si cumula con l’indennità di
posizione già regolata dall’art. 47 CCNL e dal Contratto decentrato 1997 punto 3.5.5., né
con l’indennità di responsabilità di cui allo stesso art. 63, commi 1 e 2;
c)

in base alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (come modificato

dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), secondo cui è possibile la denuncia con ricorso per
cassazione della violazione o falsa applicazione dei contratti collettivi, non è consentito
alla Corte di legittimità di procedere ad una interpretazione diretta della clausola di un
contratto collettivo integrativo, in quanto la norma riguarda esclusivamente i contratti
collettivi nazionali di lavoro (Cass. n. 27062 del 2013, n. 3681 del 2014);
d) il sindacato di legittimità può essere esercitato, quanto ai contratti collettivi integrativi,
soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi
dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3,
per violazione delle norme di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., a condizione che i motivi di
ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del
provvedimento gravato, ma prospettino l’inadeguatezza della motivazione anche con
riferimento alle norme del codice civile di ermeneutica negoziale come canone esterno di
commisurazione dell’esattezza e congruità della motivazione stessa (Cass. n. 21888 del
2016);
e) l’ammissibilità del motivo che invochi la disciplina dettata dal contratto integrativo è
condizionata alla specifica produzione e indicazione di quest’ultimo quale documento su
cui si fonda il ricorso e mentre il primo onere va adempiuto indicando le modalità della

3

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proc. civ., si è, in sintesi, osservato che:

• produzione stessa, il secondo richiede la trascrizione nel ricorso della clausola che si
assume non correttamente interpretata;
7. sulla base dei principi sopra richiamati, ai quali il Collegio intende dare continuità, il
ricorso deve essere rigettato perché i motivi presentano i medesimi profili di
inammissibilità rilevati dalla richiamata ordinanza n. 30707/2017

e per il resto

prospettano un’esegesi non condivisibile del CCNL di comparto;
8. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei
ricorrenti nella misura indicata in dispositivo;
8.1. deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni richieste dall’art. 13 c. 1 quater

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, liquidate in C 4.500,00 per competenze professionali ed C 200,00 per esborsi,
oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1bis.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 marzo 2018
Il Presidente

IL CANC

Maria Pi

cola

d.P.R. n. 115 del 2002.

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