Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18996 del 14/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/09/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 14/09/2020), n.18996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13566-2018 proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

presso l’AREA LEGALE TERRITORIALE dell’Istituto medesimo,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANNA MARIA ROSARIA URSINO,

STEFANO LEDDA;

– ricorrente –

contro

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA

14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO SABATINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI ANZIVINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 920/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 16/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di L’Aquila con la sentenza n. 920/2017 aveva rigettato l’appello proposto da Poste Italiane spa avverso la decisione con la quale il tribunale di Pescara aveva accertato l’indebita percezione di una somma da parte di D.S. ed aveva ritenuto che la restituzione alla società Poste, sua datrice di lavoro, dovesse avere ad oggetto solo la somma effettivamente percepita dal lavoratore con esclusione di ripetizione delle somme al lordo di ritenute fiscali, in quanto mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.

Avverso detta decisione la società Poste Italiane spa proponeva ricorso affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso D.S..

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, artt. 12 e 14 preleggi, dell’art. 2033 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 64, dell’art. 2041 c.c. per aver erroneamente, la corte territoriale, ritenuto che la restituzione della somma dovesse avvenire al netto delle ritenute fiscali, in violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 dispositivo della possibilità di richiedere la restituzione solo da parte del soggetto che aveva in origine versato le somme all’Ufficio finanziario in ipotesi prestabilite non presenti nel caso di specie.

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1979, art. 38, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, art. 53 Cost., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, art. 112 c.p.c., art. 11 Cost.; nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per omessa pronuncia su un motivo di gravame relativo al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. d) bis. Parte ricorrente rileva la errata interpretazione dell’art. 38 richiamato quanto al meccanismo della deduzione previsto dalla norma e non applicato e rileva altresì la mancata applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. d) bis quanto alla possibilità per il dipendente di poter operare una deduzione dal proprio imponibile fiscale corrispondente all’imposta versata, in riduzione delle imposte che lo stesso è tenuto a versare.

3) Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1979, art. 38, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 per aver erroneamente ritenuto, la corte territoriale, che comunque la società Poste avrebbe potuto ricorrere a quanto previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2 e quindi presentare la domanda di restituzione delle somme versate.

I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè attinenti alla medesima questione relativa alla possibilità di recuperare le somme erogate al lavoratore al lordo ovvero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali.

Questa Corte ha chiarito anche recentemente che “In caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno con effetto “ex tunc” dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto ricade nel raggio di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo” (Cass., n. 19735/18; conf. Cass. n. 13530/2019). Il principio enunciato, a cui si intende dare continuità, sottolinea la possibilità di chiedere in restituzione solo le somme effettivamente percepite dal lavoratore con esclusione, quindi, di quanto imputato a ritenute fiscali.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo, con distrazione in favore del procuratore anticipatario.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 1.700,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2020

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