Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19010 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/07/2017, (ud. 06/06/2017, dep.31/07/2017),  n. 19010

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22909/2011 R.G. proposto da:

L.D., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avv.

Gianvito Giannelli e dall’avv. Maurizio Eustachio Sarra,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Rocco Brindisi,

in Roma, via Gaspare Spontini 22;

– ricorrente –

contro

Fallimento di Lo.Ra., (C.F. (OMISSIS)), in persona del

curatore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Rocco,

elettivamente domiciliato presso l’Associazione Italiana Giovani

Avvocati, in Roma, via Tacito 50;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 263/2010 della Corte d’appello di Potenza,

depositata il giorno 11 novembre 2010;

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno

2017 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 11 novembre 2010, ha accolto l’appello proposto dalla curatela del fallimento di Lo.Sa.Ra., teso ad accertare l’intervenuto scioglimento del contratto preliminare di vendita di un immobile, stipulato tra il promittente venditore Lo.Sa.Ra. – poi dichiarato fallito – e il promissario acquirente L.D., con le conseguenti condanne al rilascio del bene, nonchè al risarcimento dei danni subiti.

Ha ritenuto la corte d’appello che la sentenza resa dal tribunale sulla domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, precedentemente trascritta, fosse inopponibile alla massa, in quanto intervenuta – dopo la dichiarazione di fallimento del promittente venditore – senza che il contraddittorio fosse stato esteso alla curatela fallimentare; ha soggiunto che il curatore poteva comunque sciogliersi dal contratto preliminare, fino al passaggio in giudicato della sentenza costitutiva, come avvenuto nella vicenda all’esame.

Ha escluso, poi, che il contratto sottoscritto tra le parti potesse essere qualificato come vendita di cosa futura, essendo emerso dalla lettura dell’atto la comune volontà delle parti di differire l’effetto traslativo, ancorchè si trattasse di un immobile da costruire.

Restava irrilevante, infine, la circostanza che sul detto bene, gravato da ipoteca fondata su mutuo fondiario, fosse stata avviata procedura esecutiva da parte della banca terzo creditore garantito.

L.D. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; il curatore del fallimento di Lo.Sa.Ra. ha depositato controricorso.

Il ricorrente ha illustrato il ricorso con memoria art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo L.D. deduce violazione della L. Fall., art. 43, e art. 72, comma 4, con riferimento all’art. 300 c.p.c., e agli artt. 2932,2651 e 2652 c.c., avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto che la trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo fosse inopponibile alla massa, mentre era onere del curatore impugnare la successiva sentenza resa tra le parti.

Con il secondo motivo assume violazione della L. Fall., art. 72, e degli artt. 1351 e 1472 c.c., con riferimento agli artt. 1362 e 1363 c.c., considerato che la corte d’appello ha omesso di operare una interpretazione complessiva delle clausole negoziali, al fine di valutare se le parti avessero inteso stipulare una vendita di cosa futura, anzichè un preliminare di vendita.

Con il terzo motivo denuncia vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la corte omesso di esaminare le singole clausole negoziali che concorrevano all’interpretazione della reale volontà delle parti.

Con il quarto motivo assume violazione della L. Fall., art. 72, del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 41, con riferimento all’art. 100 c.p.c., poichè il giudice d’appello non ha valutato la carenza di interesse del curatore allo scioglimento del contratto preliminare, in presenza di una azione esecutiva promossa sul medesimo bene oggetto di causa da parte del terzo creditore, titolare di ipoteca in forza di precedente mutuo fondiario.

2. Il primo motivo è infondato, nei sensi di cui si dirà.

Com’è noto, secondo il recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte, il curatore fallimentare del promittente venditore di un immobile non può sciogliersi dal contratto preliminare, ai sensi della L. Fall., art. 72, con effetto verso il promissario acquirente, ove questi abbia trascritto prima del fallimento la domanda ex art. 2932 c.c., e la domanda stessa sia stata accolta con sentenza trascritta, in quanto, a norma dell’art. 2652 c.c., comma 1, n. 2), la trascrizione della sentenza di accoglimento prevale sull’iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese (Cass. s. u. 16/09/2015, n. 18131).

Secondo le sezioni unite, invero, il curatore in ipotesi di domanda di esecuzione in forma specifica proposta anteriormente alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore, mantiene sempre la titolarità del potere di scioglimento dal contratto sulla base di quanto gli riconosce la L. Fall., art. 72; ma se la domanda sia stata trascritta prima del fallimento, l’esercizio del diritto di scioglimento da parte del curatore non è opponibile nei confronti di quell’attore promissario acquirente, a norma dell’art. 2652 c.c., n. 2.

Tutto ciò, naturalmente, a condizione che la sentenza abbia accolto la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare avanzata dal promissario acquirente e che la medesima decisione sia stata, a sua volta, trascritta nei registri immobiliari.

