Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19002 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 16/07/2019), n.19002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13205/2014 R.G. proposto da:

SAINT-GOBAIN ADFORS ITALIA SRL IN LIQUIDAZIONE (già Saint-Gobain

Adfors Italia Spa a socio unico, già Saint Gobain Vetrotex Italia

Spa a socio unico), rappresentata e difesa dall’avv. Stefano

Modenesi e dall’avv. Antonio Tomassini, elettivamente domiciliata

presso il loro studio, in Roma, via dei Due Macelli, n. 66.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, sezione n. 27, n. 138/27/13, pronunciata il 6/07/2012,

depositata il 15/11/2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’11 giugno 2019

dal Consigliere Riccardo Guida;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo il rigetto del

ricorso;

udito l’avv. Andrea Di Dio per delega dell’avv. Antonio Tomassini;

udito l’avv. Valenzano Emanuele per l’Avvocatura Generale dello

Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Saint-Gobain Adfors Italia Srl in liquidazione, svolgente attività di produzione di filati di vetro destinati ad applicazioni industriali, nel 2007, in seguito alla cessazione dell’attività, cedette a terzi i metalli preziosi (una lega di platino e rodio), di cui era proprietaria o che deteneva a titolo di noleggio, utilizzati per la produzione di detti filati, realizzando una plusvalenza di Euro 28.963.384,00.

2. In data 9/04/2008, la Direzione regionale della Lombardia, in risposta all’interpello della contribuente, dichiarò l’imponibilità ai fini IRAP della plusvalenza, ragione per cui, nel bilancio 31/12/2007, la società considerò imponibile, ai fini IRAP, tale importo e, per il principio di correlazione tra ricavi e costi, considerò altresì deducibili, ai fini IRAP, i costi sostenuti nel 2005, per l’acquisto e per il noleggio dei metalli.

3. Ne derivò, per il 2005, un minore debito IRAP (per Euro 135.999,00), in parte compensato dalla maggiore IRES dovuta per l’incidenza di tali costi sulla variazione delle rimanenze di prodotti finiti, del quale la contribuente chiese il rimborso, con istanza ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, alla quale l’Agenzia oppose il silenzio – rifiuto.

4. La contribuente impugnò tale diniego tacito innanzi alla CTP di Milano che, con sentenza n. 165/09/2010, ne accolse la domanda subordinata ordinando all’Amministrazione finanziaria il rimborso di Euro 41.130,00, a titolo di IRAP.

Interposto appello principale dall’Agenzia e appello incidentale dalla contribuente (per il riconoscimento della maggiore pretesa creditoria fatta valere, in via principale, innanzi alla CTP), la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il gravame dell’Ufficio e ha rigettato quello incidentale della società.

5. Il giudice d’appello, aderendo al motivo di gravame, ha negato che ricorressero i presupposti per la presentazione di una domanda di rimborso, ai sensi dell’art. 38 cit., in quanto la società, che non aveva presentato alcuna dichiarazione integrativa, aveva fatto valere la propria pretesa in seguito all’interpello rivolto all’Ufficio nel 2008 e dopo avere ricalcolato l’imposta dovuta sulla base della riclassificazione dei costi relativi all’acquisto e al noleggio dei metalli preziosi.

6. La contribuente ricorre, con due motivi, per la cassazione di questa sentenza; l’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 – bis e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente affermato che il contribuente che ritenga di avere commesso errori nella dichiarazione dei redditi già presentata, sia costretto, in caso di errori a sè sfavorevoli, a presentare una dichiarazione integrativa, entro il ristretto termine decadenziale di cui all’art. 2, comma 8 – bis, cit., senza potersi avvalere del rimedio dell’istanza di rimborso, di cui all’art. 38 cit., trascurando che una simile interpretazione del quadro normativo di riferimento porrebbe il contribuente in una condizione di illegittima disparità rispetto all’Amministrazione finanziaria, in palese violazione dei principi d’imparzialità e buon andamento che improntano il rapporto tra il fisco e i soggetti obbligati.

2. Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, la ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere riconosciuto che, in qualsiasi ipotesi di errore connesso al versamento del tributo, in relazione sia all’an che al quantum debeatur, il contribuente è legittimato a ripetere l’indebito versamento, con la domanda di rimborso ex art. 38, prospettando all’Amministrazione finanziaria circostanze, ulteriori e diverse, rispetto a quelle sottese alla precedente dichiarazione, che giustificano il rimborso.

2.1. I due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati.

E’ il caso di rammentare il radicato e condivisibile indirizzo di questa Corte, riaffermato anche di recente (ex multis: Cass. 15/03/2019, n. 7389; 11/05/2018, n. 11507; 30/10/2018, n. 27583; 28/11/2018, n. 30769), sulla scia dei principi espressi dalle sezioni unite (Cass. sez. un. 30/06/2016, n. 13378) che, occupandosi del tema del decidere, hanno chiarito che: “In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2,comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria. (…) Il sistema appare poi equilibrato a seguito dell’inserimento del comma 8 bis, comma aggiunto dal D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435, art. 2 – che ha consentito al contribuente, a decorrere dall’1/1/2002, di correggere errori od omissioni che si risolvano in suo danno (cd. in bonam partem), apprestando per lo stesso una tutela distinta dalla domanda di rimborso e dal rimedi esperibili in sede giurisdizionale. La dichiarazione “integrativa” suddetta – per la stessa funzione alla stessa attribuita dalla norma – viene a saldarsi con la originaria dichiarazione presentata, modificando “ora per allora” il contenuto delle voci reddituali indicate. (…) Il sistema normativa creatosi a seguito dell’introduzione dei commi 8 e 8 bis consente quindi di distinguere, nell’ambito dello stesso art. 2, i limiti e l’oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative. (…) Gli errori o omissioni in danno del contribuente possono (…) essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante. (…) Il diverso campo applicativo delle norme in materia di accertamento (D.P.R. n. 600/1973, D.P.R. n. 322 del 1998) rispetto a quelle relative alla riscossione (D.P.R. n. 602 del 1973) comporta la necessaria distinzione tra la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis e il diritto al rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. D’altra parte l’introduzione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, non è stata accompagnata da alcuna modifica dello specifico regime dei rimborsi e la stessa lettera della norma non è per nulla incompatibile con l’autonomia del suddetto regime. L’ultimo periodo del comma 8 bis, nell’affermare che “L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 11), evidenzia la specificità funzionale della dichiarazione integrativa confortando, nel contempo, l’esclusiva incidenza su di essa e sui relativi effetti del termine di decadenza per essa predisposto. (…) Ne consegue che ove il contribuente opti per la presentazione della istanza di rimborso di cui all’art. 38 cit., verrà introdotto un autonomo procedimento amministrativo (in cui la istanza di parte costituisce l’atto di impulso della fase iniziale) del tutto distinto dalla attività di controllo automatizzato – formale ed in rettifica – originato dalla mera presentazione della dichiarazione fiscale.”.

Nel caso concreto, la CTR, discostandosi dai principi giuridici appena enunciati, ha commesso un errore giuridico laddove ha disconosciuto il diritto della contribuente a chiedere il rimborso (ex art. 38 cit.) delle somme versate in eccesso, per l’annualità 2005, a titolo d’IRAP, in conseguenza della ravvisata deducibilità di costi sostenuti per l’acquisto ed il noleggio di metalli preziosi, ed ha affermato che l’unico rimedio (astrattamente) esperibile sarebbe stato la presentazione di una dichiarazione integrativa (entro il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo).

Occorre, quindi, affermare la regola di diritto secondo cui l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (ex art. 2, comma 8 – bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento (con specifico riferimento alla materia del contendere), dall’altro, diversamente da quanto afferma la Commissione, lambiscono piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti, e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso).

3. All’accoglimento dei due motivi consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR lombarda, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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