Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18997 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2019, (ud. 06/06/2019, dep. 16/07/2019), n.18997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14891-2017 proposto da:

COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in

ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato GENNARO DI MAGGIO giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

R.F.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI

VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI,

che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10788/2016 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 02/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Alberto Cardino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La C.T.R. di NAPOLI con sentenza 10788/15/16 rigettava l’appello proposto dal Comune di Ischia avverso la sentenza della CTP di NAPOLI

27204/35/2015, emessa nei confronti di R.F.S.. Il ricorrente aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento relativo all’ICI per l’anno 2009, con riferimento agli immobili posseduti dallo stesso ricorrente nel Comune di Ischia, eccependo sotto vari profili la nullità degli atti impugnati, in particolare, per duplicazione di imposta e per difetto di motivazione dell’avviso opposto; eccepiva altresì, nel merito, l’infondatezza della pretesa impositiva essendo la rendita catastale impugnata dall’istante presso la CTP di Napoli, nonchè l’infondatezza delle sanzioni. Nel corso del giudizio di primo grado, il Comune di Ischia, costituitosi, ritenute parzialmente valide le eccezioni del ricorrente provvedeva ad emettere provvedimento di rettifica dell’avviso impugnato e, nel restante, evidenziava la correttezza del proprio operato come da documentazione in atti depositata. Si costituiva il R. che, reiterando le eccezioni mosse, produceva sentenze emessa dalla CTP a lui favorevoli, con cui erano stati annullati gli accertamenti relativi ai medesimi anni di imposta dal 2003 al 2007.

La CTP ritenuta l’esistenza di vizi insanabili, tali da rendere illegittimo l’operato dell’Ufficio impositore, accoglieva il ricorso. Con atto di appello il Comune di Ischia deduceva che la CTP aveva erroneamente valutato la documentazione prodotta, dalla quale emergeva con chiarezza la presenza di un residuo di imposta non versato per l’ICI relativo all’anno 2009. Faceva, inoltre, presente che secondo quanto statuito dalla giurisprudenza, aveva statuito che il provvedimento di modifica della rendita catastale emesso dopo il 1.1.2000, a seguito di denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, era in concreto utilizzabile ai sensi della L. n. 342 del 2000, art. 74, una volta notificato, anche per i periodi di imposta anteriori alla data della loro notificazione non potendosi confondere l’efficacia della modifica con della rendita catastale con la sua applicabilità, che andava invece riferita all’epoca della variazione materiale che aveva portato alla modifica dell’immobile.

La CTR di Napoli respingeva l’appello evidenziando come oggetto del presente giudizio fosse l’originario avviso di accertamento, notificato l’8.5.2014, e non già il provvedimento di rettifica dello stesso emesso il 16.10.2014, detto provvedimento non poteva far ritenere parzialmente cessata la materia del contendere, fondata su altri presupposti, ossia sulla sopravvenuta carenza di interesse delle parti e sul reciproco riconoscimento dell’intervenuto mutamento della situazione con sottoposizione al giudice di conclusioni conformi. Ritenuta, altresì, inconferente l’affermazione del Comune circa la legittimità della rendita secondo la procedura DOCFA respingeva l’appello compensando le spese.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso innanzi a questa Corte il Comune di Ischia eccependo:

1- nullità – violazione di norme di legge – violazione e falsa applicazione degli artt. 110,112,323 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2- nullità – errata interpretazione di norme di legge – violazione e falsa applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2,comma 41, e art. 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’intimato R. si costituiva eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del proposto ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente censurava la sentenza in ordine alla presunta irrilevanza della intervenuta rettifica dell’atto di accertamento in quanto tale rettifica non avrebbe inciso sulla legittimità dell’atto di accertamento, in ragione delle originarie censure del contribuente. Nè poteva ipotizzarsi una cessata materia del contendere in quanto non vi era prova in atti della manifestazione reciproca di tale volontà ed, in particolare, tale volontà non vi era stata da parte del contribuente, che aveva insistito per l’illegittimità dell’accertamento.

