Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18980 del 31/08/2010

Cassazione civile sez. lav., 31/08/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D’ARPE MEDICINALI DI GIUSEPPE MAGNO & C. SAS in liquidazione,

in

persona del liquidatore G.C. e da G.C.,

quale erede del socio accomandatario M.G., entrambi

elettivamente domiciliati in Roma, viale Vaticano n. 46, presso

l’avv. Francesca Romana Nanni, rappresentati e difesi dall’avv.

Marcuccio Marcello per procura rilasciata a margine del ricorso per

cassazione;

– ricorrenti –

contro

M.O., elettivamente domiciliato in Roma, via A. Mordini n.

14, presso l’avv. Flavia Bruschi, rappresentata e difesa dall’avv.

Chironi Iuri per procura rilasciata a margine del controricorso;

– controricorrente –

M.M.G. e MA.GI., nella qualita’ di eredi di

M.G.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1765/2008 della Corte d’appello di Lecce,

depositata il 24/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30.06.2010 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

PATRONE Ignazio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

M.O. e T.S., gia’ dipendenti di D’Arpe Medicinali di Giuseppe Magno & C. s.a.s., licenziati per cessazione dell’attivita’ aziendale, convenivano detto datore dinanzi al giudice del lavoro di Lecce chiedendo il riconoscimento di differenze retributive pari alla differenza tra quanto ricevuto e quanto spettante a seguito della rideterminazione del trattamento economico in ragione dell’orario di lavoro contrattuale, che assumevano unilateralmente ridotto dal datore.

Radicatosi il contraddittorio con la costituzione della societa’ e successivamente, a seguito di riassunzione nei confronti degli eredi del M.G. nel frattempo deceduto, con il liquidatore della stessa, il Tribunale rigettava in entrambi i casi la domanda.

Proponevano appello i due dipendenti con separati ricorsi, sostenendo che mai era stato concordato di trasformare il rapporto da tempo pieno in part time, che la riduzione di orario non era concordata e che, comunque, al riguardo non era stato redatto un atto scritto.

Riuniti i due appelli e costituitosi l’appellato liquidatore, la Corte di appello di Lecce con sentenza 20 – 24.10.08 accoglieva l’impugnazione di entrambi gli appellanti e l’impugnazione incidentale proposta nei confronti del T., per il quale disponeva la prosecuzione del giudizio per quantificare le spettanze dovute.

Per quanto riguarda il M.O., che qui interessa, la Corte di merito rilevava che per la riduzione dell’orario di lavoro era necessario l’atto scritto ad substantiam, ai sensi del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, comma 10 e che la mancanza di tale requisito formale (non surrogabile da una dichiarazione scritta delle maestranze che accettavano la compensazione della minor retribuzione con quanto loro spettante per riposi compensativi e ferie non godute) comportava la qualificazione a tempo pieno del rapporto. Acclarata l’esattezza del conteggio offerto dal lavoratore, la Corte accoglieva la domanda e condannava la societa’ al pagamento della somma di Euro 18.126,18 oltre accessori.

Proponeva ricorso per cassazione la Societa’ in liquidazione nei confronti del solo M.O. deducendo violazione: 1) del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, degli artt. 2697 2126 e 1207 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., nonche’ carenza di motivazione sostenendo che l’accordo per la riduzione dell’orario era intervenuto e che era stata fatta erronea applicazione del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863, traendosene erronee conclusioni circa la conversione del rapporto; 2) delle stesse norme sotto diverso profilo, sostenendo che il lavoratore avrebbe dovuto provare di aver offerto la propria prestazione; 3) degli artt. 2126 e 2697 c.c. e carenza di motivazione, circa la ricostruzione della retribuzione spettante al M.O.; 4) dell’art. 166 c.p.c. in relazione all’art. 230 c.p.c., n. 3, contestando la mancata ammissione di prova testimoniale a proposito della riduzione di orario concordata con i lavoratori.

Rispondeva con controricorso il M.O., mentre non svolgevano attivita’ difensiva gli eredi M..

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. che e’ stata comunicata al Procuratore generale ed e’ stata notificata ai difensori costituiti.

La ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso e’ inammissibile.

Il difensore della ricorrente con la memoria sopra indicata comunica che le parti hanno conciliato la causa in sede sindacale e, allegata copia del relativo verbale, chiede che il giudizio sia dichiarato estinto per rinunzia.

Il verbale di conciliazione in questione fu redatto con l’assistenza del rappresentante sindacale dei lavoratori in data 27.4.10. Da esso risulta che M.O. ha raggiunto con la controparte un accordo transattivo concernente la controversia de qua e che lo stesso si dichiara “pienamente soddisfatto, rinunziando ad ogni eventuale ulteriore pretesa di qualsivoglia natura per il decorso rapporto di lavoro”.

Le parti si danno atto dell’intervenuta conciliazione e si impegnano a inoltrare alla Corte di cassazione atto di rinunzia all’impugnazione, “chiedendo dichiararsi cessata la materia del contendere per intervenuta transazione con compensazione di spese”.

L’accordo comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo. Alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui e’ proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.u. 29.11.06 n. 25278).

In ragione del contenuto transattivo dell’accordo e’ conforme a giustizia procedere alla compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti interessate.

Nulla deve statuirsi per le spese nei confronti delle eredi M., non avendo esse svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita’ tra ricorrente e controricorrente. Nulla spese nei confronti delle intimate.

Cosi’ deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010

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