Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19009 del 02/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/09/2010, (ud. 06/07/2010, dep. 02/09/2010), n.19009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22272/2006 proposto da:

COMUNE DI CANNA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA NAZIONALE 243, presso lo studio

dell’avvocato MIGLIORELLI CRISTINA, rappresentato e difeso

dall’avvocato CECCHERINI Alfredo, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

GEOMETRA T.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato POLITANO SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FALVO Fabrizio, giusta mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 454/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 04/05/2006 R.G.N. 1352/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/07/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE PICONE;

udito l’Avvocato DIMITRI GOGGIAMANI per delega FABRIZIO FALVO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. La sentenza di cui si domanda la cassazione accoglie l’appello di T.I. e, in riforma della decisione del Tribunale di Castrovillari in data 5.6.2003, dichiara l’illegittimità del provvedimento del Sindaco del Comune di Canna con il quale gli era stata revocata la nomina a responsabile dei servizi tecnici comunali e ordinato al Comune la reintegrazione del dipendente nelle mansioni di responsabile del servizio e del procedimento “Area tecnica”.

2. La Corte di appello di Catanzaro accerta in fatto che il T., inquadrato in categoria (OMISSIS), era stato nominato con Delib. 7 gennaio 1999, n. 12, responsabile dei servizi tecnici del Comune di Canna con la relativa indennità e, con la successiva Delibera Giunta 22 giugno 2000, il posto era stato riqualificato come “di responsabile unico apicale dell’Area tecnica comunale”; tale posizione apicale era stata revocata con Delib. 14 febbraio 2001, n. 385 e conferita al segretario comunale -direttore generale -, disponendo che il T. dovesse svolgere funzione di tipo istruttorio e di natura endoprocedimentale, mentre, in precedenza, assumeva determinazioni e provvedimenti a rilevanza esterna (in particolare, rilascio di concessioni edilizie).

2.1. Premesso che l’incarico non risultava che avesse carattere provvisorio e in ogni caso doveva durare cinque anni ai sensi del contratto collettivo, salvo il caso di revoca giustificata, la Corte di appello di Catanzaro ritiene che il comportamento del Comune aveva determinato una dequalificazione vietata dalla legge.

3. Il ricorso del Comune di Canna si articola in tre motivi; resiste con controricorsi depositati in data 14.8.2006 e in data 14.10.2006 T.I..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, la Corte dichiara l’improcedibilità dei due controricorsi della parte resistente: il primo è stato depositato prima della notificazione al ricorrente (richiesta nello stesso giorno) e, pertanto, non è idoneo a dare impulso al procedimento preordinato alla resistenza; il secondo, notificato in data 8 agosto 2006, è stato depositato in cancelleria in data 14 ottobre 2006, oltre il termine prescritto dall’art. 370 c.p.c., comma 3.

2. Con il primo motivo di ricorso viene denunciato l’error in procedendo da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata per non aver dichiarato l’estinzione del giudizio, omettendo di pronunciare sull’eccezione relativa alla cessazione della materia del contendere.

Si deduce che era stata prodotta certificazione attestante la cessazione dal servizio del T. in data 1 ottobre 2005 e si sottopongono alla Corte due quesiti di diritto: 1) se la cessazione dal servizio produca mancanza sopravvenuta dell’interesse ad una pronuncia relativa a domanda unicamente rivolta ad ottenere l’accertamento dell’avvenuto demansionamento e l’affermazione del diritto ad essere restituito alle mansioni precedenti; 2) se concreti il vizio di omessa pronuncia il mancato esame della relativa eccezione.

2.1. Il motivo è infondato in entrambi i profili di censura.

2.2. La censura della mancata rilevazione da parte del giudice del merito della “cessazione della materia del contendere”, riconducibile tra le fattispecie di estinzione del giudizio, configurando denuncia di un error in procedendo, legittima la Corte di cassazione a verificarne la sussistenza mediante diretto esame degli atti ai fini dell’accertamento del rispetto dell’art. 112 c.p.c. (Cass. 12 febbraio 2010, n. 3349; Cass., sez. un., 11 dicembre 2003, n. 18956).

2.3. Nella fattispecie l’error in procedendo deve escludersi.

La materia del contendere può ritenersi cessata quando nel corso del processo sopraggiungano determinate circostanze riferibili a fatti obiettivi, che, avendo incidenza sulla situazione sostanziale prospettata, facciano venire meno la necessità della pronuncia del giudice in precedenza richiesta. Ciò non si verifica nel caso in cui il lavoratore richieda l’accertamento dell’illegittimità della destinazione al altre mansioni e del diritto alla conservazione di quelle in precedenza svolte, costituendo il suddetto accertamento la premessa logica e giuridica per ulteriori domande di tipo risarcitorio, sicchè l’interesse ad ottenere la pronuncia permane anche dopo l’estinzione del rapporto di lavoro (vedi Cass. 3 settembre 2003, n. 12844; 9 novembre 1996, n. 9808). L’estinzione del rapporto di lavoro, pertanto, può incidere soltanto sull’eventuale domanda di condanna alla reintegrazione nelle mansioni svolte in precedenza, risultando estinta la relativa obbligazione del datore di lavoro a far data dalla cessazione del rapporto di lavoro, fermo restando l’accertamento che tale obbligo sussisteva fino al verificarsi del detto evento, accertamento in relazione al quale resta inalterato l’interesse ad agire.

3. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata violazione dell’art. 97 Cost. e D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1, perchè l’assegnazione di compiti diversi da quelli in precedenza assegnati al T. costituiva la necessaria conseguenza della scelta organizzativa di affidare al segretario comunale le funzioni dirigenziali, nè la dequalificazione poteva essere ravvisata, nei riguardi di dipendente pubblico, per il solo fatto che gli erano state assegnate mansioni non inerenti al profilo professionale rivestito. In tali termini è formulato il quesito di diritto.

