Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19003 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/07/2017, (ud. 20/02/2017, dep.31/07/2017),  n. 19003

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ITER AUDIT s.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via Barnaba

Oriani 32 (fax 06/8081857), presso lo studio dell’avv. Giuseppe

Berti, dal quale è rappresentata e difesa per delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Fallimento dell’agente di cambio C.V.A., in persona

del curatore avv. Ca.Gi. e giusta autorizzazione del

giudice delegato in data 12 maggio 2011, elettivamente domiciliato

in Roma, via dei Mille 41/a, presso lo studio dell’avv. Francesco

Nota Cerasi (p.e.c. francesco.notacerasi(at)pec.cnog.it; fax

06/6797061) dal quale è rappresentato e difeso, per procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 111/2011 del Tribunale di Roma, sezione

fallimentare, emesso in data 8 marzo 2011 e depositato il 29 marzo

2011, R.G. n. 36284/2010;

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore

generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Il Tribunale di Roma, sezione fallimentare, con decreto in data 8/29 marzo 2011, ha respinto l’opposizione proposta da ITER AUDIT s.p.a. allo stato passivo del fallimento dell’agente di cambio C.V.A. con il quale non era stato ammesso il credito di Euro 21.304,20 a titolo di compenso per l’attività di revisione contabile svolta dalla società istante (verifiche sui bilanci 2005, 2006, 2007 dell’agente sino al suo commissariamento disposto dalla CONSOB il 26 settembre 2007). Il Tribunale ha ritenuto che il parere negativo sull’ammissione, espresso dal curatore, fosse esaustivamente motivato e idoneo a provocare una opposizione adeguata avverso il diniego di ammissione adottato dal giudice delegato. Mentre l’opponente non aveva fornito la prova di aver adempiuto alle prestazioni di sua spettanza in forza del contratto di revisione nè aveva fornito la prova di un inadempimento dipeso da causa non imputabile.

2. Ricorre per cassazione ITER AUDIT s.p.a. affidandosi a quattro motivi di impugnazione illustrati con memoria difensiva.

3. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 95, 96, 98 e 99, degli artt. 2229,2230,2231,2233 e 2236 c.c., del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 201, comma 8, artt. 155 e 164, nonchè degli artt. 1460,1176 e 1218 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva la ricorrente che la mancata specifica allegazione di una circostanza impeditiva del fatto costitutivo proprio della domanda ne preclude la proposizione nelle successive fasi e censura la decisione del Tribunale di Roma che ha del tutto omesso di considerare che il provvedimento di diniego di ammissione allo stato passivo è stato adottato dal G.D. sulla base del parere negativo circa l’ammissione del credito espresso dal curatore senza essere in alcun modo supportato dall’allegazione da parte della curatela di un fatto impeditivo del credito vantato dalla ITER AUDIT idoneo a paralizzare l’adempimento dell’obbligazione di pagamento di una prestazione professionale come quella svolta dalla società di revisione, pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza come assunzione di una obbligazione di mezzo (o obbligazione di diligenza e di comportamento) e non di una obbligazione di risultato.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 95, 96, 98 e 99, dell’art. 104 c.p.c., degli artt. 24 e 111 Cost., (violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) e degli artt. 1218,1176,2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La società ricorrente lamenta, stante l’apoditticità e genericità del provvedimento del giudice delegato di mancata ammissione al passivo, di non essere stata posta nelle condizioni di sapere quali fossero le ragioni, in fatto e diritto, della eccezione di inadempimento e dell’asserita responsabilità risarcitoria della ITER AUDIT genericamente addotte dalla curatela e per relationem dal g.d.. Con evidente lesione del proprio diritto di difesa e specificamente con pregiudizio della possibilità di fornire la prova dell’inesistenza e/o della non imputabilità del presunto inadempimento eccepito dalla curatela.

5. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 201, comma 8, artt. 155,156 e 164, vigenti all’epoca dei fatti degli artt. 65, 66 e 67, regolamento Consob n. 11522/1998, vigente all’epoca dei fatti, degli artt. 2230,2231,2233e 2236 c.c., nonchè degli artt. 1460,1176,1218 e 1227 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, in relazione all’art. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente contesta la decisione del Tribunale che ha ritenuto, per il puntuale inquadramento delle inadempienze ascrivibili alla società di revisione, il richiamo alla delibera CONSOB n. 16777 del 27 gennaio 2009. In tal modo secondo la ricorrente si è confusa palesemente l’attività di controllo interno con quella esterna di revisione contabile. Infatti il provvedimento Consob, che non ha affatto sanzionato l’attività di revisione svolta da ITER AUDIT, non individua in alcun modo eventuali negligenze dell’attività di valutazione ed analisi e delle procedure di revisione effettuate dalla ricorrente.

6. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, e dell’art. 116 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La società ricorrente ritiene che il Tribunale abbia recepito acriticamente e meccanicamente un provvedimento amministrativo “esterno”, emesso per altre finalità e nei confronti di altri soggetti come quello della CONSOB su cui ha fondato la propria decisione.

7. Si difende con controricorso la curatela fallimentare.

Ritenuto che:

8. Il primo e il secondo motivo di ricorso che devono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione sono infondati sotto vari profili. In primo luogo ai fini della corretta qualificazione dell’opposizione allo stato passivo va ribadita la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di opposizione allo stato passivo del fallimento, anche nella disciplina prevista dal D.Lgs. n. 169 del 2007 (come nel regime intermedio, successivo al D.Lgs. n. 5 del 2006), per la produzione di documenti a sostegno dell’istanza di ammissione al passivo non trova applicazione il divieto di cui all’art. 345 c.p.c., versandosi in un giudizio diverso da quello ordinario di cognizione e non potendo la predetta opposizione essere qualificata come un appello, pur avendo natura impugnatoria; tale rimedio, infatti, mira a rimuovere un provvedimento emesso sulla base di una cognizione sommaria e che, se non opposto, acquista efficacia di giudicato endofallimentare L. Fall., ex art. 96, segnando solo gli atti introduttivi L. Fall., ex artt. 98 e 99, con l’onere di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti, il termine preclusivo per l’articolazione dei mezzi istruttori (Cass. civ. sez. 1^ n. 4708 del 25 febbraio 2011 e Cass. civ. sez. 6^-1 ordinanza n. 1342 del 26 gennaio 2016). Coerentemente la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la legge consente al giudice delegato l’esclusione sulla semplice contestazione del curatore, mentre quest’ultimo non è tenuto a proporre, in via riconvenzionale, l’azione revocatoria nel giudizio promosso dal creditore ai sensi della L. Fall., art. 98, potendo la revocabilità dell’atto, che postula un accertamento costitutivo nel quale l’intervento del giudice non ha carattere necessario, farsi valere anche in via di eccezione (Cass. civ. sez. 1^ n. 1533 del 23 gennaio 2013). Così pure è stato rilevato che nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., in materia di ius novorum, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del thema disputandum e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato (Cass. civ. sez. 1^, n. 8929 del 4 giugno 2012).

9. In secondo luogo deve rilevarsi come la formulazione della opposizione da parte del curatore all’ammissione al passivo del credito consentiva e anzi imponeva al creditore opponente di documentare e provare le ragioni dell’infondatezza della eccezione di inadempimento. Infatti il curatore ha fatto riferimento alle gravi irregolarità contabili poste in essere dal debitore fallito evidenziando che tali irregolarità si verificarono allorquando era già stato conferito l’incarico alla ITER AUDIT di svolgere l’attività di revisione. Ha affermato che tali irregolarità causarono un danno alla massa dei creditori e per il risarcimento di tale danno era già stata autorizzata la proposizione di una azione risarcitoria da parte della curatela fallimentare. Ha infine eccepito l’inadempimento ex art. 1460 c.c.. Con tali sintetici ma puntuali rilievi il curatore ha tracciato le linee essenziali della propria difesa per l’eventuale giudizio di opposizione consentendo al creditore di proporre in sede di impugnazione del provvedimento di rigetto del giudice delegato tutte le difese e allegazioni probatorie idonee a contestare la responsabilità della società di revisione per la verificazione e la mancata segnalazione delle irregolarità contabili poste in essere dall’agente di cambio C.V.. A tal fine non può considerarsi irrilevante il preannuncio della imminente proposizione dell’azione risarcitoria già autorizzata dal G.D. ben potendo la società ricorrente avvalersi della conoscenza delle motivazioni sottese alla richiesta di autorizzazione e al provvedimento autorizzatorio del giudice delegato del 24 giugno 2009 già comunicato a ITER AUDIT dal curatore in data 28 ottobre 2009. Azione risarcitoria che fu proposta con citazione notificata a ITER AUDIT il 30 giugno 2010 e quindi pochi giorni dopo il deposito del ricorso L. Fall., ex art. 98, da parte di ITER AUDIT. Deve quindi disattendersi come manifestamente infondata l’argomentazione difensiva secondo cui la genericità del riferimento all’art. 1460 c.c., esclude l’insorgere in capo a ITER AUDIT dell’onere di provare l’esatto adempimento anche in sede di opposizione allo stato passivo.

