Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1899 del 03/02/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 1899 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 23058-2008 proposto da:
Societa’ AROMATICA DI RAFFAGNINO CARMELA & C. S.n.c.
01150220877, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S.
GIROLAMO EMILIANI 19, presso lo studio dell’avvocato
D’APICE FRANCESCOINC, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

PLATANIA DOMENICO PLTDNC64L04C351V, GIUFFRIDA GIUSEPPA
GFFGPP43P48C351L, GIUFFRIDA SANTINA GFFSTN64R63H335S,
elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

Data pubblicazione: 03/02/2015

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato GERACI GIUSEPPE;
– controricorrentl

avverso la sentenza n. 244/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 13/02/200r;

udienza del 30/05/2014 dal Consigliere Dott. MARIA
ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per la manifesta infondatezza del ricorso e per la
condanna aggravata alle spese ex art. 385, IV co.,
c.p.c..

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
1.- Con atto di citazione notificato il 20 settembre 1999 Giuseppa
Giuffrida e Domenico Platania, premesso di essere titolari del tre
quarti di un immobile sito in Catania, Via Adelia n. 6, e che il

C. s.n.c., convennero quest’ultima in giudizio innanzi al Tribunale di
Catania, chiedendo che venisse pronunciato lo scioglimento della
comunione e che l’immobile venisse ad essi attribuito.
2.-11 Tribunale adito accolse la domanda.
3. – Aromatica” propose gravame che la Corte d’appello di Catania
rigettò.
Preliminarmente la Corte di merito rilevò che non poteva essere
accolta la richiesta formulata dall’appellante nella comparsa di
costituzione con un nuovo procuratore del 13 marzo 2006, tendente ad
ottenere la rimessione della causa al Tribunale per la mancata
partecipazione al giudizio di primo grado della litisconsorte
necessaria Santina Giuffrida, coniuge del Platania in regime di
comunione legale. Secondo il giudice di secondo grado, il gravame
doveva essere deciso nel merito, poiché la Giuffrida era intervenuta
volontariamente, accettando la causa nello stato in cui si trovava e
dalla mancata rimessione non poteva derivare pregiudizio alle altre
parti.
Nel merito, la Corte etnea osservò, in relazione alla doglianza
secondo la quale il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che
il bene era indispensabile alla Società per l’espletamento della sua
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restante quarto apparteneva alla “Aromatica” di Raffagnino Carmela &

attività imprenditoriale e, quindi, non poteva essere sottratto al
regime della comunione, e che non avrebbe considerato la presenza
nell’androne comune del contatore ENEL per l’alimentazione elettrica
dell’autoclave, che dalla stessa prospettazione dell’appellante (oltre

tecnica) si evinceva con chiarezza che il serbatoio idrico,
l’autoclave e la relativa condotta elettrica ENEL, con il contatore,
erano strumentali sia al bene comune sia agli immobili limitrofi e che
attraverso l’immobile comune si raggiunge un sottotetto di proprietà
esclusiva della “Aromatica”. Quindi, per un verso, in caso di
attribuzione dell’immobile controverso ai Giuffrida-Platania, la
“Aromatica” non avrebbe avuto più alcuna necessità di avvalersi dei
predetti accessori idrici per soddifare esigenze relative a tale
immobile. Per altro verso, lo scioglimento della comunione non avrebbe
avuto alcuna incidenza sulle posizioni soggettive che la “Aromatica”
avrebbe potuto vantare quale proprietaria esclusiva dell’edificio
adiacente.
Osservò inoltre la Corte di merito che la qualità di comproprietaria
del bene in questione in capo alla “Aromatica” non era controversa.
Ancora, il giudizio di indivisibilità dell’immobile, sinteticamente
riportato dal c.t.u. nella sua relazione, rappresentava la corretta
valutazione di tutti gli elementi di fatto risultanti in tale
elaborato.
La Corte dispose poi la rivalutazione degli importi determinati nella
sentenza di primo grado in base agli indici Istat, con riferimento al
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che dalle precise indicazioni contenute nella relazione di consulenza

periodo tra il 26 maggio 2003, epoca di emissione della sentenza di
primo grado, nella quale era stata già computata la rivalutazione fino
ad allora, e l’attualità, potendosi presumere, in mancanza di elementi
contrari, che il, valore dell’immobile fosse aumentato, nel periodo,

4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Società “Aromatica”
sulla base di due motivi. Resistono con controricorso Domenico
Platania e Santina e Giuseppe Giuffrida.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 354 cod.proc.civ. in relazione all’art. 784 cod.proc.civ.
L’appellante aveva eccepito la nullità della sentenza di primo grado
chiedendo la rimessione della causa innanzi al Tribunale per
l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Santina Giuffrida,
coniuge del Platania in regime di comunione legale,
domanda di scioglimento della comunione dei beni
ricorrente –

costituendo la
rileva la

un atto di straordinaria amministrazione, e, come tale,

richiedendo la stessa per il suo compimento la

rappresentanza

congiunta in giudizio di entrambi i coniugi. Nelle more, in presenza
di un rinvio della causa, il procuratore degli appellati aveva
spiegato intervento volontario per la Giuffrida, facendole dichiarare
in comparsa di accettare la causa nello stato in cui si trovava, senza
riserve. Ma l’interveniente volontaria avrebbe potuto sanare con il >c
suo intervento il vizio della sentenza impugnata solo accettando gli
effetti pregiudizievoli della stessa nei suoi confronti, e, quindi,

