Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18982 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. un., 31/07/2017, (ud. 04/04/2017, dep.31/07/2017),  n. 18982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14604-2014 proposto da:

SAPORI ANTICHI S.N.C. DI M.Z. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO BELTRAME;

– ricorrente –

contro

COMUNITA’ MONTANA DELLA CARNIA, in persona del Commissario

Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PORTA PINCIANA 6, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO

COLLEVECCHIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARCO MARPILLERO;

– controricorrente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di TOLMEZZO, emessa in data

23/01/2012;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale FUZIO

Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito

l’Avvocato Marco Marpillero.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

La società Sapori Antichi s.n.c di M.Z. & C, a seguito di ordinanza ex art. 348 bis di inammissibilità dell’appello della Corte d’appello di Trieste, comunicata alle parti in data 6 marzo 2013, ha proposto ricorso per cassazione in data 18 aprile 14 avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Tolmezzo del 6-2-12, di rigetto della opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla Sapori Antichi con citazione del 22-7-2009.

La controversia ha ad oggetto l’opposizione della società Sapori Antichi al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Comunità Montana della Carnia per la revoca di un contributo erogato per la realizzazione o l’ampliamento di immobili produttivi,revoca disposta a seguito dell’inadempimento della società Sapori Antichi agli obblighi contenuti nel bando.

Il ricorso contiene anche un motivo attinente alla giurisdizione.

Resiste con controricorso la Comunità Montana della Carnia, ora Unione Territoriale Intercomunale della Carnia, successore ex lege. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. osservando che di difetto di giurisdizione non era possibile parlare ai sensi di cass. S.U. 19806/2008 e che il prezzo d’acquisto era stato individuato dal Consorzio fin dalla perizia giurata del 4 ottobre 2002; altra perizia di stima era stata redatta nel 2010; che l’interpretazione del bando era quella del tribunale, attesi gli artt. 3, 13 e 15 ed era pacifico che la Sapori Antichi era inadempiente.

2. La sentenza di primo grado è stata depositata in copia autentica. L’ordinanza di inammissibilità, comunicata in data il 6-3-13, è stata depositata in originale unitamente alla relata di comunicazione.

Il ricorso è procedibile alla stregua dei principi espressi da queste Sezioni Unite, a cui questa Corte intende adeguarsi: “Nell’ipotesi di ordinanza d’inammissibilità dell’appello emessa ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., per non avere l’impugnazione una ragionevole probabilità di essere accolta, il conseguente ricorso per cassazione proponibile in base all’art. 348-ter c.p.c., comma 3, contro la sentenza di primo grado nel termine di 60 gg. dalla comunicazione dell’ordinanza stessa o dalla sua notificazione, se avvenuta prima, è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, ad un duplice onere, quello di deposito della copia autentica della sentenza di primo grado e quello, inerente alla tempestività del ricorso, di provare la data di comunicazione o di notifica dell’ordinanza d’inammissibilità. Tale secondo onere è assolto dal ricorrente mediante il deposito della copia autentica dell’ordinanza con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, salvo in esito alla trasmissione del fascicolo d’ufficio da parte della cancelleria del giudice a quo, che il ricorrente ha l’onere di richiedere ai sensi del terzo comma del predetto articolo, la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso di verificare la tempestività dell’impugnazione, rilevi che quest’ultima sia stata proposta nei 60 gg. dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine c.d. lungo di cui all’art. 327 c.p.c.”. Cass. S.U. 13-12-2016 n. 25513.

3. Accertata la procedibilità, il ricorso deve dichiararsi inammissibile perchè proposto in data 18 aprile 14, oltre i 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza ex art. 348 bis, avvenuta in data il 6-3-13.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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