Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19000 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/07/2017, (ud. 07/03/2017, dep.31/07/2017),  n. 19000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, elettivamente domiciliata in Roma,

via A. Bertoloni 26/b, presso lo studio degli avv.ti Carmine

Bevilacqua e Massimo Petroni, dai quali è rappresentata e difesa

per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione;

– intimato –

avverso la sentenza emessa in data 10 gennaio 2011 e depositata in

data 18 aprile 2011 dalla Corte di appello di Roma, R.G. n.

57647/09;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del sostituto

procuratore generale cons. Salvato Luigi che ha concluso per la

rimessione del ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle

Sezioni Unite.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha chiesto la dichiarazione di fallimento della s.r.l. in liquidazione (OMISSIS) in relazione all’ingente esposizione debitoria della società nei confronti dell’erario, per oltre 7 milioni di euro, e alla perdita della capacità di adempiere alle proprie obbligazioni.

2. La società è stata dichiarata fallita, con sentenza n. 272/2009, e ha proposto reclamo eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano, avendo trasferito la propria sede legale in Inghilterra già dal 29 dicembre 2005, contestando la sussistenza dello stato di insolvenza e lamentando il pregiudizio derivante dalla dichiarazione di fallimento che ha impedito la presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo.

3. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 10 gennaio 2011 – 18 aprile 2011, ha respinto il ricorso rilevando, quanto all’eccepito difetto di giurisdizione, che la società (OMISSIS), sorta in Italia e attiva in Italia, non aveva adempiuto all’onere di provare che il successivo trasferimento della sede all’estero fosse effettivo e non meramente formale. Nel merito ha riscontrato lo stato di insolvenza rilevando che, dopo due anni di procedura pre – fallimentare, era ancora presente una forte esposizione nei confronti dell’erario mentre nessun ostacolo giuridico e di fatto risultava frapposto alla possibile presentazione di una domanda di concordato o al pagamento del credito erariale da parte di asseriti debitori della società (OMISSIS).

4. Ricorre per cassazione la s.r.l. (OMISSIS) in liquidazione deducendo: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, del regolamento 1346/2000/CE del 29 maggio 2000, del R.D. n. 267 del 1942, art. 9, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3 e l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’360 c.p.c., n. 5; b) violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

5. Non svolge difese la curatela fallimentare.

6. La Procura Generale della Corte di Cassazione chiede che la Corte rimetta il ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle S.U. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 374 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

7. L’istanza della Procura Generale può essere disattesa perchè, come si riscontra nello stesso testo delle conclusioni del P.G., la Corte di Cassazione a Sezioni Unite si è ormai pronunciata sulla questione di giurisdizione, proprio con riferimento a trasferimenti della sede dell’impresa all’estero in presenza di una situazione di crisi, e ha affermato che “l’istanza di fallimento presentata nei confronti di una società di capitali, già costituita in Italia, che abbia trasferito la sede legale all’estero dopo il manifestarsi della crisi d’impresa, rientra nella giurisdizione del giudice italiano solo se il trasferimento di sede non sia stato seguito dal trasferimento effettivo dell’attività imprenditoriale, sì da risolversi in un atto meramente formale” (Cass. civ. S.U. n. 3059 del 17 febbraio 2016). La pronuncia è stata confermata dalle Sezioni Unite con la decisione n. 10925 del 26 maggio 2016 che ha richiamato la precedente pronuncia n. 2243 del 6 febbraio 2015 secondo cui “ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, del Regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1346/2000, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, dovendosi presumere – per le società e le persone giuridiche che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, sicchè quando risulti accertata una discrepanza tra sede legale e sede effettiva, è l’ubicazione di quest’ultima a dover prevalere ed a costituire il criterio determinante della giurisdizione”. La stessa decisione n. 10925/2016 richiama la sentenza n. 5945 dell’il marzo 2013 delle Sezioni Unite secondo cui non grava sulla società, nei cui confronti sia presentata un’istanza di fallimento, la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l’ubicazione della sua sede legale, sebbene sia consentito al giudice, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, – applicabile al procedimento prefallimentare al fine di vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società stessa, desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo”. Tuttavia nel presente giudizio non è stato rilevato alcun elemento di prova della non coincidenza fra sede legale e sede di effettivo svolgimento dell’attività di impresa tanto è vero che la Corte di appello ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice italiano sul solo presupposto del mancato adempimento da parte della società dell’onere di provare di aver trasferito effettivamente la propria sede all’estero.

8. Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e dichiarazione di difetto di giurisdizione del giudice italiano a decidere sulla sopra menzionata istanza di fallimento. Il recente consolidarsi di una giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio di merito e del giudizio di cassazione.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Compensa le spese del giudizio di merito e di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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