Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18980 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. I, 05/07/2021, (ud. 09/06/2021, dep. 05/07/2021), n.18980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23784/2020 proposto da:

K.O., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Paolo Righini, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 236/2020 della Corte d’appello di Bologna

depositata il 15/1/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

9/6/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Bologna, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c., del 20 giugno 2018, rigettava il ricorso proposto da K.O., cittadino della Nigeria proveniente dal Delta State, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale.

2. La Corte d’appello di Bologna, a seguito dell’impugnazione del richiedente asilo (il quale aveva raccontato di essersi allontanato dal paese di origine a causa delle minacce di vendetta dei familiari di un suo apprendista, che era stato trovato morto in negozio), condivideva la valutazione di non credibilità già compiuta dal giudice di primo grado e riteneva, di conseguenza, che non ricorressero i presupposti per la concessione della protezione sussidiaria, anche in ragione della mancanza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitti armati nella regione di provenienza.

Disattendeva, infine, la richiesta di protezione umanitaria, tenuto conto della non credibilità delle dichiarazioni rese e dell’assenza di una condizione di vulnerabilità soggettiva.

3. Per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 15 gennaio 2020, ha proposto ricorso K.O. prospettando tre motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 4 e 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3: la Corte di merito ha ritenuto non credibili le dichiarazioni rese dal richiedente asilo, spingendosi sino a porre in dubbio la sua provenienza dalla Nigeria, senza però disporre una nuova audizione, come invece era obbligata a fare in adempimento del suo dovere di cooperazione istruttoria, e omettendo di applicare i criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ai fini della verifica della verosimiglianza delle dichiarazioni.

4.2 Il secondo motivo di ricorso prospetta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in quanto il giudice del gravame non ha dato conto dell’istruttoria esperita in ordine alla situazione generale e reale esistente nel paese di origine, nè ha specificato quali fonti internazionali siano state consultate per escludere tale forma di protezione.

4.3 Il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 5, comma 6, T.U.I., in quanto la decisione impugnata non ha tenuto conto del sopravvenuto inserimento lavorativo del migrante nel tessuto economico italiano.

5. Occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità dei documenti prodotti in questa sede dal ricorrente, riguardanti la sua attuale condizione lavorativa (che potranno eventualmente fondare una nuova domanda di protezione umanitaria), stante il divieto previsto dall’art. 372 c.p.c..

6. I primi due motivi sono inammissibili.

6.1 La procedimentalizzazione legale della decisione in ordine all’affidabilità delle dichiarazioni del migrante, secondo i criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, non prevede l’obbligo di una sua audizione in presenza di contraddizioni, incongruenze o assenza di dettagli all’interno del racconto e quale condizione per la valorizzazione di queste circostanze in termini di inattendibilità.

Al contrario la norma stabilisce che il giudice possa direttamente valutare l’affidabilità delle dichiarazioni del migrante tenendo conto della loro coerenza e plausibilità, della mancanza di contraddizioni con informazioni generali e specifiche pertinenti al caso che siano disponibili (lett. c) e dei riscontri effettuati (lett. e).

6.2 La Corte di merito si è ispirata ai criteri del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante in sede amministrativa e giudiziale, ha rilevato – come previsto dai criteri di procedimentalizzazione previsti dalla norma in discorso e in coerenza con le osservazioni del Tribunale – che il richiedente asilo, oltre a non avere compiuto ogni ragionevole sforzo per supportare la propria domanda (in primis rispetto alla propria identità e provenienza), pur avendone la possibilità, aveva reso dichiarazioni non circostanziate (perchè prive del benchè minimo riscontro di tempi, luoghi e modalità), contraddittorie e irragionevoli.

Questa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito ed è censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dovendosi invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente asilo, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito; censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce, invece, alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019).

6.3 La mancanza di documentazione attestante l’identità e la provenienza del richiedente asilo, essendo accompagnata da una valutazione di non credibilità in merito al paese e alla regione di origine del migrante e comportando, di conseguenza, “la negazione di ogni aggancio reale tra la persona del ricorrente e la presunta situazione di pericolosità per l’incolumità della persona in caso di rientro nel Paese di provenienza” (pag. 5 della decisione impugnata), esentava la Corte di merito dal procedere alla verifica delle condizioni esistenti nel paese indicato come di provenienza, giacchè simili accertamenti, alla luce della falsità ravvisata anche rispetto a tale profilo delle dichiarazioni, risultavano del tutto inutili ai fini del decidere.

In questa prospettiva valutativa delle dichiarazioni del migrante non assumono alcuna decisività le argomentazioni sviluppate dalla Corte di merito, in via supplementare e superflua, in merito all’inesistenza di una condizione di violenza generalizzata nel Delta State, dovendosi di conseguenza escludere che il migrante avesse interesse a impugnarle.

7. Il terzo motivo di ricorso è, parimenti, inammissibile.

La censura intende contestare la decisione assunta rispetto al riconoscimento della protezione umanitaria tramite la valorizzazione di una situazione di occupazione lavorativa conseguita in epoca successiva alla pronunzia della decisione impugnata e, in questo modo, pone una questione di merito non sottoposta al vaglio della Corte distrettuale.

Il che comporta l’inammissibilità di questo profilo di doglianza, dato che è principio costante e consolidato di questa Corte (cfr. Cass. 7048/2016, Cass. 8820/2007, Cass. 25546/2006) che nel giudizio di cassazione non si possano prospettare nuove questioni di diritto ovvero nuovi temi di contestazione che implichino indagini e accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.

8. In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

 

 

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