Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18990 del 01/09/2010

Cassazione civile sez. II, 01/09/2010, (ud. 06/05/2010, dep. 01/09/2010), n.18990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6787/2005 proposto da:

PUBLIZETA SRL P.IVA (OMISSIS) in persona dell’Amministratore pro

tempore D.M.G.U., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GORIZIA 14, presso lo STUDIO SINAGRA SABATINI SANCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SABATINI Franco;

– ricorrente –

e contro

TVQ TELEVISIONE QUALITA’ SRL P.IVA (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 9719/2005 proposto da:

TVQ TELEVISIONE QUALITA’ SRL P.IVA (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore M.V., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio

dell’avvocato RIZZACASA GIUSEPPE, rappresentato e difeso dagli

avvocati DI BARTOLOMEO GIOVANNI, DI BIASE GIOVANNI;

– controricorrente ricorrente incidentale –

e contro

PUBLIZETA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 989/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

06/05/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato TROILO Gregorio con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SABATINI Franco, difensore del ricorrente che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per rigetto ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Publizeta srl, fermandosi agente di TVQ srl per gli anni dal 1981 al 1995, chiedeva il pagamento dell’indennità suppletiva di clientela.

Il decreto ingiuntivo – a tal fine ottenuto nel settembre 1997 – è stato revocato dal tribunale di Pescara il 1 giugno 2001. La Corte d’appello di L’Aquila nel 2004 ha confermato tale sentenza. Ha ritenuto che l’emolumento controverso, in quanto previsto esclusivamente dalla contrattazione collettiva, la cui applicabilità è questione rilevabile d’ufficio, sottratta all’onere di tempestiva eccezione, non poteva essere riconosciuto, perchè la società istante non aveva offerto la prova della iscrizione delle parti alle associazioni sindacali stipulanti. Publizeta ha proposto ricorso per cassazione notificato il 12 marzo 2005 e ha illustrato con memoria i quattro motivi. TVQ ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, riuniti ex art. 335 c.p.c., i ricorsi, va rilevato che correttamente l’avviso di udienza è stato comunicato al difensore della parte controricorrente mediante notifica all’avv. Di Bartolomeo presso la cancelleria della Suprema Corte, essendo risultato, dalla precedente relata di notifica, il decesso dell’avvocato domiciliatario.

1) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Con esso si deduce che nel quarto motivo di appello la ricorrente aveva dedotto che il comportamento processuale della mandante aveva determinato una relevatio ab onere probandi, perchè essa aveva invocato il contratto collettivo e la TVQ non aveva tempestivamente eccepito di non essere tenuta al rispetto di tale contratto, che quindi era divenuto vincolante per mancata contestazione. Inoltre la mancata contestazione risulterebbe anche dal fatto che su quel contratto la parte aveva fondato le sue difese, perchè nella citazione in opposizione aveva dedotto che l’indennità di clientela non era dovuta in quanto i contratti de quibus erano tutti a tempo determinato. Secondo la ricorrente, controparte non aveva con ciò negato l’applicazione del contratto collettivo, ma solo la tipologia di contratto, perchè la contrattazione collettiva esclude l’indennità in questione per i contratti a tempo determinato. Pertanto Publizeta sostiene che la questione da decidere era se vi fosse stata non contestazione e non se in sede di appello il datore di lavoro possa contestare l’efficacia delle regole pattizie.

2) La censura è infondata. La Corte territoriale (cfr. sentenza pag.

11) ha affermato che l’applicabilità della disciplina collettiva era stata doveroso oggetto di verifica officiosa da parte del tribunale, che poteva prescindere dalla tempestività dell’eccezione di parte sul punto. Proseguendo nella motivazione, la Corte ha affrontato il tema della non contestazione e ha ritenuto che il comportamento processuale di TVQ, consistito nell’omettere la proposizione della relativa eccezione, “ovvero nella predisposizione di difese non incompatibili con la tesi della applicabilità della disciplina collettiva” non valeva a “comprovare” L’adesione alle regole pattizie degli accordi collettivi. A parere della Corto aquilana tale prova non poteva derivare dalla non contestazione invocata dall’odierna ricorrente costituita, perchè si potrebbe ravvisare “nei denunciati contegni” non un comportamento processuale avente il valore di ammissione, ma “la legittima utilizzazione di una consentita strategia difensiva”. Emerge da ciò l’insussistenza dell’omissione di pronuncia che è denunciata con il motivo. La sentenza impugnata ha pronunciato sul punto con motivazione esauriente. Essa vale infatti a rispondere in radice alla questione posta, e che in memoria (pag. 4) Publizeta ripropone: invano la ricorrente chiede che sia stabilito se l’agente è “liberato o meno di provare i fatti determinativi dell’efficacia dell’AEC”… allorquando il mandante non “abbia contestata tale soggettiva efficacia” durante il corso del giudizio. Il presupposto di fatto di questa tesi risulta inficiato, poichè la Corte territoriale ha escluso che si fosse in presenza del fenomeno processuale della “non contestazione” sul punto controverso;

era questa la affermazione eventualmente da censurare e che non è toccata dalla censura esaminata.

