Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19001 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. I, 16/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 16/09/2011), n.19001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2993/2010 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)) in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

P.F., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MAROSTICA

29, presso lo studio dell’avvocato CIAVARRO STEFANO, rappresentati e

difesi dall’avvocato LA PENNA Giovanni giuste deleghe in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrenti incidentali –

e contro

M.S., MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

– ricorrenti incidentali –

avverso il decreto n. 214/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 02/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con decreto depositato il 2/12/2008 la Corte di appello di Perugia ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo proposta contro il Ministero della Giustizia, in relazione al processo civile instaurato dinanzi al tribunale di Roma il 22.9.1990 e definito dalla Corte di appello il 16.7.2007, da D.A.A., + ALTRI OMESSI .

La Corte di appello ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da P.F., quale procuratore di P.P., per inesistenza della procura.

Contro il predetto decreto il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.

Gli intimati – fatta eccezione per M.S. – resistono con controricorso.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come deliberato dal Collegio in esito alla Camera di consiglio.

2.- Va preliminarmente accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di P.P., la cui domanda è stata dichiarata inammissibile dalla Corte di merito perchè proposta in suo nome da P.F. privo di procura.

2.1.- Con i primi quattro motivi il Ministero ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione del diritto all’equa riparazione. In particolare, poichè il diritto all’equa riparazione poteva essere fatto valere anche prima della L. n. 89 del 2001, come affermato dalle S.U. (sentenza n. 28507 del 2005), il diritto sarebbe prescritto.

Le censure appaiono infondate alla luce della giurisprudenza della S.C. secondo la quale in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Sez. 1, Sentenza n. 27719 del 30/12/2009).

3.- Con il quinto motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, lamentando che l’indennizzo sia stato liquidato agli eredi, iure proprio, sin dalla costituzione in giudizio e non con decorrenza dal momento di violazione del termine ragionevole dopo la riassunzione.

Il motivo è infondato perchè, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, in caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, “iure successionis”, l’indennizzo maturato dal “de cuius” per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte anche prima dell’entrata in vigore della citata legge nonchè, “iure proprio”, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, ovverosia si sia costituito nel giudizio. Ed infatti, anche se la qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, è stata già acquisita nel segmento temporale nel quale parte era il “de cuius” e permane anche in relazione alla valutazione della posizione del successore – che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole -, per la commisurazione dell’indennizzo da riconoscere dovrà prendersi quale parametro di riferimento proprio la costituzione dell’erede in giudizio, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia subito danni, patrimoniali e non patrimoniali, ed in relazione ad indennizzi modulabili in base al concreto patema subito (Sez. 1, Sentenza n. 2983/2008; Sez. 1, Sentenza n. 23416/2009).

4.~ Con l’ultimo motivo il Ministero ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla determinazione della durata ragionevole e alla mancata valutazione della complessità della causa che avrebbe comportato una durata non inferiore a otto anni.

Il motivo è infondato perchè la Corte di merito ha, con congrua e logica motivazione, accertato che la durata complessiva del processo si è protratta per 16 anni e 10 mesi e che, per la complessità della causa, la durata ragionevole andava individuata in anni sette anzichè cinque, conformemente allo standard CEDU. Sì che il vizio di motivazione denunciato non sussiste e le censure appaiono inammissibili nella parte in cui pretendono da questa Corte un nuovo esame del merito.

5.- Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei resistenti, spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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