Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18984 del 27/09/2016
Cassazione civile sez. III, 27/09/2016, (ud. 13/05/2016, dep. 27/09/2016), n.18984
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19454/2013 proposto da:
TEORESI DI P.E. & C. SAS IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS), in
persona del liquidatore rag. P.E., domiciliata ex lege in
ROMA, presso CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato CLARA TARAMASSO giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato FRANCO PASTORE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO IVALDO giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1267/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 12/12/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/05/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO;
udito l’Avvocato ALESSANDRA MELLANO per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.A. intimò alla società Teoresi di P.E. & C. s.a.s. sfratto per morosità non essendo state corrisposte due mensilità per la locazione di un immobile ad uso non abitativo, citando la società davanti al Tribunale di Savona, che dichiarò risolto il contratto in oggetto.
La corte di appello di Genova, adita dalla conduttrice, confermò la decisione impugnta.
La società conduttrice ha presentato ricorso in cassazione affidandosi a quattro motivi esposti in memoria.
S.A. ha depositato controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 633 c.p.c., comma 3 e della L. n. 392 del 1978 , art. 55, affermando che, essendo pacifico tra le parti che dopo la notificazione dell’intimazione di sfratto per morosità e prima dell’udienza di comparizione i canoni mancanti furono corrisposti, il tribunale avrebbe dovuto disporre la cancellazione della causa dal ruolo, non applicandosi alla fattispecie il disposto del citato art. 55 ed essendo dunque irrilevante che le spese legali erano all’epoca rimaste impagate. Non avendo la corte di appello dichiarato l’inammissibilità del ricorso si deduce, anche in relazione anche all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 663 c.p.c., comma 3.
Inoltre, si lamenta, sempre sotto il profilo della violazione di legge (negli artt. 1453 e 1455 c.c.) e dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, il giudizio della corte di appello sulla gravità dell’inadempimento quale requisito per la pronuncia sulla risoluzione, anche lamentando vizio di motivazione per la mancata ammissione delle chieste prove orali sulla prassi contrattuale, sopravvenuta tra le parti, avente ad oggetto il ritardato adempimento nella corresponsione dei canoni.
2. E’ sufficiente osservare come la corte territoriale abbia precisato, circa lo svolgimento del processo, che il tribunale, constatata l’opposizione dell’intimato, dispose il mutamento del rito ex art. 667 c.p.c., rendendo infine la sua decisione. Nel confermare la sentenza, la corte territoriale ha esaustivamente motivato sulla tardività dei pagamenti dei canoni dovuti giacchè successivi anche alla notificazione dell’intimazione di sfratto, accertando in fatto l’ulteriore presupposto per la correttezza della decisione del tribunale sulla risoluzione nella gravità del ritardo, trattandosi di un ritardo nel pagamento di più canoni, il quale pagamento costituiva l’obbligazione principale a carico dell’odierna ricorrente.
A tal riguardo, ogni valutazione su tale accertamento, di natura fattuale, è preclusa in questa sede: non risultando nemmeno argomentate le affermate violazioni di legge nè sussistendo l’affermato vizio di motivazione: avendo la corte territoriale spiegato le ragioni della propria decisione sul punto, rilevando l’ininfluenza ai fini della prova del fatto del capitolo di prova testimoniale, prospettato dall’odierna ricorrente in maniera generica e prescindendo da precisi riferimenti temporali (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016