3) Il secondo motivo lamenta nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 c.p.c. – in relazione all’art. 2697 c.c. (art. 360, nn. 3 e 4) – e omessa, insufficiente motivazione. La censura è qui rivolta alla valutazione data dalla Corte territoriale in ordine alla pretesa non contestazione. Citando due sole righe delle difese svolte da controparte, laddove nella citazione introduttiva TVQ aveva affermato che l’indennità non era dovuta perchè i contratti cui si riferiva controparte “erano tutti a tempo determinato”, Publizeta sostiene che tale linea difensiva era articolata su un argomento logicamente incompatibile con la mancanza di vincolatività dell’AEC. Avrebbe pertanto errato la sentenza nel ritenere la non incompatibilità “con la tesi della applicabilità della disciplina collettiva. Anche questa censura non può essere accolta. Essa è stata svolta sia errando nell’attribuire a TVQ (pag.

14 del ricorso) frasi che provenivano dalla stessa Publizeta (lo ammette la memoria di quest’ultima a pag. 6), sia gravemente venendo meno all’onere di autosufficienza del ricorso. Per inficiare la sentenza non è stato infatti ricostruito ed evidenziato il percorso argomentativo della linea difensiva di controparte, onde dimostrare che vi era stata ammissione (non contestazione) della circostanza voluta da Publizeta. Questa ricostruzione è stata svolta soltanto nello scritto difensivo finale, ma il contenuto di esso non può sopperire alle carenze del ricorso, poichè la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ., ha la sola funzione di illustrare i motivi del ricorso, e non è pertanto idonea a far venire meno una causa di inammissibilità’ dei motivi stessi (Cass 7260/05;

13483/00). L’esame della sentenza e in particolare la sintesi dello svolgimento processo, rinvenibile a pag. 3, evidenzia che la linea difensiva di TVQ era ben più complessa, perchè chiedeva l’annullamento dei contratti; contestava la qualificazione giuridica di rapporto d’agenzia attribuita dal ricorrente, assumendo che si trattava di contratto d’opera; subordinatamente rilevava la nullità dei contratti, ove qualificati di agenzia, per mancata iscrizione della società all’albo degli agenti; solo da ultimo ipotizzava che in ulteriore subordine si potesse trattare di contratto a tempo indeterminato. E’ dunque evidente che la stessa tessitura difensiva residuale di detta tesi esclude che da essa potesse desumersi la portata decisiva che parte ricorrente vuoi desumerne. In ogni caso, come detto, solo un’attenta formulazione del ricorso, che doveva ripercorrere puntualmente ogni passaggio difensivo della difesa adottata durante tutto il corso del giudizio, avrebbe potuto dimostrare l’illogicità e l’incoerenza della motivazione dei giudici di appello, per i quali, come si è detto nell’esaminare il primo motivo, l’atteggiamento processuale sul punto costituiva una scelta difensiva non univocamente rivolta ad ammettere l’adesione alla applicabilità delle regole pattizie invocate dalla ricorrente.

4) Il terzo motivo formula un’ipotesi di violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e afferma che la materia del contendere comprendeva anche l’indennità per il 1994 e 1995, erroneamente non considerata dalla Corte d’appello. Viene lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che dagli atti del processo era desumibile che le quote di indennità suppletive di clientela erano da ricomprendere nell’oggetto della causa.

Anche questa censura è malposta. La Corte d’appello, come ricorda il ricorso, ha esplicitamente affermato (pag. 12) che i diritti nascenti dal contratto del 1994 non costituivano oggetto della causa perchè in ordine a detto contratto era intervenuta transazione, come emerso in primo grado (sentenza d’appello pag. 3). Il controricorso ha precisato, riportando fedelmente e testualmente il passo saliente del ricorso monitorio, che già in quella sede esplicitamente Publizeta aveva dato atto che erano stati transatti tutti i diritti derivanti dal contratto di agenzia del 1994, tra i quali anche la Corte d’appello ha annoverato (ritenendo che fosse perciò fuori dalla materia controversa) l’indennità suppletiva di clientela. Orbene, il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 cod. proc. civ., implica unicamente il divieto per il giudice di attribuire alla parte un bene non richiesto o comunque di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda (Cass 16809/08; 18249/09). Ne consegue che in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un “error in procedendo” (come sostiene in questa sede Publizeta), in relazione al quale la Corte di Cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari, onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale. Per contro nel caso in cui venga in considerazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (Cass 20373/08; 15603/06). Ha pertanto errato parte ricorrente nel denunciare un vizio del procedimento; poteva invece soltanto criticare la motivazione e contestare, in questi limiti, la fondatezza del giudizio di fatto, basato sugli scritti difensivi iniziali delle parti, che l’aveva portata a ritenere sussistente la transazione menzionata dall’ingiungente e conseguentemente estranea alla materia del contendere l’indennità per gli anni 1994-95.

5) Il quarto motivo resta assorbito dal rigetto del precedente. Vi si denuncia violazione dell’art. 1332 c.c., e omessa motivazione e si sostiene che poichè il contratto del 1994 conteneva rinvio esplicito alla contrattazione collettiva, stante l’unicità del rapporto, detto rinvio varrebbe anche per gli altri anni di contratto. Come la stessa prima parte del motivo ammette, la esclusione dalla materia del contendere dei diritti relativi al 1994, sancita dalla Corte d’appello e rimasta qui confermata, vale a scartare questa evenienza e conferma l’irrilevanza dell’inserzione in detto contratto del richiamo alla disciplina di settore (pag. 12 sentenza).

6) Segue da quanto esposto il rigetto del ricorso principale.

E’ inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale condizionato con il quale la TVQ srl, parte vittoriosa, ha sollevato censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, potevano essere riproposte davanti al giudice di rinvio (SU 14382/02;

10848/06). E’ giustificata pertanto, in relazione al rigetto di un ricorso e all’inammissibilità dell’altro, la compensazione delle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2010

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