3.1. Con il terzo motivo si denunzia violazione di legge (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56) e vizio di motivazione, perchè il T. era stato adibito a mansioni proprie dell’inquadramento posseduto. Il quesito di diritto chiede alla Corte di stabilire se, al fine di accertare se vi sia stato demansionamento di un dipendente pubblico, il raffronto vada operato in astratto con le mansioni proprie dell’inquadramento, senza riguardo a quelle concrete svolte in precedenza.

3.2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno esaminati unitariamente per la connessione tra le argomentazioni.

Esito dell’esame è il giudizio di infondatezza.

3.3. In fatto risulta accertato, senza contestazioni, quanto segue:

– al T., inquadrato in Area (OMISSIS) secondo la classificazione del CCNL del comparto regioni ed autonomie locali – personale non dirigente – del 31 marzo 1999 (G.U. Serie Generale n. 81 del 24.4.1999), venne conferito, con Delib. 7 gennaio 1999 (confermata dalla delibera di giunta 22 giugno 2000), l’incarico di “responsabile unico apicale dell’Area Tecnica Comunale”;

– l’incarico comportava l’adozione di determinazioni e provvedimenti aventi rilevanza esterna (in particolare, rilascio delle autorizzazioni in materia edilizia);

– l’incarico gli è stato revocato con Delib. 14 febbraio 2001 e conferito al segretario comunale, e la stessa delibera di revoca esplicitamente aveva assegnato al T. compiti inerenti all’istruttoria e di natura endoprocedimentale.

3.4. Il quadro normativo di riferimento risulta dalle seguenti disposizioni di legge e di contratto collettivo nazionale di lavoro.

Dispone il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 109, comma 2 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali -, (che ha riprodotto la norma già contenuta nella L. n. 191 del 1998, art. 2):

“Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’art. 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione dell’art. 97, comma 4, lett. d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”. Le richiamate disposizioni dell’art. 107 si riferiscono alle funzioni attribuite ai dirigenti, mentre l’art. 97 concerne il ruolo e le funzioni del segretario comunale, il quale, oltre alle funzioni tipiche relative ai compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti, può esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia; in particolare, può svolgere le funzioni di direttore generale nei piccoli comuni (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 108, comma 4).

Il contratto collettivo nazionale di lavoro 31 marzo 1999, cit., all’art. 9, ha regolato il conferimento e la revoca degli incarichi per le posizioni organizzative, determinandone la durata massima in cinque anni e stabilendo che la revoca prima della scadenza può essere disposta con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di specifico accertamento di risultati negativi.

3.5. Il tracciato quadro normativo di riferimento, considerato nei limiti segnati dai due motivi di ricorso, consente di pervenire alle conclusioni di seguito esposte. Il principio affermato dalla Corte (v. sentenza 22 dicembre 2004. n. 23760), secondo cui nel lavoro pubblico dirigenziale presso l’ente locale non è applicabile la regola legale dell’art. 2103 c.c., non rileva nella controversia. Si tratta, infatti, di verificare se spetti al T. la tutela apprestata dal contratto in tema di revoca di incarichi relativi a posizioni organizzative, non riguardanti personale con qualifica dirigenziale (vedi Cass. 10 ottobre 2005, n. 19677).

Neppure viene in rilievo il principio, richiamato dal Comune ricorrente, secondo il quale, posto che sono considerate equivalenti a norma del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, tutte le mansioni congrue rispetto alla classificazione professionale riconosciuta al dipendente, sono da ritenere esigibili, in quanto professionalmente equivalenti, tutte le mansioni che il contratto ascrive a ciascuna categoria (Cass., sez. un., 4 aprile 2008, n. 8740; Cass. 21 maggio 2009, n. 118359).

Nel caso di specie, infatti, come sopra già precisato, non si versava nell’ipotesi di assegnazione di mansioni inferiori rispetto a quelle proprie del livello di inquadramento, ma di revoca di incarico relativo alla responsabilità dell’Aera tecnica, incarico per sua natura temporaneo e suscettibile di essere revocato, senza che la restituzione ai compiti propri della qualifica possa concretare dequalificazione.

3.6. In questi sensi la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta (art. 384 c.p.c., comma 2), risultando il dispositivo conforme a diritto nella parte in cui, dichiarata l’illegittimità della revoca dell’incarico, ha accertato, ai soli effetti che sono stati precisati al punto n. 2.3., il diritto del T. alla restituzione dei compiti svolti in precedenza.

L’illegittimità della revoca, invero, risulta indiscutibile, atteso che non ricorreva l’ipotesi, pure invocata dal Comune, dell’intervenuto mutamento organizzativo, atteso che la decisione di attribuire l’incarico al segretario comunale è intervenuta ad assetto organizzativo invariato e, pur trattandosi di una scelta consentita dalla legge, non risulta sia stata specificamente giustificata in base a particolari esigenze dell’ente e, come tale, va equiparata alla scelta di incaricare qualsiasi altro dipendente in possesso dei requisiti.

4. Non si deve provvedere sulle spese e gli onorari del giudizio di cassazione, dovendosi considerare non costituito, per quanto affermato al punto n. 1, il T..

Sussistono giusti motivi per compensare per l’intero le spese e gli onorari del giudizio di cassazione in considerazione sia dell’esito difforme dei giudizi di merito, sia, soprattutto, l’avvenuta correzione della motivazione della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa per l’intero le spese e gli onorari del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 6 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2010

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