10. Quanto al terzo e quarto motivo di ricorso, che pure si esaminano congiuntamente per le stesse ragioni di connessione attinenti ai primi due motivi, deve preliminarmente rilevarsi che il rigetto, per difetto di legittimazione attiva della curatela, dell’azione risarcitoria nei confronti di ITER AUDIT, da parte della sentenza del Tribunale di Roma n. 7626/13, invocata e allegata dalla ricorrente con la memoria difensiva, non può attestare l’infondatezza della eccezione di inadempimento della curatela fallimentare in questo giudizio. Il rigetto di tale eccezione non può che discendere dall’assolvimento dell’onere della ricorrente di provare l’esatto adempimento delle sue obbligazioni relative all’attività di revisione.

11. La distinzione, cui la ricorrente si dedica ampiamente nel ricorso, fra attività di controllo interno ed esterno non appare rilevante ai fini di provare l’esatto adempimento dato che l’insieme dei controlli interni ed esterni è diretto a impedire quelle condotte anomale dell’imprenditore che finiscono per danneggiare la società e/o i terzi. Sebbene l’obbligazione assunta con l’incarico di revisione non può qualificarsi come obbligazione di risultato in relazione alla predetta prospettiva di prevenire ed impedire la messa in atto di condotte irregolari e causative di danni tuttavia è evidente che la prova dell’esatto adempimento da parte del revisore esterno non può prescindere da una chiara rappresentazione della propria attività e dalla rilevazione delle irregolarità così come dalla loro segnalazione ai soggetti istituzionali come la CONSOB chiamati a vigilare sul corretto operare degli attori del mercato finanziario. Non si comprende dunque come possa escludersi dalle fonti del libero convincimento del giudice un documento come la delibera 16777 CONSOB del 27 gennaio 2009 da cui si evince che l’agente di cambio C.V.A. ha ripetutamente posto in essere operazioni in violazione dell’obbligo di separazione patrimoniale, sia con riferimento alla distinzione che deve sussistere fra il patrimonio dell’intermediario e i patrimoni di pertinenza dei clienti, sia con riferimento alla separazione fra patrimoni dei diversi clienti e ha ripetutamente prodotto e trasmesso alla clientela documentazione attestante una situazione finanziaria non corrispondente a quella effettiva.

12. E’ quindi rilevante quanto affermato da questa Corte in tema di responsabilità concorrente dei soggetti investiti del controllo e cioè che in tema di illeciti amministrativi per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, è sanzionabile la condotta del soggetto, cui sia affidata la funzione di controllo interno, ai sensi dell’art. 57 del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, vigente ratione temporís, il quale ometta di segnalare tempestivamente le irregolarità compiute dall’agente di cambio in violazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 22 e 23, e relativi, il primo, ad operazioni eseguite in difformità dell’obbligo di separazione tra il patrimonio dei clienti ed il patrimonio dell’intermediario e di separazione dei patrimoni dei clienti, e, il secondo, al mancato rispetto degli obblighi di informazione alla clientela in ordine alla situazione finanziaria. Invero, il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 201, richiama, per l’attività degli agenti di cambio, indipendentemente dalla forma, societaria o individuale, in cui la stessa viene esercitata, l’art. 190 del medesimo testo normativo, il cui terzo coma prevede a carico dei soggetti che svolgono funzioni di controllo l’applicabilità delle sanzioni indicate dai primi due commi, tra le quali quelle stabilite per l’inosservanza degli obblighi di cui agli artt. 22 e 23, nonchè l’obbligo di segnalare “senza indugio” alla Consob le irregolarità riscontrate ai sensi dell’art. 8 del precisato D.Lgs., che si riferisce non solo ai componenti del collegio sindacale, ma “anche all’organo che svolge funzioni di controllo ed alle società incaricate della revisione”, così ponendo obblighi concorrenti a carico di ciascuno di essi, ed escludendo che le verifiche della società di revisione esentino l’organo interno dai suoi doveri (Cass. civ. sez. 2^ n. 4837 del 26 marzo 2012). Una conferma del comportamento inadempiente della società di revisione si ha dalla attivazione con grave ritardo da parte della stessa società di revisione nel segnalare alle autorità di vigilanza le gravi irregolarità poste in essere dall’agente di cambio su cui era chiamata esercitare il controllo esterno.

13. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui 200,00 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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