Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18999 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18999 Anno 2018
Presidente: STALLA GIACOMO MARIA
Relatore: BALSAMO MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 24986-2011 proposto da:
ITEL SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
D’AYALA VALVA, che lo rappresenta e difende unitamente
agli avvocati ALESSANDRO TURCHI, MASSIMO TURCHI;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE DELLA
2018
2298

SICILIA in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso

la

sentenza

n.

255/2010

della

Data pubblicazione: 17/07/2018

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di CATANIA,

depositata il

27/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/06/2018 dal Consigliere Dott. MILENA

BALSAMO.

RITENUTO IN FATTO
1. Con separati avvisi di accertamento relativi a Irpeg ed Ilor degli anni di
imposta 1990-1993, l’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione
l’ammortamento dell’avviamento iscritto in bilancio a seguito del disavanzo
risultante dalla fusione per incorporazione della società Set spa.
La società Itel spa impugnava gli avvisi dinanzi alla CTP di Catania che

relativo all’avviso dell’anno di imposta 1991, la cui legittimità veniva
confermata prima dai giudici regionali e poi dalla Corte di cassazione (sentenza
n. 4312 del 2005).
Successivamente, in data 18.04.2005, al passaggio in giudicato delle relative
sentenze, la società Itel presentava istanza di annullamento in autotutela dei
predetti avvisi, deducendo in proposito l’illegittimità della pretesa tributaria.
L’Ufficio unico delle Entrate respingeva l’istanza e l’ente ricorrente si rivolgeva
alla Commissione Tributaria

Provinciale di Catania, che dichiarava

inammissibile il ricorso con sentenza impugnata dalla società.
La C.T.R. di Palermo rigettava l’appello sul presupposto che l’atto
amministrativo era divenuto intangibile in presenza di un giudicato favorevole
all’amministrazione.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe l’ente contribuente propone ricorso per
la cassazione, su due motivi.
La contribuente resiste con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memorie difensive.

CONSIDERATO CHE:
2.Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art. 2 quater d.l. 30.09.1994 e del d.m. 19697/37, nonché dell’art. 10
Statuto del contribuente ex art. 360 n. c.p.c., censurando la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto la legittimità del diniego di autotutela
dell’ente finanziario, in presenza di giudicato favorevole all’ente medesimo
(sentenza di questa Corte n. 4312 del 2005).
i

accoglieva i ricorsi con sentenze confermate in appello, ad eccezione di quello

3. Con il secondo motivo denuncia omessa o insufficiente motivazione su
fatti controversi e decisivi per il giudizio, avendo i giudici regionali trascurato di
valutare la novità dei fatti rappresentati, costituiti dall’acquisizione onerosa
dell’avviamento e dalla intangibilità della relativa appostazione in bilancio al
31.12.1989.
4. Il primo e il secondo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente

La

ratio decidendi

della sentenza impugnata consiste nel ritenere

inammissibile un’istanza di autotutela relativa ad un rapporto tributario ormai
definitivo, come chiaramente emerge dall’affermazione del giudice a quo
secondo la quale la legittimità del diniego discende da un precedente giudicato
favorevole all’ufficio. Ne consegue che i motivi sopra enunciati si rivelano
chiaramente non fondati, poiché il giudice, nella sentenza impugnata, basata
sull’anzidetta ratio decidendi, da un lato ha evidentemente ritenuto assorbita
ogni questione in ordine alla legittimità del diniego di autotutela, e, dall’altro,
ha esaurientemente esposto le ragioni della decisione.
In ogni caso, le Sezioni unite di questa Corte hanno più volte affermato il
principio secondo il quale avverso l’atto con il quale l’Amministrazione
manifesta il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto
definitivo non è esperibile una autonoma tutela giurisdizionale, sia per la
discrezionalità propria, in questo caso, dell’attività di autotutela, quanto per
l’inammissibilità di un nuovo sindacato giurisdizionale sull’atto di accertamento
munito del carattere di definitività, atteso che diversamente opinando, si
darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un
atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. un., nn. 2870 e 3698 del 2009;
Cass., Sez. un., n. 16097 del 2009).
Dunque, l’istanza di autotutela del contribuente non determina per
l’Amministrazione alcun obbligo giuridico di provvedere e, tanto meno, di agire
nel senso prospettato dal contribuente stesso.
Contro il rifiuto espresso di autotutela potrà comunque esercitarsi solo un
sindacato sulla legittimità del rifiuto stesso e non anche sulla fondatezza della
pretesa tributaria, ciò che comporterebbe un’indebita sostituzione del giudice
2

per intima connessione, sono infondati.

