Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1900 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1076/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Edilicostruzioni di M.M. e F.lli s.n.c., corrente in

(OMISSIS) (CA), in persona del legale rappresentante p.t., nonchè i

soci M.M., M.G., M.A. e

Ma.Al., con gli avv.ti Roberto Altieri e Daniela Cutarelli e con

domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Sicilia n. 66;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Sardegna – Cagliari n. 28/05/2013, pronunciata il 10 gennaio 2012 e

depositata il 25 novembre 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 febbraio

2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

1. La società contribuente, operante nel settore dell’edilizia, era oggetto di verifica da parte dell’Ufficio al fine di accertare la veridicità dei redditi dichiarati con il Modello Unico 2004 in relazione al periodo d’imposta 2003. Per questo motivo venivano eseguiti presso la sua sede tre distinti accessi, mirati alla verifica dei ricavi dichiarati, in data (OMISSIS) e (OMISSIS) e in data (OMISSIS). A seguire, in data (OMISSIS), la società contribuente e il suo legale rappresentante venivano attinti da un avviso avente ad oggetto l’accertamento di un maggior reddito imponibile pari ad Euro 366.484,00 per il periodo d’imposta 2003, da imputare poi a soci per trasparenza in ragione delle rispettive quote di partecipazione.

2. Con detto avviso l’Ufficio contestava:

a) la congruità dei prezzi di vendita indicati negli atti notarili di 12 unità immobiliari cedute dalla ricorrente durante il periodo d’imposta in esame. Segnatamente l’ispezione documentale rilevava che dei 12 fabbricati compravenduti, uno era stato alienato per un corrispettivo di Euro 50.000,00 ma a fronte di un mutuo pari a Euro 82.000,00 assistito da garanzia ipotecaria per Euro 164.000,00. Evidenziava che, solitamente, gli istituti di credito concedevano il mutuo nella misura dell’80% del valore commerciale periziato e quindi per difetto mentre, nel caso di specie, il mutuo era stato concesso per un valore addirittura superiore. Evidenziava altresì che la stima non poteva non prendere l’abbrivio dal prezzo indicato negli atti di compravendita non avendo la società prodotto alcun compromesso;

b) l’Ufficio rideterminava pertanto il prezzo di vendita al metro quadro, dividendo il valore di 82.000,00 per la superficie catastale, pervenendo così ad un valore medio di 1.224,00 Euro/mq, ritenuto ragionevole anche alla luce della quotazione media rilevata dall’OMI. Detto valore veniva ritenuto congruo dall’Ufficio anche in relazione agli altri immobili, ancorchè allocati in zone di diverso pregio commerciale. Contestava poi il modesto ricavo percentuale del 12,43%, dato dalla differenza tra i ricavi pari a Euro 806.110,00 e il costo del venduto pari a Euro 716.987,00, perchè incompatibile con le risorse e le movimentazioni economico-finanziarie della società;

c) sulla scorta di tali premesse, l’Ufficio accertava così, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, un maggior reddito imponibile ai fini delle imposte dirette per Euro 366.484,00, da imputare ai soci D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5, e maggiori ricavi per Euro 283.846, una maggiore IRAP per 12.382,00, una maggiore IVA per Euro 11.354,00 e sanzioni per Euro 18.573,00.

3) L’Amministrazione finanziaria notificava così a ciascuno dei soci gli avvisi di accertamento con i quali veniva imputato a ciascun socio, per trasparenza e in ragione delle rispettive quote di partecipazione, la maggiore IRPEF, maggiore addizionale regionale, contributi previdenziali e sanzioni.

4) Tutti gli atti impositivi venivano impugnati avanti la Commissione tributaria provinciale. La società e i soci svolgevano plurimi motivi che possono così riassumersi: a) omessa specificazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma e lettera, che si assumevano violati;

b) violazione dello Statuto del contribuente, art. 7, per aver l’Ufficio notificato l’avviso di accertamento senza la previa redazione di un processo verbale di contestazione a chiusura delle operazioni di verifica e senza rispettare il termine minimo di 60 giorni; c) violazione dell’art. 2697 c.c., per aver non l’Amministrazione finanziaria adempiuto all’onere probatorio di provare i maggiori ricavi; d) illegittimità dell’avviso per mancanza di motivazione e per difetto di presunzioni gravi, precise e concordanti, avendo esso ad oggetto stime immobiliari riferite ad una annualità diversa rispetto a quella in cui si sono svolte le trattative. La mancanza di motivazione era ascrivibile anche alla prassi, per alcune banche, di concedere mutui più alti rispetto al prezzo di compravendita, per comprendervi le spese notarili, le imposte e quant’altro. All’uopo allegava una perizia di parte a supporto della correttezza dei valori dei prezzi di mercato. I ricorsi dei soci venivano poi integrati di un ulteriore motivo, ossia l’omessa allegazione dell’avviso di accertamento notificato alla società, concretando quell’avviso il presupposto degli atti impositivi individuali.