Orbene, tali conclusioni erano errate. Infatti, l’esercizio del potere di autotutela non presupponeva necessariamente la sostituzione dell’atto controverso ovvero il suo annullamento, potendo verificarsi l’ipotesi in cui tale atto fosse modificato, ridotto o integrato, in base ad elementi sopravvenuti. In tal caso l’atto originario non veniva meno ma permaneva in vita in ragione delle imposte residue ivi indicate, senza che il provvedimento di autotutela adottato potesse acquisire forza di provvedimento autonomo in mancanza di espressa previsione. Nelle ipotesi di sgravio parziale, non era indispensabile l’emissione di un nuovo ruolo con importo rettificato, a differenza del caso in cui vi fosse stato annullamento del debito tributario, che comportava la necessità di un nuovo ruolo.

Il motivo è fondato. Come osservato da questa Corte “in materia tributaria, il potere della pubblica amministrazione di provvedere in via di autotutela all'”annullamento d’ufficio” o alla “revoca”, anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità degli atti illegittimi od infondati, è espressamente riconosciuto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quater, comma 1, convertito, con modifiche, in L. 30 novembre 1994, n. 656 (cfr. Cass. n. 22827/2013) e dal D.M. n. 37 del 1997. 1.3. Il ritiro di un precedente atto può avvenire in due diverse forme, quella del “controatto” (l’atto di secondo grado che assume l’identica struttura di quello precedente, salvo che per il suo dispositivo di segno contrario con cui si dispone l’annullamento, la revoca o l’abrogazione dei primo) o quella della “riforma” (atto di secondo grado che non nega il contenuto di quello precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso); entrambi sono caratterizzati dal fatto che l’oggetto del rapporto giuridico controverso resta identico. 1.4. Accanto a tale tipizzato “rimedio demolitorio”, la giurisprudenza di questa Corte ha, peraltro, riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della Pubblica amministrazione in materia tributaria anche all’ipotesi di intervento “sostitutivo”, laddove, in particolare, viene esplicitamente distinto l’esercizio dei potere di rinnovo da quello di integrazione dell’atto impositivo. 1.5. Come ribadito da questa Corte (cfr. Cass. nn. 3248/2016; 4029/2015), in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro, precedentemente annullato, non si risolve in una mera integrazione di quest’ultimo, ma costituisce esercizio dell’ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l’emanazione dell’atto annullato, nonchè del generale potere di autotutela, in ordine alla quale, peraltro, l’Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità (diversamente da quanto accade ordinariamente), trattandosi di integrare le parti che hanno dato luogo all’invalidità dell’atto precedente. 1.6. La sua emissione, pertanto, non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 3, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’Ufficio. 1.7. L’atto integrativo/sostitutivo è, dunque, in genere, un nuovo atto sul medesimo rapporto su cui è intervenuto quello precedente, perchè in relazione ad un nuovo oggetto, non assunto a proprio elemento dai primo, dispone un nuovo contenuto (cfr. Cass. n. 937/2009). 1.8. L’esercizio del potere di autotutela, pertanto, può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico del precedente atto o alla sua eliminazione e alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato; tuttavia, mentre l’integrazione o la modificazione in aumento dell’accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento, specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario – il quale si aggiunge a quello originario, ovvero lo sostituisce -, l’integrazione o la modificazione in diminuzione, non integrando una “nuova” pretesa tributaria, ma soltanto una pretesa “minore”, non necessita neppure di una forma o di una motivazione particolari (cfr. Cass. n. 22240/2015; 22019/2014; 12814/2000).”

Nel caso esaminato, trattandosi della riduzione della pretesa impositiva, senza effetto innovativo-sostitutivo ed esercizio di una nuova pretesa fiscale, non può condividersi l’interpretazione della CTR potendo estendersi la sua cognizione, senza alcuna violazione del contraddittorio processuale, anche sulla pretesa come modificata in rettifica.

Con il secondo motivo, il ricorrente Comune di Ischia evidenziava come nella sentenza impugnata fosse stata ritenuta inconferente, ove non ammissibile, la censura operata relativamente alla legittimità dell’attribuzione della rendita secondo la procedura DOCFA. Il motivo è inammissibile dovendo la relativa valutazione del profilo essere rimessa al giudice di merito.

Per i su esposti motivi, la sentenza va, pertanto, cassata e rinviata alla CTR Campania in diversa composizione anche per le spese.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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