Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19012 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. II, 16/07/2019, (ud. 01/04/2019, dep. 16/07/2019), n.19012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16837/2015 R.G., proposto da:

S.S., e S.C., rappresentati e difesi

dall’avv. Vito Berretta, con domicilio eletto in Roma alla Via

Giulia di galles n. 4, presso lo studio dell’avv. Ivano Cimatti;

– ricorrente –

contro

S.A., C.N. e S.G.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 761/2014,

depositata in data 16.5.2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/19 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte distrettuale di Catania ha confermato la sentenza del locale Tribunale con cui, su domanda di S.A. proposta nei confronti degli altri coeredi e di C.N., contitolare di uno degli immobili rientranti nell’asse ereditario, era stata aperta la successione di M.C.C., deceduta in data (OMISSIS), e di S.C., deceduto in data (OMISSIS).

Il Tribunale aveva assegnato a C.N. e ad S.A. taluni degli immobili da dividere, ordinando l’estrazione a sorte per gli altri cespiti.

La Corte distrettuale, nel respingere l’impugnazione proposta da S.C., ha anzitutto escluso la nullità della sentenza per non aver individuato i beni facenti parte dell’asse da dividere, osservando che il tribunale aveva rinviato per relationem al contenuto della consulenza contenente il progetto divisionale.

Ha ritenuto che il primo giudice avesse valutato le osservazioni tecniche mosse alla c.t.u. in merito alla mancata stima di taluni cespiti e alla loro valutazione senza esame diretto, rilevando che ciò era dipeso dalla reiterata assenza delle parti ai sopralluoghi fissati dal c.t.u. e che tale modalità di stima non era stata censurata nel merito.

Riguardo all’assegnazione degli immobili e alla formazione delle quote, ha rilevato che le parti non avevano contestato i criteri adottati dal primo giudice e che ciascuna porzione ricomprendeva le singole categorie di beni facenti parte dell’asse, prevedendo, a carico dei condividenti, conguagli oggettivamente contenuti.

Ha disposto l’assegnazione ad S.A. dei beni di cui aveva richiesto l’attribuzione ed in cui aveva svolto la sua attività professionale.

La cassazione della sentenza di appello è chiesta da S. e S.C. sulla base di due motivi, illustrati con memoria.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 720,727 e 729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che il giudice di merito non poteva procedere all’assegnazione degli immobili senza valutare se fossero comodamente divisibili; che anche i beni attribuiti ad S.A. erano divisibili ed andavano suddivisi tra tutti gli eredi in proporzione alle rispettive quote.

Si assume, inoltre, che dette contestazioni erano state sollevate in giudizio senza che la Corte distrettuale le abbia esaminate.

Il secondo motivo censura l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la sentenza disposto l’assegnazione della quota n. 1 ad S.A. senza affatto motivare in ordine alla non comoda divisibilità dei beni, trattandosi di questione che andava preliminarmente risolta prima di adottare una tale soluzione.

I due motivi, che sono suscettibili di esame congiunto, vertendo su questioni connesse, sono infondati.

1.1. Non è consentito sindacare la sufficienza delle ragioni che hanno indotto la Corte di merito a disporre l’assegnazione diretta della porzione n. 1 del progetto divisionale in favore di S.S., dovendo considerarsi che la decisione è stata depositata il 16.5.2014 e che la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito con L. n. 134 del 2012) non contempla più vizi attinenti alla motivazione, ma l’autonoma fattispecie dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per tale intendendosi la mancata valutazione, da parte del giudice di merito, di un dato accadimento oggettivo, risultante dagli atti ed avente carattere decisivo.

Il vizio di motivazione è attualmente denunciabile – ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – solo se si traduca nell’assoluta carenza dei motivi dal punto di vista grafico, nella motivazione apparente o in presenza di affermazioni inconciliabili o di contraddizioni di tale gravità da impedire l’individuazione del percorso logico seguito dal giudice, con esclusione della mera insufficienza delle argomentazioni poste a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 23940/2017; Cass. 21257/2014; Cass. 13928/2015; Cass. s.u. 8053/2014).

Nel caso concreto le ragioni per cui la Corte di merito ha disposto l’assegnazione di taluni cespiti a S.S. sono state chiaramente enunciate, avendo la sentenza chiarito che questi deteneva da lungo tempo i cespiti in cui svolgeva la propria attività professionale e che non era emerso alcun apprezzabile interesse delle altre parti ad ottenere una diversa divisione dei cespiti.

1.2. Quanto alla dedotta violazione di legge, il giudice di merito poteva procedere all’assegnazione diretta dei singoli cespiti a prescindere dalla comoda divisibilità di ciascuno di essi, avendo formato porzioni composte da beni appartenenti alle diverse categorie di cui era composto l’asse (aventi, peraltro, un valore pressochè equivalente).

A norma dell’art. 718 c.c. a ciascun condividente spetta una parte in natura dei beni da dividere, siano essi mobili o immobili.

Ciò significa che il diritto ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie dei beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria (ad esempio quella degli immobili), ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti, e quindi una divisione per genere (Cass. 6387/1980).

Quindi, se l’asse ereditario comprende un solo immobile, questo sarà comodamente divisibile se ciascuno dei coeredi potrà averne una parte, anche se di valore inferiore alla quota di sua spettanza salvo ad attuare il pareggio con l’operazione di conguaglio.

Quando, invece, della comunione facciano parte più immobili che, seppure isolatamente considerati, non possano dividersi in tante frazioni quante sono le quote degli eredi, ma consentano, da soli o insieme con altri beni, di comporre la quota di alcuni dei condividenti in modo che porzioni degli altri possano formarsi con i restanti immobili, non può più farsi questione di indivisibilità o di non comoda divisibilità, dato il realizzarsi del soddisfacimento delle quote con la ripartizione quantitativa e qualitativa dei vari cespiti compresi nella comunione (Cass. 7700/1994; Cass. 1816/1979; Cass. 2117/1966; Cass. 590/1961; Cass. 372/1957).

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo gli intimati svolto difese.

Sussistono le condizioni per dichiarare che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Dà atto che i ricorrenti sono tenuti a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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