Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18985 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. I, 16/09/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 16/09/2011), n.18985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 23568 del R.G. degli affari civili

dell’anno 2007, proposto da:

S.E., elettivamente domiciliato in Roma presso la

cancelleria della Suprema Corte di tassazione, rappresentato e difeso

congiuntamente e disgiuntamente dagli avv. D’AMBRA Annamaria,

Giovanni Lubello e Alberto Zaza d’Aulisio, per procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA – SAI s.p.a. (già SAI – Società Assicuratrice Industriale

s.p.a.) con sede in (OMISSIS), in persona dell’avv. T.L.,

suo rappresentante per la procura rilasciata il 17 luglio 2000, rep.

205937, racc. 16232, elettivamente domiciliato in Roma alla Via delle

Tre Madonne n. 18, nello studio dell’avv. TUCCILLO Mario che, con

l’avv. Aldo Frignani da Torino, rappresenta e difende la società,

per procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1535/07 del 2-

14 maggio 2007.

Udita all’udienza del 22 giugno 2011 la relazione del Cons. Dott.

Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Costantino Ventura, per delega, per

il ricorrente, l’avv. Frignani, per delega dell’avv. Tuccillo, per la

controricorrente, e il P.G. Dr. Immacolata Zeno, che conclude perchè

il ricorso sia dichiarato inammissibile.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha respinto la domanda di S.E. proposta ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, nei confronti della Fondiaria SAI s.p.a. con citazione del 10 maggio 2005, per ottenere la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito per l’aumento del premio pagato dall’attore per assicurare un proprio ciclomotore Piaggio tg. (OMISSIS) negli anni tra il 1994 e il 2000, effetto degli incrementi dei prezzi dei servizi assicurativi conseguenti alle intese sulla concorrenza di Fondiaria SAI con altre 39 imprese assicuratrici, con condotte per le quali la stessa società era stata sanzionata dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (da ora: Antitrust), con delibera ritenuta legittima dal Tar e dal Consiglio di Stato.

Rilevato che la Corte d’appello ha ritenuto non provato dall’attore che la fissazione del premio nella misura da lui corrisposta fosse stata effetto dell’intesa sanzionata nè che a tale accordo fosse eziologicamente ricollegabile il danno derivato dal pagamento del premio, e quindi che la domanda doveva rigettarsi, con compensazione delle spese per le incertezze giurisprudenziali nella materia.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso notificato il 6 settembre 2007 S.E., cui resiste la SAI Fondiaria s.p.a. con controricorso notificato il 24 – 25 ottobre 2007 e illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., con impugnazione che si articola nei seguenti sette motivi: 1) violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, u.c., per non avere la Corte ritenuto illeciti gli accordi sulla concorrenza tra S.A.I. s.p.a. e altri assicuratori; 2) per non avere rilevato la incidenza di tali atti sulla alterazione delle dinamiche di mercato e sull’innalzamento dei prezzi del servizio; 3) per avere negato il nesso causale tra intese illecite e incrementi dei premi; 4) per non avere collegato la liquidazione del danno in via equitativa alla lievitazione dei premi dovuta alla mala fede delle assicuratrici, che avevano concordato i prezzi da praticare alla clientela con dolo incidente e in violazione dell’art. 1440 c.c.; 5) per non avere la corte di merito rilevato che il comportamento di Fondiaria SAI costituiva un caso di responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.; 6) per aver ritenuto la responsabilità del caso extracontrattuale, affermando la prescrizione quinquennale a decorrere dalla data della sentenza del Consiglio di Stato del 27 febbraio 2002 che aveva confermato la illiceità delle intese concluse dalla convenuta; 7) per non avere accertato la impossibilità per il ricorrente di sottrarsi agli incrementi ingiustificati dei premi, per l’assenza sostanziale di imprese minori non partecipanti agli accordi anticoncorrenziali, che non consentiva di cambiare assicuratrice.

Nessuno dei sette motivi come sopra riportati è concluso da quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Diritto. Il ricorso è inammissibile. Anche a non rilevare che l’impugnazione non indica in ciascuno dei sette motivi le specifiche norme di diritto violate su cui essi si fondano, essendo insufficienti gli accenni alle convenzioni internazionali e i richiami generici alle norme del codice civile sui vizi della volontà e sulla responsabilità extra e pre-contrattuale oltre che sulla prescrizione, per ritenere soddisfatto l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, ciascuno dei sette motivi manca del quesito di diritto con la indicazione del principio erroneamente applicato dalla sentenza e di quello che si propone di applicare in sostituzione, in base alle denunciate violazioni di legge di cui ad ognuno dei motivi di impugnazione, ai sensi della prima parte dell’art. 366 bis c.p.c., norma processuale applicabile ratione temporis anche dopo che è stata abrogata e fino alla sua abrogazione, per il principio tempus regit actum (Cass. 4 gennaio 2011 n. 80 e ord. 24 marzo 2010 n. 7119). La mancanza di detti quesiti per quanto attiene la violazione delle Direttive sulla concorrenza e della L. n. 287 del 1990, di trasposizione di esse nel diritto interno, oltre che delle norme del codice civile in concreto richiamate (artt. 1440, 1337 e 2952), comporta la preclusione di legge della impugnazione.

Anche la denuncia delle carenze motivazionali della decisione impugnata, in ordine alla mancanza di nesso causale tra intese illecite e aumento dei premi, è inammissibile, in rapporto alla seconda parte dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto priva della sintesi conclusiva, con la chiara indicazione dei fatti rilevanti che rendono contraddittoria o illogica la sentenza o delle ragioni per le quali la motivazione di questa è inidonea a dare ragione della decisione, per cui la stessa si assume omessa e/o insufficiente, (S.U. 14 ottobre 2008 n. 25117, Cass. 26 febbraio 2009 n. 4589 e ord. 26 febbraio 2009 n. 4589).

In conclusione, il ricorso è inammissibile e il ricorrente, per la soccombenza, deve pagare alla controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 800,00 (ottocento/00), dei quali Euro 200,00 (duecento/00), per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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