Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18985 del 27/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 27/09/2016, (ud. 13/05/2016, dep. 27/09/2016), n.18985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22361/2013 proposto da:

UNIONE ITALO SVIZZERA SRL, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. B.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio

dell’avvocato PIO CORTI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIANCARLO BERALDO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

NUOVA TREBICAR SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

Sig. BO.LU., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POFI 6,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA BACCARO, rappresentata e

difesa dall’avvocato FELICE BRUSATORI giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2078/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/05/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO;

udito l’Avvocato GIANCARLO BERALDO;

udito l’Avvocato FELICE BRUSATORI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Unione Italo Svizzera s.r.l. convenne Nuova Trebicar s.r.l. davanti al Tribunale di Varese chiedendo, previo accertamento tecnico preventivo sullo stato di conservazione dell’immobile locato a controparte, condanna al risarcimento dei danni subiti per il deteriorato stato dell’immobile restituito una volta cessata la locazione.

La domanda, svolta a titolo sia di danno emergente che di lucro cessante, si completava con la richiesta di accertamento della legittimità dell’escussione in tali limiti – della polizza fideiussoria stipulata a copertura del relativo rischio.

Il tribunale accolse la domanda, accertando la legittimità dell’escussione della polizza fino alla concorrenza della somma di Euro 145.242,20.

La corte di Milano, decidendo sull’appello proposto da Nuova Trebicar s.r.l., ridusse l’importo di legittima escussione della garanzia fideiussoria alla somma di Euro 53.550,00, ritenendo non provata la domanda con riguardo ai danni richiesti a titolo di lucro cessante.

Unione Italo svizzera s.r.l. ha presentato ricorso affidato a tre motivi, ulteriormente esposti in memoria ex art. 378 c.p.c..

Nuova Trebicar s.r.l. ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso può essere così sintetizzato. Si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 1216, 1587, 1590, 1591, 1227, 2697 e 2729 c.c., con riguardo al mancato riconoscimento del danno da lucro cessante conseguente all’impossibilità del locatore di un proficuo utilizzo dell’immobile per il tempo necessario all’esecuzione dell’accertamento tecnico preventivo e delle opere di rispristino dello stato originario.

A tal riguardo si osserva che la fattispecie avrebbe dovuto essere inquadrata non nella disposizione art. 1590 c.c. (come deciso dalla corte di merito), ma in quella dell’art. 1591 c.c., a mente della quale il conduttore in mora per la restituzione è tenuto a corrispondere il corrispettivo pattuito.

Sotto tali profili è anche argomentata una censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio con riguardo al riconoscimento della riferita impossibilità di utilizzo del bene per il tempo necessario per l’attività giudiziaria e I lavori di ristrutturazione.

2. Le doglianze si articolano intorno alla decisione sull’omesso riconoscimento di somme a titolo di lucro cessante. Sul punto la sentenza impugnata premette che nel giudizio di primo grado la relativa domanda è stata accolta in mancanza della prova che la tempestiva disponibilità dell’immobile debitamente ristrutturato e pronto per l’uso sarebbe stata oggetto di una iniziativa di godimento o di disposizione dell’odierna ricorrente, possibilità invece non realizzatesi per le inadatte condizioni del bene.

Dunque, la decisione – correttamente argomentata in applicazione dell’art. 1590 c.c. – è resa sul presupposto di fatto della mancata prova, da parte dell’interessato, del danno subito a titolo di lucro cessante: anche osservando che la stessa ricorrente, pur avendo a sua disposizione (per esecuzione della sentenza di condanna in primo grado) le risorse economiche per provvedere al ripristino dell’immobile, non vi attese per un tempo considerevole, così dimostrando un disinteresse alla tempestiva disponibilità del bene di nuovo idoneo all’uso.

A fronte di tale lineare motivazione, nel pur ampio e articolato ricorso non si chiarisce quale sarebbe stata la prova positiva del danno lamentato come non riconosciuto: svolgendosi, invece, piuttosto che l’esposizione delle ragioni di violazioni di legge pur denunciate, un’articolata rivisitazione dei fatti di causa. Questi ultimi, tuttavia, già fatti oggetto delle pronunce di merito, non sono più scrutinabili in questa sede di legittimità.

Deve inoltre osservarsi che nel ricorso nemmeno risultano indicati indici da cui poter desumere, anche in via equitativa, un danno da lucro cessante.

Quanto alla doglianza sulla errata applicazione dell’art. 1591 c.c., è sufficiente osservare che la corte di appello non ha deciso la causa applicando detta norma, avendo escluso peraltro – in fatto – la sussistenza di una mora del conduttore nella restituzione dell’immobile (cfr. p. 7 della sentenza impugnata): e dunque i presupposti per l’applicazione della diversa norma dell’art. 1591 c.c., invocata da parte ricorrente.

Va poi rimarcato che nel ricorso non si argomenta un errore nella applicazione di detta norma, concentrandosi inammissibilmente la critica sulla valutazione del giudice circa il materiale istruttorio.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016

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