Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19009 del 06/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 06/07/2021), n.19009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10100/2015 R.G. proposto da:

F.G. QUALE PROCURATORE GENERALE DI F.A.,

elettivamente domiciliato in Roma, via Germanico n. 12, presso lo

studio dell’Avv. Fiammetta Fiammeri, dal quale è rappresentato e

difeso, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 5902/29/14 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 6 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 maggio

2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con distinti avvisi di accertamento notificati nel dicembre 2009, l’Agenzia delle Entrate procedeva, con metodo sintetico ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, alla rettifica del reddito complessivo di F.A. per le annualità 2004 e 2005.

2. Le impugnative del contribuente, proposte in via separata e riunite nel processo di prime cure, sono state disattese in ambedue i gradi di merito del giudizio.

3. Avverso la sentenza in epigrafe indicata, resa in appello, ricorre per cassazione F.G., quale procuratore speciale di F.A., affidandosi a tre motivi; l’intimata Agenzia delle Entrate ha depositato atto di ‘Costituzione finalizzato alla partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – e nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Ad avviso del ricorrente, la sentenza gravata è inficiata da difetto assoluto di motivazione, in specie circa l’idoneità delle “disponibilità finanziarie” allegate dal contribuente a giustificare il maggior reddito oggetto di accertamento: senza dare contezza del procedimento logico posto a fondamento del convincimento, la decisione della C.T.R. si risolve in una “acritica ed immotivata adesione alle ragioni giustificative della pronuncia di prime cure”, e non si esprime sui motivi, di fatto e di diritto, dedotti con l’atto di appello.

A suffragio del vizio motivazionale della pronuncia, l’impugnante allega l’esistenza di altra pronuncia della medesima C.T.R. la quale, valutando la medesima situazione fattuale ed identiche questioni giuridiche, ha annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente e relativo all’annualità d’imposta 2006.

4.1. La doglianza – articolata in una serie di affermazioni giuridiche astratte e generali, non riferite al caso di specie, e formulata in maniera pletorica e ridondante, con l’integrale trascrizione di parti di atti processuali – è destituita di fondamento.

Dopo aver diffusamente illustrato (in parte narrativa) i motivi di appello, la qui impugnata sentenza ne offre una compiuta disamina: individua la tipologia e le ragioni giustificative dell’accertamento (“operato dall’Ufficio sulla base di rilevanti spese, in rapporto al solo reddito da pensione dichiarato negli anni dall’appellante, per l’acquisto di vari immobili dal 2004 al 2006”) ed argomenta sul mancato assolvimento ad opera del contribuente dell’onere della prova dell’inesistenza del reddito presunto in base ai fattori-indice considerati dal c.d. redditometro (“nemmeno è possibile trarre univoci elementi probatori circa la provenienza del denaro necessario agli acquisti in questione dagli estratti conto allegati all’appello, in quanto dagli stessi non si evince la causale delle movimentazioni che sarebbero avvenute a favore dell’appellante a seguito di vendite immobiliari nè in altri casi è indicato il destinatario ed il titolo dei bonifici effettuati dal sig. F.G., fratello dell’appellante”).

Confuta poi l’esistenza dei vizi formali asseritamente inficianti, secondo la prospettazione dell’appellante, l’atto impositivo, tanto in ordine alla violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1 (“in quanto correttamente sottoscritto dal rappresentante dell’amministrazione”) quanto in ordine all’omessa allegazione di atti indicati nell’accertamento (“in quanto atti perfettamente conosciuti o conoscibili dal signor F.”); afferma infine la correttezza della statuizione sulle spese di lite resa dal giudice di prime cure (“in quanto, nel determinare gli onorari richiesti dall’ufficio, ha tenuto conto delle note spese relative ai due distinti giudizi instaurati e, successivamente, riuniti”).