5. Si costituiva l’Amministrazione evidenziando la correttezza del proprio operato ed eccependo l’esistenza di indizi presuntivi gravi, precisi e concordanti nonchè l’irrilevanza probatoria della perizia prodotta dai ricorrenti. La Commissione tributaria provinciale, previa riunione dei ricorsi e rigetto delle censure preliminari di contenuto formale e procedimentale, riteneva gli avvisi di accertamento fondati su presunzioni gravi, precise e concordanti, concludendo per il rigetto.

6. Insorgevano in appello la società contribuente e i soci ribadendo i motivi già svolti in primo grado e chiedendo la nomina di un CTU. Costituitosi l’Ufficio, il Collegio nominava un consulente tecnico d’ufficio, il quale dimetteva una perizia avente ad oggetto il valore di mercato degli immobili compravenduti, calcolato in Euro 775.000,00 e quindi anche inferiore al valore indicato dai contribuenti e pari a 806.000,00. Replicava alla CTU depositata sia l’Amministrazione finanziaria, sia i contribuenti.

7. La Commissione tributaria regionale confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva rigettato i motivi di contenuto formale e procedimentale. Riteneva invece fondato nel merito il ricorso, richiamando ampliamente le risultanze della CTU. Segnatamente:

a) il CTU aveva indagato ed accertato il valore di mercato dell’immobile oggetto di contestazione giungendo ad un valore che il Collegio riteneva congruo;

b) il CTU aveva fatto riferimento a plurimi criteri, quali i mercuriali della CCIAA, le valutazioni dirette e indirette dell’OMI, la valutazione dell’Agenzia delle Entrate, da quali aveva poi tratto un valore medio, ritenendo corretta la metodologia seguita tenuto conto del fatto nessuno dei criteri seguiti poteva dirsi dotato di assolutezza e decisività;

c) replicava alla contestazione dell’Ufficio, secondo cui il metodo del CTU sarebbe stato errato, tenuto conto che i suoi risultati contrastavano con la presunzione derivante dalla differenza tra il prezzo d’acquisto e il valore indicato nel rogito: al riguardo la CTR osservava uno dei motivi di ricorso atteneva al fatto che l’avviso di accertamento aveva ad oggetto 12 atti di compravendita e ciò sebbene lo scostamento tra i due valori riguardasse solo uno di quelli. Osservava inoltre che detta circostanza di fatto non solo non era stata contestata dall’Ufficio, ma addirittura quest’ultimo aveva fatto esplicito richiamo al relativo atto di rogito;

d) osservava inoltre il Collegio che lo scostamento dei valori in uno o due atti non poteva determinare la rideterminazione dei ricavi connessi a dodici atti di compravendita: trattandosi di situazione episodiche, veniva meno il requisito della gravità. E ciò oltre al fatto che non poteva nemmeno escludersi un errore periziale da parte dell’Istituto di credito;

e) circa l’altro elemento indiziario, cioè il modesto indice di redditività, la CTR osservava come l’importo di Euro 716.000,00, quale valore degli immobili, doveva essere letto come valore di mercato e non costo di produzione. In ogni caso, precisava la Corte che, quand’anche fosse stata corretta la contestazione dell’Ufficio, la decisione finale non avrebbe potuto essere diversa tenuto conto che si trattava di un valore presuntivo che si sarebbe affiancato allo scostamento di un solo immobile: in sostanza difettavano ancora le presunzioni gravi, precise e concordanti;

f) circa, infine, la contestazione dell’Ufficio secondo cui il CTU avrebbe dovuto considerare solo i dati della CCIAA e non dell’OMI, replicava il Collegio che quest’ultimi (e non i criteri della CCIAA) erano richiamati dal provvedimento n. (OMISSIS) dell’Amministrazione finanziaria, recante la metodologia da usare per la determinazione del valore dei fabbricati, sottolineando altresì come ai dati della CCIAA non potesse essere accreditata precisione assoluta tali da impedire di considerare anche dei minimi scostamenti. In definitiva gli avvisi potevano dirsi fondati su meri elementi di sospetto.