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in misura corrispondente.

accettando

che,

per

effetto

della

sentenza

in

questione,

l’attribuzione del bene oggetto di causa per l’intero in capo ai
signori Giuffrida e Platania comportasse l’acquisizione della
proprietà dello stesso unicamente in capo al coniuge attore. Al

contrario, la richiesta dell’interveniente volontaria, come precisata
in sede di conclusioni, di vedere attribuito l’intero bene in sede di
scioglimento della comunione anche a sé, nonostante la sua mancata
partecipazione al giudizio di primo grado, aveva avuto il significato
della non accettazione del giudizio nello stato in cui si trovava, e
della volontà di riforma della sentenza di primo grado con quelle
integrazioni relative alla propria posizione pretermessa.
2. – La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del
seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod.proc.civ,
applicabile nella specie ratione temporis:‹Se la norma di cui all’art.
784 c.p.c., secondo cui le domande di scioglimento della comunione
ordinaria debbono proporsi in confronto di tutti i condividenti, è
posta al fine di evitare che lo scioglimento della comunione, operando
anche nel confronti del condividente pretermesso, indipendentemente
dal fatto che questi sia in regime di comunione legale con una delle
parti in causa, comporti non solo l’effetto di dover subire la
divisione del bene, ma anche l’ulteriore effetto di non poter
partecipare alle operazioni divisionali e, quindi, di dover perdere
sullo stesso bene ogni diritto in favore di quelli del condividenti
(compreso il coniuge in regime di comunione legale) nel cui confronti
è stata emessa la sentenza di primo grado; sicché l’unico rimedio

6
Lt.

avverso

la

sentenza pronunciata

senza

la

sua

necessaria

partecipazione, oltre all’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c.,
finalizzata a respingere gli effetti nel suoi confronti della sentenza
emessa inter alios, rimane quello della rimessione del, giudizio

l’intervento volontario spiegato in grado di appello dal condividente
pretermesso sopperire alle lacune di quel giudizio mediante richiesta
con esso avanzata di attribuzione del bene anche in favore di se
stesso, per la ragione che una siffatta richiesta comporta non
l’accettazione del giudizio nello stato e nel grado in cui si trova,
ma la riforma dello stesso mediante considerazione per vie irrituali
di tutti i diritti del, condividente pretermesso>.
2. – La censura è inammissibile.
Nell’ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga
volontariamente in appello ed accetti la causa nello stato in cui si
trova, chiedendo che sia così decisa, e nessuna delle altre parti
resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate,
il giudice di appello non può rilevare d’ufficio il difetto di
contraddittorio, né è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo
grado, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ., ma deve trattenerla e
decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio
fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al
giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una
sollecita definizione della controversia (v., tra le altre, Cass.,
sentt. n. 7068 del 2009, n. 16504 del 2005).

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avanti al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c., non potendo

E’

pur vero che, nella specie, la litisconsorte pretermessa,

intervenuta in giudizio formulando la richiesta di conferma della
decisione di primo grado, aveva, poi, invece, in sede di precisazione
delle conclusioni, chiesto la condanna della appellata alla rifusione

resistenza alla domanda di divisione e in genere dall’ingiustificato
comportamento processuale.
Tuttavia, la ricorrente è carente di interesse ai sensi dell’art. 100
cod.proc.civ., in quanto i coniugi in regime di comunione dei beni
sono contitolari del diritto di proprietà sul bene acquistato da uno
solo di essi e conseguentemente la sentenza del Tribunale di Catania
era comunque destinata a produrre gli effetti poi esplicitati dalla
decisione della Corte di merito impugnata.
3. – Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1112 e 1119 cod.civ. Rileva la ricorrente che l’immobile
comune – costituito da un portone, da un androne e da un retrostante
cortile – era destinato

ab origine destinato a sede dell’impianto

idrico di tutto l’edificio e del contatore di energia elettrica
necessaria al funzionamento dell’autoclave dell’impianto idrico.
Pertanto, lo scioglimento della comunione sul bene comportava non il
mantenimento di un diritto di servitù della società Aromatica a tenere
in esso il serbatoio idrico e il relativo impianto elettrico, bensì il
mutamento di destinazione del locale da androne e sede dei detti
impianti ad abitazione degli attori.
La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del

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delle spese e compensi che erano state necessitati dalla inutile

seguente quesito di diritto:

.
4. – La censura è priva di fondamento.
Essa non tiene conto che la valutazione di indivisibilità
dell’immobile di cui si tratta costituisce un giudizio di fatto, tra
l’altro confortato dalla relazione del c.t.u., cui i giudici di merito
sono pervenuti attraverso un percorso logico-giuridico analiticamente
e congruamente ricostruito nella sentenza impugnata.

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comuni che, se divise, rendono incomodo l’uso per ciascun condomino,

5. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del
presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono,
alla stregua del criterio della soccombenza, essere poste a carico
della ricorrente.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio, che liquida in complessivi euro 2700,00, di cui
euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
civile, il 30 maggio 2014.

P.Q.M.

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