Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18991 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 16/07/2019), n.18991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7213-2015 proposto da:

D.I.I., F.E., F.I.,

elettivamente domiciliati in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,

presso lo STUDIO GREZ E ASSOCIATI, rappresentati e difesi

dall’avvocato PAOLO BASSANO giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CASTAGNETO CARDUCCI, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAVOIA 72, presso lo STUDIO

CASO CIAGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato RENZO GRASSI

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1564/2014 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LIVORNO, depositata il 22/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CASO per delega

dell’Avvocato GRASSI che si riporta agli atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.I.I., e le figlie F.I. ed F.E., ricorrono per cassazione, sulla base di tre motivi illustrati con memoria, cui replica con controricorso e memoria l’intimato Comune di Castagneto Carducci, avverso la sentenza della CTR della Toscana, n. 1564/14/14, depositata il 22/8/2014, che, in controversia relativa ad impugnazione degli avvisi di accertamento per la liquidazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), relativamente agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008, ritenendo infondato il gravame delle contribuenti, ne aveva rigettato l’appello, confermando così la decisione di primo grado che seppure nei limiti delle conclusioni della disposta consulenza tecnica d’ufficio, aveva rideterminato i valori imponibili dell’area di proprietà delle contribuenti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo le ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, giacchè la CTR non ha dato il dovuto rilievo al fatto che gli avvisi impugnati erano del tutto immotivati, stante il generico richiamo ai valori di stima determinati dall’Agenzia del Territorio di (OMISSIS), avendo ritenuto invece sufficiente il recepimento di essi in una delibera di giunta pubblicata all’Albo Pretorio.

Con il secondo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nullità della sentenza per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quanto alla mancata allegazione della perizia tecnico-estimativa dell’Agenzia del Territorio e della Delib. n. 208 del 2005, della Giunta Comunale che l’aveva recepita.

Le censure, esaminabili congiuntamente, involgono la questione della legittimità della motivazione degli avvisi di accertamento, il cui contenuto è stato riprodotto nel corpo del ricorso per cassazione, in quanto i suddetti atti impositivi richiamano la “Delib. di G.M. n. 208 del 2005, per l’individuazione ai fini ICI dei valori venali delle aree edificabili con recepimento dei valori di stima determinati dall’Agenzia del Territorio di (OMISSIS)”, valori non corrispondenti a quelli indicati nelle dichiarazioni, e le contribuenti si dolgono della mancata materiale allegazione di tale atto amministrativo, indipendentemente dalla sua legale conoscibilità.

Le censure sono infondate e, sul punto, va ribadito quanto da questa Corte affermato e dunque che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione.” (Cass. n. 13105/2012; n. 22254/2016).

Con il terzo motivo le ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nullità della sentenza per omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quanto agli errori estimativi e metodologici commessi nella c.t.u. dell’esperto nominato dal giudice tributario, giacchè la CTR non ha tenuto conto delle argomentazioni critiche svolte dagli appellanti in ordine alla relazione del Geom. V., il quale non aveva adeguatamente valorizzato tra i costi di realizzazione dell’intervento edilizio sull’area edificabile, quelli delle opere richieste dal Comune di Castagneto Carducci e dall’ASA, società ex municipalizzata che gestisce le risorse idriche, per la realizzazione di un pozzo e di qualche chilometro di acquedotto.

La censura è inammissibile prime che infondata in quanto questa Corte ha reiteratamente affermato il principio secondo cui “Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5.” (Cass. n. 282/2009; n. 14471/2014; n. 1815/2015). La sentenza di appello, dopo aver evidenziato che le parti hanno “rinunciato a depositare perizie a sostegno delle proprie tesi” e che i valori dell’area stimati dal consulente tecnico d’ufficio, sono risultati “assai più prossimi a quanto dichiarato e sostenuto dalle contribuenti che a quanto preteso dal Comune”, ha osservato che la decisione è frutto di “una disamina complessiva e del ricorso alle varie metodologie più utili in astratto ed in concreto, ovvero tenendo conto di tutti i possibili fattori atti a condizionare l’ammontare effettivo” tra i quali rientrano i costi delle opere di urbanizzazione, tanto in applicazione dei vincolanti parametri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, che devono essere rispettati nella determinazione di questi valori.

IL D.Lgs. citato, art. 5, comma 5, infatti, recita che “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.”.

E, in tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, per l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici, tenuto altresì conto che il detto D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, prevedendo che un terreno sia considerato edificatorio anche ove esistano possibilità effettive di costruzione, delinea, ai fini fiscali, una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria (tra le tante, Cass. n. 4952/2018).

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore dell’intimato Comune, come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento in solido delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento a carico della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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