8. Ricorre per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato, affidandosi ad unico motivo di gravame, cui resistono i contribuenti con controricorso e contestale ricorso incidentale condizionato.

In prossimità dell’udienza, la parte privata ha depositato memoria chiedendo la prosecuzione del giudizio nei confronti del solo M.G. e la dichiarazione di estinzione del giudizio nei confronti di tutte le altre parti.

Diritto

CONSIDERATO

1. In via preliminare occorre dare atto che con atto, depositato il (OMISSIS) la società e soci M.A. e Ma.Al., esponendo e documentando di aver chiesto la definizione agevolata del procedimento ai sensi del. D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, e provvedendo anche al versamento dei relativi importi, chiedevano che fosse disposta la sospensione del giudizio. Rimaneva dunque estraneo alla richiesta di definizione agevolata il sig. M.G.. La Avvocatura generale dello Stato, mediante istanza del 28 gennaio 2020, chiedeva dichiararsi l’estinzione parziale del giudizio, fissando per il resto l’udienza per la decisione della causa. L’intervenuta definizione agevolata della controversia per le parti istanti comporta la cessazione della materia del contendere per la società EdilCostruzioni di M.M. e F.lli s.n.c. nonchè per i soci Ma.Al. e A.M..

La Corte provvede alla conseguente declaratoria, dando atto che il presente giudizio prosegue solo nei confronti del socio M.G., rimasto estraneo alla domanda di definizione agevolata.

2. Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.1. Lamenta che il Giudice d’appello avrebbe erroneamente ritenuto gli avvisi impugnati come fondati su meri elementi di sospetto, mentre la pretesa impositiva è da ritenersi fondata su presunzioni gravi, precise e concordanti. In particolare richiama la differenza di prezzo contestata in ordine ad uno specifico atto di rogito, all’uopo richiamando anche alcune disposizioni del T.U.B. secondo cui il mutuo dovrebbe essere concesso nella misura dell’80%, ovvero del 100% del valore dell’immobile ma solo se il cliente offre delle garanzie integrative. Deduce poi la natura vincolante delle norme in materia creditizia al fine di sottolineare la rilevanza degli scostamenti anzidetti, evidenziando che la giurisprudenza di questa Corte depone a favore di presunzioni anche unitarie. Afferma, infine, che il Collegio avrebbe frainteso l’affermazione dell’Ufficio ove si dava atto dell’inconfutabile esistenza di un mutuo concesso a due acquirenti, precisando che con quest’ultima affermazione l’Ufficio intendeva riferisti a due coniugi.

2.2. Circa la difformità tra i prezzi di vendita dichiarati e il valore risultante dall’OMI e dalla CCIAA di Cagliari, ricorda le discrepanze già evidenziate. Afferma poi come sia la normativa fiscale a richiedere l’utilizzo dei listini prezzi tenuti dalla Camera di Commercio, all’uopo invocando il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 14, e art. 9 TUIR, comma 3, come richiamati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, commi 2 e 3, secondo cui per il prezzo o corrispettivo mediamente praticato si deve far riferimento ai listini del soggetto che ha fornito i beni e, in mancanza, ai mercuriali della Camera di commercio.

2.3. In ordine alla illogica e contraddittoria valutazione dei valori risultanti dall’OMI e dalla Camera di Commercio di Cagliari, la difesa erariale stigmatizza il procedimento seguito dal CTU. Evidenzia che il CTU avrebbe utilizzato tanto i dati della CCIAA, quanto quelli dell’Agenzia del territorio, salvo poi discostarsene.

2.4. Infine, con riguardo alla esiguità dei ricavi, ribadisce la contestazione evidenziando i costi sopportati dalla società contribuente.

2.5. Sulla scorta di quanto sopra censura la sentenza impugnata perchè non avrebbe messo in dubbio il prezzo stimato dall’Ufficio, quanto la sua episodicità: in tal caso avrebbe dovuto dichiarare l’infedeltà della dichiarazione almeno in relazione a tale atto. La CTR avrebbe inoltre eluso la costante giurisprudenza di questa Corte in relazione alle presunzioni gravi, precise e concordanti, avrebbe poi considerato lo scostamento specificatamente contestato come irrilevante mentre esso era notevole ed avrebbe errato nel considerare l’importo di Euro 716.000,00 come valore di mercato mentre esso si riferiva senz’altro ai costi di costruzione. Conclude affermando che il CTU avrebbe errato perchè oggetto di causa non doveva essere il valore di mercato, quanto accertare se il valore indicato dall’Ufficio fosse quello effettivamente praticato dalla società ricorrente.

