Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18979 del 27/09/2016


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Cassazione civile sez. III, 27/09/2016, (ud. 06/05/2016, dep. 27/09/2016), n.18979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24236/2013 proposto da:

R.D., (OMISSIS), P.A. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), B.E. (OMISSIS), T.O. (OMISSIS),

C.A. (OMISSIS), RI.MA. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DELLA MARINA 1, presso lo studio

dell’avvocato LUCIO FILIPPO LONGO, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, e per esso SOVIGEST SPA – “Società

Valorizzazioni Immobiliari e Gestioni SpA”, in persona

dell’Amministratore Delegato, Avv. Mi.Ni., legale

rappresentante pro tempore, nella sua qualità di procuratrice

speciale del predetto Ente, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALADIER 48, presso lo studio dell’avvocato MARIA RIZZOTTO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1033/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/05/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO;

udito l’Avvocato LUCIO FILIPPO LONGO;

udito l’Avvocato MARIA RIZZOTTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.D., P.A., D.L.G., M.G., B.E., T.O., C.A. e Ri.Ma. convennero davanti al tribunale di Roma Sovigest s.p.a., quale rappresentante di Inps chiedendo la condanna della società alla restituzione delle somme da ciascuno degli attori pagate in quanto indebitamente corrisposte a titolo di integrazione di canoni locatizi a copertura di periodi di occupazione sine titulo dei rispettivi immobili.

Il tribunale accolse la domanda.

Invece, la corte di appello di Roma, adita da Sovigest s.p.a., in riforma della sentenza impugnata respinse le domande di ripetizione.

Ricorrono per cassazione tutti gli attori in primo grado tranne D.L.G., affidandosi a tre motivi ulteriormente esposti in memoria ex art. 378 c.p.c..

Sovigest s.p.a. ha depositato controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso puì essere così sintetizzato.

Si deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3, violazione dell’art. 100 c.p.c.; artt. 1591 e 1988 c.c.; L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 13, affermandosi come, essendo intervenuta condanna in primo grado a carico di S.C.I.P. s.r.l., Sovigest sarebbe stata carente di legittimazione ad agire nè avrebbe nutrito un interesse concreto e attuale al proposto appello; nel merito si contesta l’esito istruttorio osservando come la corte di appello non avrebbe correttamente considerato la copiosa documentazione versata in atti a dimostrazione della mancanza di causa per il pagamento effettuati e di cui si chiede la restituzione, con argomentazione da pag. 19 a pag. 32 del ricorso.

2. Il motivo sulla carenza di legittimazione e di interesse ad agire non è svolto in correlazione con le ragioni esposte nella sentenza impugnata in cui bene si evidenzia che gli odierni ricorrenti si dimostravano consapevoli di avere effettuato i pagamenti in questione proprio a Sovigest quale capogruppo e mandataria del raggruppamento di imprese costituito con Edilnord gestioni s.p.a., affidataria della gestione del patrimonio immobiliare di S.C.I.P. s.r.l. già Inpdai e oggi Inps.

Per il resto, l’argomentazione esposta nel ricorso si basa su un notevole numero di documenti di varia natura non trascritti nè indicati come presenti nel fascicolo (essendo per conseguenza omessa ogni notizia su tale eventuale ubicazione). Secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso.

Peraltro, quando anche volesse prescindersi da tale rilievo, dovrebbe rilevarsi come la critica svolta nel ricorso mira ad un riesame del fatto per come è accertato nel giudizio di merito, inammissibile in sede di legittimità.

Ne discende l’inammissibilità del ricorso.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2000,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016

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