Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19016 del 02/09/2010
Cassazione civile sez. II, 02/09/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 02/09/2010), n.19016
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente –
Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato MARETTO
MASSIMO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
V.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 262, presso lo studio dell’avvocato
GIULIA MARIA PADULA, rappresentata e difeso dall’avvocato PADULA
GIUSEPPE giusta procura speciale notarile del 19 febbraio 2010 n.
4483;
– controricorrente –
e contro
V.T., M.G., M.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4312/2003 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 15/10/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/06/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCIALLI;
udito l’Avvocato PADULA Giuseppe, difensore della resistente che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 21.11.84 C.G. cito’ al giudizio del Tribunale di Latina T. e V.C., al fine di sentirle condannare alla restituzione di una porzione di terreno in (OMISSIS), lamentandone l’occupazione da parte delle medesime, nella realizzazione di un fabbricato peraltro in violazione delle distanze legali, sul confinante fondo di loro proprieta’. Le convenute si costituirono e contestarono la domanda, eccependo di aver acquistato quell’area con atto pubblico del (OMISSIS) o, in subordine, per usucapione, al riguardo proponendo domanda riconvenzionale; le medesime inoltre chiamarono in giudizio, per l’eventuale evizione, la venditrice C.V.. Quest’ultima si costitui’ resistendo a tale richiesta, negando di aver venduto anche quella parte di suolo;tali posizioni vennero poi confermate, a a seguito del decesso della chiamata, dagli intervenuti figli ed eredi della medesima, L. e M.G..
Con sentenza del 20.9.96 il tribunale adito respinse la domanda attrice ed, in accoglimento della riconvenzionale, dichiaro’ acquisita dalle convenute la proprieta’ della porzione di terreno in contestazione, per usucapione, sia nell’ipotesi decennale, sia in quella ventennale, ritenendola una parte, l’insufficienza dei titoli addotti a dimostrare la proprieta’ in capo all’attore del bene rivendicato, e dall’altra, ampiamente provato il possesso dello stesso, anche in virtu’ del cumulo con quella della C.V., da parte delle convenute; rigetto’, conseguentemente, la domanda di garanzia.
Contro tale sentenza C.V. assunta qualita’ di avente causa da C.G., propose appello, al quale resistettero, sia le V., sia i M., questi ultimi con gravame incidentale condizionato.
La Corte d’Appello di Roma, dopo aver disposto ed espletato una nuova consulenza tecnica di ufficio con sentenza del 22.5 – 15.10.03 respingeva l’appello principale, sul preliminare rilievo secondo cui l’appellante aveva censurato la motivazione della sentenza impugnata solo in relazione alla sussistenza degli estremi dell’usucapione abbreviata, e non anche a quelli dell’usucapione ventennale, pur ravvisati dal primo giudice; dichiarava conseguentemente assorbito l’appello incidentale, confermava l’impugnata sentenza e compensava interamente tra le parti le spese del grado, tranne quelle della consulenza, poste a carico dell’appellante principale.
Tale sentenza veniva impugnala da C.V. con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, notificato in data 18.11.04 ai soli M. quali non si costituivano. Con ordinanza interlocutoria del 18.12.09 questa Corte disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle V.; a seguito della tempestiva ottemperanza a tale incombente da parte ricorrente, si costituiva con controricorso la sola V.C., mentre V.T. non svolgeva attivita’ difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio, aderendo al preliminare rilevo del P.G., deve dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso, previa revoca dell’ordinanza interlocutoria in narrativa menzionata, che e’ stata adottata in assenza di una effettiva situazione di inscindibilita’ di giudizi, comportante ai sensi dell’art. 331 c.p.c., la necessita’ di disporre l’integrazione del contraddittorio. Costituisce, infatti, principio costante nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale la chiamata di un terzo, in garanzia c.d. “impropria”, da parte del convenuto, non comporta alcuna situazione di litisconsorzio necessario, sostanziale o processuale, tra dette parti, a meno che il chiamato non abbia contestato la fondatezza della domanda principale, o questa non sia stata estesa dall’attore nei suoi confronti (ipotesi non verificatesi nella specie).con la conseguenza che le due cause, fondate su titoli diversi, rimangono autonome ben possono essere scisse (tra le altre v. Cass. 1197/10, 1748/05, 18181/03, 6521/03, 1077/03, 12747/01).
Nel caso di specie, dunque, nel quale la parte attrice, risultata soccombente in appello sulla domanda principale, aveva proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di secondo grado, omettendo di notificare tale impugnazione a quella convenuta (la sola contro cui aveva formulato domande) e notificandola soltanto alla terza chiamata in causa dalle convenute, che non risulta avesse formulato contestazioni avverso la domanda principale e contro la quale quest’ultima non era stata estesa, il provvedimento ex art. 331 c.p.c., diretto ad integrare un contraddittorio, in realta’ non necessario per la scindibilita’ delle due cause, non avrebbe dovuto essere emesso;ne’ poteva detta ordinanza assolvere alla diversa finalita’ di litis denuntiatio di cui all’art. 332 c.p.c., prevista per le ipotesi di cause scindibili, essendo ormai ampiamente decorso il termine entro il quale la sentenza avrebbe potuto essere impugnata ai sensi dell’art. 327 c.p.c..
Da quanto sopra considerato consegue l’inammissibilita’ (ancor prima che per la pur evidenziata dal P.G., carenza d’interesse, derivante dalla mancata specifica impugnazione della pregiudiziale domanda di revindica), del ricorso: a) nei confronti delle V., perche’ non notificato, con conseguente inutilita’ della successiva tardiva notificazione di quello per “integrazione del contraddittorio”, sebbene disposta da questa Corte; b) nei confronti degli intimati, non costituiti in questa sede, eredi della chiamata in causa, per assenza di alcuna controversia sussistente tra il ricorrente attore ed i medesimi. Le spese, infine, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della resi stenterei le spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi.
Cosi’ deciso in Roma, il 9 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2010