3. Con tempestivo controricorso i contribuenti eccepiscono in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per aver impropriamente svolto un vizio di motivazione, non più censurabile avanti a questa Corte. Eccepisce altresì l’inammissibilità del ricorso per essere il ricorso proteso ad ottenere una nuova valutazione delle risultanze istruttorie raccolte nel giudizio di merito. Infine denunzia l’inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito di autosufficienza in relazione alle contestazioni mosse alla CTU, non trascritta nell’atto dell’Avvocatura dello Stato, ultimando con la contestazione del motivo avversario.

4. In via condizionata rispetto all’eventuale accoglimento del ricorso principale i controricorrenti svolto anche un ricorso incidentale svolgendo due motivi:

4.1. con il primo censurano la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4), e art. 111 della Cost., nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno respinto i motivi di appello proposti dalla società in relazione alla mancata notifica del p.v.c. e al mancato rispetto del termine di 60 giorni previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4). In buona sostanza, rinnovano i motivi svolti e rigettati in appello censurando la sentenza perchè motivata con un mero rinvio per relationem alla sentenza di primo grado: difettando il percorso logico-giuridico, la decisione in parte qua è meramente apparente;

4.2. il secondo motivo è invece diretto a censurare l’illegittimità della sentenza per violazione del combinato disposto della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24, e della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Violazione dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In altri termini denunziano l’illegittimità della sentenza che ha ritenuto formalmente legittimo l’atto impositivo sebbene assunto in assenza della previa redazione del processo verbale di conciliazione, che invece avrebbe dovuto essere assunto a conclusione delle operazioni di controllo, e prima del decorso del termine minimo di 60, previsto a garanzia dei diritti del contribuente.

5. Occorre scrutinare in primo luogo il ricorso principale, prendendo le mosse dall’esame delle eccezioni svolte dai controricorrenti. In particolare, è necessario principiare dalla terza eccezione di inammissibilità svolta (difetto di completezza ed esaustività), perchè logicamente preliminare rispetto alle rimanenti due, che presuppongo che il motivo sia completo ed esaustivo.

Si deve osservare che gli argomenti opposti dall’Ufficio sono mere difese non abbisognevoli di contestazioni in fase di merito: essi toccano infatti la struttura logica della prova per presunzioni (cfr. Cass. V, n. 19485/17). Altresì, tali argomenti censurano – a pag. 17 – la CTU con riferimento ad un rilievo specifico che, contenuto a pag. 15/16 della relazione peritale non appare confutato in controricorso.

Entrando la CTU a far parte della motivazione della sentenza, centrate risultano – in parametro al motivo prospettato – le affermazioni erariali circa la diversità di semestre di riferimento, dell’area centrale/periferica di valutazione.

Il motivo è pertanto ammissibile e fondato.

6. Con riguardo al ricorso incidentale, il primo motivo risulta fondato, ove la sentenza d’appello ha fatto mero rinvio alla motivazione della pronuncia di primo grado.

Ed infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem ” è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n. 14815/2008).

Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purchè resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI – 5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI – 5, n. 22022/2017).

7. Il secondo motivo del ricorso incidentale, relativo al rispetto del termine a difesa fra p.v.c. e notifica dell’atto impositivo, nonchè alla stessa (rituale) formazione del p.v.c., resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo attinente alla congruità della motivazione nella sua interezza.

In conclusione il ricorso principale va accolto, previa declaratoria di cessata materia del contendere nei confronti dei contribuenti che hanno aderito alla definizione agevolata D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, mentre il ricorso incidentale va accolto parimenti per le ragioni attinte dal primo motivo.

PQM

La Corte dichiara la cessazione della materia del contendere nei confronti della società EdilCostruzioni di M.M. e F.lli s.n.c. nonchè dei soci Ma.Al. e M.A., accoglie il ricorso principale in relazione al solo sig. M.G., accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR per la Sardegna, in diversa composizione.

Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate, a mente del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, mentre è demandata alla CTR altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità riguardo al (Ndr testo originale non comprensibile) rapporto processuale.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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