E’ di tutta evidenza come un percorso argomentativo del genere, recante una risposta (a volte più articolata, a volte più concisa) alle censure sollevate con il gravame, sia ben lungi dall’integrare una “motivazione apparente”, la quale ricorre invece quando il giudice ometta di esporre i motivi, in fatto ed in diritto, della decisione, di rendere intellegibile l’iter logico seguito per pervenire al dictum reso, così impedendo la praticabilità di un controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento (sulla nozione di “motivazione apparente” cfr., tra le tantissime, Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22/09/2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 21/06/2016, n. 16599; Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 23/05/2019, n. 13977).

Nè tampoco si configura una motivazione “per relationem”: il giudice di appello non si è affatto limitato ad un rinvio adesivo ed acritico alla pronuncia di primo grado, ma ha chiaramente espresso un proprio convincimento, fondato su considerazioni ben illustrate conducenti alla conferma della sentenza impugnata attraverso la disamina e la valutazione di infondatezza delle allegazioni difensive e delle contestazioni sollevate con il gravame (sulla motivazione “per relationem”, vedi, ex plurimis, Cass. 23/07/2020, n. 15757; Cass. 05/08/2019, n. 20883; Cass. 05/11/2018, n. 28139; Cass. 05/10/2018, n. 24452; Cass. 21/09/2017, n. 22022).

Alcuna rilevanza assume, ai fini dei denunciati vizi motivazionali, l’esistenza di altra pronuncia della C.T.R. del Lazio, resa tra le stesse parti, avente ad oggetto l’annualità di imposta 2006 e con esito favorevole al contribuente: il ricorrente si limita a riprodurre pedissequamente le diverse motivazioni adottate nelle due pronunce (trascritte in maniera integrale) e a postulare apoditticamente la maggiore plausibilità della sentenza a lui favorevole.

5. Con il secondo mezzo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo della controversia, costituito dallo stato di salute del ricorrente e dalla influenza dello stesso sulla capacità di produrre reddito e “di nascondere tale capacità reddituale e contributiva”.

Il ricorso – ancora una volta strutturato secondo la tecnica espositiva della integrale trascrizione di atti processuali, senza opera di sintesi e di individuazione dei passi salienti – è inammissibile.

Manca radicalmente in ricorso l’illustrazione dell’asserita natura decisiva della circostanza non valutata, decisività che, in quanto correlata all’interesse all’impugnazione, va apprezzata in nesso di causalità con la decisione: il fatto è decisivo (quindi rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) soltanto se, preso in considerazione, avrebbe portato con certezza il giudice del merito ad una diversa ricostruzione della fattispecie, non bastando una prognosi in termini di possibile o probabile differente esito della lite.

Per contro, nel caso de quo, risulta del tutto oscuro in quale maniera lo stato di salute del ricorrente potesse offrire prova della inesistenza (o l’esistenza in misura inferiore) del maggior reddito presunto in applicazione dei fattori-indice del c.d. redditometro.

6. Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si afferma, in breve, che l’accertamento de quo faccia riferimento, per suffragare lo scostamento reddituale indotto dalla compravendita del 20 giugno 2007, ad atti non conosciuti dal contribuente (“le dichiarazioni del terzo”), non allegati all’atto impositivo.

Il motivo è inammissibile: al netto della formulazione generica ed astratta, esso contrasta irrimediabilmente con l’accertamento in fatto operato dal giudice di prossimità (“atti perfettamente conosciuti o conoscibili dal signor F.”) sul quale è fondata la reiezione del motivo di appello, in questa sede pedissequamente riproposto.

7. Rigettato il ricorso, non va pronunciata la condanna del ricorrente soccombente alla refusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate vittoriosa.

Alla costituzione in lite dell’Avvocatura dello Stato, con deposito di atto privo di argomentazioni difensive poichè dichiaratamente finalizzato alla “eventuale partecipazione alla discussione orale”, non ha fatto seguito lo svolgimento di alcuna attività processuale di deposito di memoria; nè assume rilievo al riguardo la circostanza che – a seguito della modifica dell’art. 380-bis c.p.c., operata dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1, comma 1-bis, convertito dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 – sia stata preclusa la possibilità dell’audizione della parte in adunanza camerale (così Cass. 26/11/2020, n. 26640; Cass. 07/07/2017, n. 16921).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2021

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