E ciò si coniuga con l’effetto prenotativo che attua la trascrizione della domanda ex art. 2652 c.c., comma 1, n. 2), il cui meccanismo pubblicitario si articola in due momenti: quello iniziale, costituito dalla trascrizione della domanda giudiziale e quello finale, rappresentato dalla trascrizione della sentenza di accoglimento.

Il giudice, in definitiva, può senz’altro accogliere la domanda ex art. 2932 c.c., pure a fronte della scelta del curatore di recedere dal contratto, con una sentenza che, se trascritta, retroagisce alla trascrizione della domanda stessa e sottrae, in modo opponibile al curatore, il bene dalla massa attiva del fallimento.

Nella vicenda che ci occupa, tuttavia, se da un lato è incontroverso che la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare spiegata dal promissario acquirente, venne trascritta nei registri immobiliari prima della dichiarazione di fallimento del promittente venditore, è altrettanto sicuro, dall’altro lato, che la relativa sentenza di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c., venne pronunciata dopo la dichiarazione di fallimento del convenuto e senza che nel giudizio il contraddittorio fosse stato esteso anche al curatore fallimentare.

Ora, è noto che per costante orientamento di questa Corte, la perdita della capacità processuale del fallito, a seguito della dichiarazione di fallimento, non è assoluta, ma relativa alla massa dei creditori, alla quale soltanto è consentito eccepirla, sicchè, se il curatore rimane inerte, il processo continua validamente tra le parti originarie, tra le quali soltanto avrà efficacia la sentenza finale (Cass. 15/01/2016, n. 614; Cass. 13/12/2012, n. 22925; Cass. 04/03/2011, n. 5226).

In presenza allora di una sentenza pronunciata in contraddittorio con il solo fallito, successivamente alla sua dichiarazione di fallimento e, quindi, come tale radicalmente inopponibile al curatore, è certo che alla parte resta precluso di avvalersi di quell’effetto prenotativo derivante dalla precedente trascrizione della domanda giudiziale, per la decisiva considerazione che – ormai è certo – essa non potrà più ottenere una sentenza efficace nei confronti della massa rappresentata dal curatore fallimentare.

Dunque, nella vicenda all’esame deve ritenersi legittimo l’esercizio del potere di scioglimento dal contratto preliminare da parte del curatore, L. Fall., ex art. 72, non potendo più il Lacetera conseguire una sentenza, ex art. 2932 c.c., nei confronti della massa concorsuale, che fosse fondata su una domanda trascritta nei registri immobiliari, ai sensi dell’art. 2652 c.c., comma 1, n. 2), prima della dichiarazione di fallimento del Lo..

3. Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente, sono entrambi infondati.

Va anzitutto ricordato che in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 26/05/2016, n. 10891; Cass. 10/02/2015, n. 2465).

In sostanza, allora, la qualificazione del contratto come preliminare o definitivo si risolve in un accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, il quale, nell’interpretazione del contratto, ove il dato letterale sia equivoco, può ricorrere al criterio di cui all’art. 1362 c.c., comma 2, costituito dalla comune intenzione delle parti (Cass. 31/10/2014, n. 23142; Cass. 20/11/2007, n. 24150).

Orbene, nella vicenda che ci occupa, il giudice di merito ha evidenziato con motivazione congrua e coerente che le parti avevano espressamente qualificato il negozio come “compromesso di vendita”, evidenziandone in più occasioni il valore meramente obbligatorio (“promette di vendere, promette di acquistare”), rafforzato anche dall’inequivoco significato delle clausole inserite (“il presente atto non ha effetto traslativo e pertanto la consegna eventuale dell’unità immobiliare s’intenderà fatto a titolo di precario sino alla stipulazione dell’atto notarile di trasferimento”); tali corrette conclusioni non possono essere poste in dubbio dalla circostanza che taluni effetti del programmato contratto definitivo (quali il pagamento del prezzo ovvero la consegna dell’immobile) fossero stati anticipati, per comune accordo delle parti, trattandosi di clausole all’evidenza non incompatibili con la natura meramente obbligatoria del negozio.

4. il quarto motivo è manifestamente infondato.

La circostanza che il creditore procedente, titolare di ipoteca fondata su un mutuo fondiario, abbia proseguito l’esecuzione forzata intrapresa sull’immobile oggetto del preliminare per cui è causa, non può fare venire meno l’interesse del curatore ad ottenerne la consegna in sede giudiziale, restando ferma la titolarità del bene in capo al fallito fino alla pronuncia del decreto di trasferimento in favore dell’aggiudicatario, nè potendosi dubitare che, nel caso di trasferimento a titolo particolare del diritto nel corso del processo – è la fattispecie che ci occupa -, il giudizio prosegua comunque tra le parti originarie ai sensi dell’art. 111 c.p.c..

5. Le spese del grado seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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