Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18979 del 11/09/2020

Cassazione civile sez. I, 11/09/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 11/09/2020), n.18979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10858/2019 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in Roma Via Chisimaio, 29

presso lo studio dell’avvocato Cardone Marilena, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, Commissione Territoriale per il

riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona – sezione

di Vicenza;

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Venezia ha respinto le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero della protezione sussidiaria o umanitaria, proposte dal cittadino (OMISSIS) I.F., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS), il quale aveva narrato di essere fuggito dal proprio Paese “per paura di essere ucciso dal proprietario del taxi (…) venduto per pagare le spese mediche della propria compagna che doveva subire un parto cesareo”.

2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero intimato non ha svolo difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per avere il tribunale (così come la commissione territoriale) ritenuto non credibile il richiedente sulla base di una motivazione “meramente tautologica e contrastante con gli specifici atti del procedimento”, trascurando che “il suo rientro in patria avrebbe causato conseguenze di tipo persecutorio nonchè pericolo per la propria vita senza potere contare in alcun aiuto da parte delle Autorità locali”.

3.1. La censura è del tutto generica, a fronte delle dettagliate ragioni di non credibilità del narrato puntualmente illustrate da pagina 6 a pagina 8 del decreto impugnato – peraltro all’esito di ulteriore audizione del ricorrente – le quali integrano valutazioni di merito non adeguatamente censurate in questa sede (ex multis, Cass. 5114/2020, 21142/2019, 3340/2019, 32064/2018, 30105/2018, 27503/2018, 16925/2018), dal momento che “l’intrinseca inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 attiene al giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ed osta al compimento di approfondimenti istruttori officiosi, cui il giudice di merito sarebbe tenuto in forza del dovere di cooperazione istruttoria, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 33858/2019).

3.2. D’altro canto, il sindacato di legittimità sulla motivazione si è ridotto alle ipotesi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, e “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, 8053/2014), nessuna delle quali è riscontrabile nel decreto impugnato, avendo il tribunale adeguatamente motivato sulla genericità, contraddittorietà, vaghezza e inverosimiglianza del racconto del ricorrente, oltre che sulla mancata emersione di “fondati elementi dai quali si desuma l’impossibilità per il ricorrente di avvalersi, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 6 della protezione delle autorità competenti (v. pag. 8-9 del decreto).

3.3. Tali motivazioni non sono state adeguatamente censurate nemmeno secondo i canoni del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (ex plurimis Cass. 17247/2006, 18587/2014), non essendo stato assolto l’onere di indicare – ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 6383/2020, 6485/2020, 6735/2020), ferma restando l’inammissibilità della denunzia di mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione (Cass. Sez. U, 33017/2018).

4. Con il secondo mezzo si censura la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per mancato assolvimento del dovere di cooperazione istruttoria officiosa in ordine alla situazione oggettiva del paese d’origine anche ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, avendo il tribunale erroneamente escluso la sussistenza di una situazione di “violenza generalizzata” contrariamene a quanto risulterebbe dai rapporti di Amnesty International del 2016 e del 2017-18.

4.1. La censura è infondata, poichè il tribunale ha basato la propria valutazione su plurime fonti (cd. COI) qualificate e aggiornate al 2018, espressamente citate a pagina 11 e 12 del decreto impugnato, senza che il ricorrente abbia specificato quali sarebbero gli elementi contrari desunti dalle fonti ex adverso allegate.

5. Il terzo motivo prospetta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere il tribunale omesso di effettuare la valutazione comparativa necessaria ai fini della invocata protezione umanitaria, tenuto conto dello stato di povertà e indigenza vissuto dal ricorrente prima della partenza dal paese d’origine.

5.1. La censura è inammissibile in quanto del tutto generica, avendo questa Corte più volte evidenziato che, ai fini della tutela in esame – astrattamente riconoscibile ratione temporis (Cass. Sez. U, 29459/2019) – occorre “il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale” (Cass. 23778/2019, 1040/2020), non essendo “ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass. 3681/2019).

5.2. In ogni caso, anche di recente è stata ribadita l’inammissibilità di un “ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).

6. L’assenza di difese del Ministero intimato esonera dalla pronuncia sulle spese.

7. Sussistono invece i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019 e 4315/2020), se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2020

 

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