Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18984 del 31/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2010, (ud. 15/07/2010, dep. 31/08/2010), n.18984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

197, presso lo studio dell’avvocato MEZZETTI MAURO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LITRICO IRENE, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMAJE ITALIA SRL in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAVOIA 84, presso lo

studio dell’avvocato MORICONI VINCENZO, rappresentata e difesa

dall’avvocato PIROVANO GIORGIO, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 430/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

24.11.05, depositata il 19/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDELI

Massimo.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Milano, con sentenza depositata il 19 giugno 2006, confermava la decisione di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da M.N., perche’ fosse dichiarata l’illegittimita’ del licenziamento disciplinare intimatogli dalla Imaje Italia s.p.a..

Nel giudicare infondata l’impugnazione del lavoratore, il giudice del gravame ha ritenuto la sussistenza degli addebiti contestati dalla societa’ l’impossessamento di beni aziendali e la loro gravita’ sia dal punto di vista oggettivo che da quello soggettivo, con lesione del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente, anche in considerazione dell’elevato grado di affidamento richiesto in relazione alle specifiche mansioni espletate dal M..

Costui ha richiesto la cassazione della sentenza con ricorso basato su due motivi, cui l’intimata ha resistito con controricorso.

Ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in camera di consiglio, e’ stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, artt. 1 e 5 degli artt. 2119 e 2697 cod. civ., L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 nonche’ vizio di motivazione.

Deduce la insufficienza delle ragioni in base alle quali la sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti i fatti addebitati al lavoratore, disattendendo le giustificazioni addotte da costui e valorizzando invece le prove testimoniali acquisite.

Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e sostiene che la Corte di merito non ha rilevato il contrasto fra l’esposizione dei fatti contenuta nella lettera di contestazione degli addebiti mossi al dipendente e quella poi riportata nella lettera di licenziamento, ne’ ha considerato la diversita’ della ricostruzione della vicenda fatta dall’azienda nella memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, ne’ ha tenuto conto delle contraddizioni fra le deposizioni dei testimoni che avevano avvalorato l’accusa dell’azienda. Assume inoltre l’erroneita’ dell’individuazione dei fatti, rilevanti sotto il profilo disciplinare, compiuta dal giudice di merito, il quale ha affermato la detenzione illecita da parte del lavoratore di pezzi di ricambio, contro il diverso fatto contestato dall’azienda, che invece aveva fatto riferimento ad attestazioni false del dipendente circa la sostituzione di pezzi presso un cliente, in realta’ non eseguita.

Il ricorso e’ inammissibile.

Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ. si e’ osservato che trattandosi di impugnazione proposta contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, si devono applicare le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e in particolare la disposizione introdotta dall’art. 366 bis cod. proc. civ., alla stregua della quale l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso, nei casi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), stesso codice, deve concludersi, a pena di inammissibilita’, con la formulazione di un quesito di diritto, e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Nella specie, pero’, si e’ sottolineato nella relazione, nessuno dei due motivi adempie alle prescrizioni del citato art. 366 bis cod. proc. civ., in quanto il primo mezzo di annullamento non presenta con riferimento alle violazioni di legge, denunciate insieme a vizi di motivazione, il prescritto quesito di diritto, ne’ sono esplicitate, come pure rimarcato dalla societa’ resistente, le ragioni degli errori di diritto che si assumono sussistenti, ne’ con riferimento al vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 vi e’ quella indicazione riassuntiva e sintetica, che circoscrivendo puntualmente i limiti della censura, consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilita’ della censura allorche’ si lamentino vizi di motivazione, indicazione questa tanto piu’ necessaria anche per il secondo motivo tenuto conto della molteplicita’ dei fatti controversi esposti.

Il Collegio condivide le osservazioni della relazioni, alle quali peraltro il ricorrente non ha replicato.

Si deve concludere, pertanto, per l’inammissibilita’ del ricorso.

Alla soccombenza segue il carico delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della societa’ resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi e in Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, oltre a spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Cosi’ deciso in Roma, il 15 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010

 

 

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