nell’attività amministrativa propria dell’Amministrazione finanziaria e, nel caso
in esame, anche una illegittima ablazione del giudicato che ha riguardato la
legittimità del medesimo atto impositivo( Cass. n. 11457/2010; Cass. n.
10020/2012; Cass. nn. 25563, 15194 e 255524/2014).
Questa Corte ha affermato, in particolare, che il contribuente che richiede
all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di

dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa,
ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale
dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto

giacchè fuori dalla ridetta

situazione, l’atto con il quale l’amministrazione finanziaria manifesta il rifiuto di
ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo – stante la relativa
discrezionalità – non è suscettibile di essere impugnato innanzi alle
commissioni tributarie (v. sez. un. n. 3698/2009)”.
In particolare, questa corte ha chiarito che “il sindacato giurisdizionale
sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in
autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto
dell’Amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale
che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa
tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice
nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di
un atto impositivo ormai definitivo” ( Cass. n. 7616/2018;n. 1965/2018; n.
20314/2017).
Nella fattispecie, la ricorrente non ha addotto alcun interesse pubblico
all’annullamento, il quale non può farsi consistere, come ora pretende il
ricorrente, nel fatto che il ricorso originario fosse fondato sulla prospettazione
di due profili di illegittimità non vagliati dalla Corte; laddove, a fronte della
definitività dell’atto, occorre far valere l’esistenza di un interesse di rilevanza
generale dell’amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto stesso.
Concludendo, essendo l’attività di autotutela contrassegnata da ampia
discrezionalità non surrogabile in via giudiziaria, contro il diniego di procedere
all’esercizio del potere non può essere proposta impugnazione in sede
3

accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi

giurisdizionale

(cfr Cassazione, sezioni unite, 3698/2009), salvo che per

dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto in sé, e in rapporto alla sua
specifica funzione, al di là della contestazione della pretesa tributaria originaria

(cfr Cassazione 11457/2010).
5.Nello specifico, il giudice del merito ha fatto corretta applicazione
dell’anzidetto principio, escludendo la possibilità di dare ingresso ad una

l’intervenuto giudicato proprio sull’onerosità dell’avviamento che il contribuente
vorrebbe rimettere in discussione nonostante la decisione di questa Corte sul
punto ( Cass., Sez. un., nn. 2870 e 3698 del 2009; Cass., Sez. un., n. 16097
del 2009; Cass. n. 11457 del 2010; Cass. n.. 15220 del 2012).
Peraltro, attraverso l’impugnazione del diniego di autotutela, la ricorrente
ha introdotto un tema – l’intangibilità del bilancio al 31.12.1989 – che non
determina in via automatica nè l’inesistenza dell’atto né l’obbligo dell’ente di
ritirarlo: per le ipotesi di nullità dell’atto tributario, di qualsiasi natura esse
siano, opera difatti il principio generale di conversione in mezzi di gravame.
Ed in ogni caso, come già illustrato, non è la sussistenza del vizio che
obbliga l’amministrazione finanziaria ad annullare l’atto in via di autotutela, ma
solo la necessità di difendere un interesse generale dell’amministrazione.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese del giudizio di legittimità gravano, per il principio della
soccombenza, sul ricorrente.
P.Q.M.
La Corte
– rigetta il ricorso;
– condanna la ricorrente alla refusione delle spese sostenute dall’Agenzia
che liquida in euro 11.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
22.06.2018

controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo, atteso

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