Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18994 del 01/09/2010

Cassazione civile sez. II, 01/09/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 01/09/2010), n.18994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA DANTE 12, presso lo studio dell’avvocato TRANI

ALESSANDRO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GATTI LUCIANO;

– ricorrente –

contro

A.M.T. CF (OMISSIS) anche n.q. di eredi di

A.A.S. (deceduta), A.A.S.

CF (OMISSIS), elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA DEI

CARRACCI 1, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRI ALESSANDRO,

rappresentate e difese dall’avvocato MACRI’ MARIACRISTINA con procura

speciale notarile rep. n. 62066 del 25.5.2010;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2952/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato TRANI ALESSANDRO che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’inammissibilita’

del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 9 e 13 febbraio 1998 P. A. conveniva davanti al Tribunale di Vigevano A.M. T. e A.A.S., e premesso di essere proprietaria per meta’ di immobili pervenuti alle attrici per successione del proprio marito S.I., e che le convenute erano sempre rimaste nel godimento esclusivo di tali immobili, chiedeva, per quello che interessa ancora in questa sede, la condanna delle stesse al rendiconto.

Le convenute presentavano tale rendiconto, sulla base del quale il Tribunale di Vigevano, con sentenza in data 7 febbraio 2002 condannava l’attrice al pagamento in favore delle convenute della somma di L. 79.940.490 pari ad Euro 40.769,36.

P.A. proponeva appello, dolendosi del fatto che non fosse stata accolta la domanda di risarcimento per mala gestio delle convenute.

Con sentenza in data 16 novembre 2004 la Corte di appello di Milano rigettava l’impugnazione in base alla seguente motivazione: Invero e’ pacifico che l’appellante non ha contestato la regolarita’ formale del conteggio, le singole poste, la documentazione giustificativa, la regolarita’ formale del risultato, ma ha solo impugnato il rendiconto perche’ le appellate avrebbero mal gestito il compendio immobiliare indiviso e in specie, per non avere usato nell’amministrazione degli stessi beni la diligenza del buon padre di famiglia e quindi, per non avere osservato i doveri imposti dagli artt. 2030 e 1710 c.c..

All’uopo si osserva che, rettamente, in “prime cure” l’impugnazione del rendiconto e’ stata dichiarata infondata sia perche’ non volta a contestare la situazione contabile risultante dal documento, sia perche’ l’asserita “mala gestio” si fonda su fatti diversi e nuovi e comunque, non provati, che importano una trasformazione obiettiva della domanda originaria, a fini chiaramente risacitori, giustamente ritenuta dal primo Giudice del tutto intempestiva sotto il profilo processuale.

E’ appena il caso di dire che, in relazione alla normativa richiamata dall’appellante il gestore risponde dell’attivita’ svolta nell’espletamento dell’incarico una volta accertata la sua colpa in ordine all’inadempimento.

Ora, e’ pacifico che l’appellante non ha mai svolto alcuna richiesta, non ha formulato alcuna iniziativa, non si e’ opposta all’attivita’ di gestione delle appellate, seppur a conoscenza dello stato dei beni immobili e della situazione funzionale ed economica degli stessi beni (ha proposto l’istanza di sequestro conservativo per sostituirli alle appellate ma non per contestarne la gestione), ed anzi, con le raccomandate 13.1.1994 del difensore, l’appellante ha formalmente diffidato le appellate dal modificare la gestione degli immobili e in specie, dal prendere iniziative unilaterali sulla gestione come concedere in locazione gli immobili indivisi, stante l’approssimarsi della definizione del rapporto. Di tal che e’ contraddittoria ed inconsistenze la doglianza sul mancato profitto per non avere locato gli immobili ad equo canone, che, peraltro, avrebbe comportato l’insorgere di contratti quadriennali, con pregiudizio del diritto dell’appellante e concretizzato un comportamento arbitrario e colpevole delle appellante.

Pertanto, in mancanza di contestazione tecnico – contabile del rendiconto presentato dalle appellate, va confermata integralmente la decisione impugnata.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, P.A..

Resiste con controricorso A.M.T., anche nella qualita’ di erede di A.A.S..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce, innanzitutto, che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, gia’ con l’atto di citazione aveva proposto la domanda che, invece, e’ stata ritenuta nuova, come risulterebbe dalla trascrizione delle conclusioni: Ordinare la presentazione del rendiconto della gestione immobiliare dalla data … alla data del deposito del conto stesso.

Condannare in relazione alle emergenze di causa, le convenute in via tra di loro solidale, al pagamento di’ quanto risultera’ a loro debito, in base al rendiconto approvato o reso esecutivo.

La doglianza e’ infondati, in quanto come correttamente ritenuto dai giudici di merito, manca in tale domanda ogni riferimento ad un risarcimento per mala gestio, essendo stata chiesta la sola condanna delle convenute al pagamento di quanto spettante alla attrice sulla base della gestione in concreto operata e non come avrebbe dovuto avere luogo.

Ad abundantiam si osserva che comunque la ricorrente non censura espressamente la affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale la domanda in questione era infondata, in quanto basata su fatti non provati.

La ricorrente sostiene, poi, che comunque non aveva mai approvato il rendiconto, anzi lo aveva contestato.

Anche tale doglianza e’ infondata, in quanto la contestazione viene individuata nella mala gestio che e’, invece, estranea al problema, mentre, come dedotto nella sentenza impugnata, avrebbe dovuto investire la regolarita’ formale del conteggio, le singole poste, la documentazione giustificativa, la regolarita’ formale del risultato.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, in teoria, era del tutto irrilevante il fatto che non si fosse espressamente opposta alla gestione da parte delle convenute, che non aveva assunto alcuna iniziativa, che non aveva formulato alcuna richiesta.

In base ai principi in tema di’ mandato, infatti, spettava alle convenute tenerla informata della gestione.

Ad ogni modo aveva espressamente manifestato la volonta’ di essere tenuta informata.

Anche tale motivo e’ infondato.

Pur volendo ammettere, in linea teorica, la inesattezza di alcune affermazioni contenute nella sentenza impugnata, rimane il fatto che le stesse si riferiscono alla (asserita) fondatezza della domanda di mala gestio,la quale e’ stata dichiarata inammissibile e solo ad abundantiam infondata.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2010

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