Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18970 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/07/2021, (ud. 30/04/2021, dep. 05/07/2021), n.18970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4445/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

F.L. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

ROBERTO GALEANI, elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Roma, Via dei Sette Metri, 11/E;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria egionale della

Liguria, n. 1270/4/2014, depositata in data 17 dicembre 2014,

notificata il 29 dicembre 2014;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 30 aprile

2021 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo;

lette le conclusioni scritte del pubblico ministero in persona del

sostituto procuratore generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente F.L., titolare di una impresa individuale di trasporto merci su strada, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta dell’esercizio 2007, con il quale – a seguito di PVC venivano disconosciuti componenti negativi di reddito relativi a undici fatture di acquisto emesse dalla società S.I. SRL; l’Ufficio ha ritenuto trattarsi di costi non inerenti e non determinabili, accertando così il maggior reddito di impresa ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP e alla rettifica della relativa detrazione IVA. L’avviso impugnato poneva l’accento, come riportato dalla sentenza impugnata, sulla genericità della descrizione delle fatture, sul fatto che il fornitore era sostanzialmente parte correlata (società amministrata dal contribuente, di cui il proprio coniuge era socio), sulla mancanza di data certa del contratto di appalto tra il contribuente e il fornitore sulla base del quale sarebbero avvenute le forniture di cui alle fatture in oggetto, peraltro non richiamato nelle fatture e sul fatto che l’attività principale del fornitore fosse quella di impresa di pulizie.

La CTP di Savona ha rigettato il ricorso. La CTR della Liguria, con sentenza in data 17 dicembre 2014, ha accolto l’appello del contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che possono essere valorizzati nel processo tributario gli atti del procedimento penale acquisiti nel giudizio di merito, ove gli stessi vengano fatti oggetto di riesame nel processo tributario. Sotto questo profilo, la CTR ha ripercorso gli elementi di fatto analizzati nel processo penale, evidenziato l’esistenza di un contratto di appalto inter partes e accertando che tra le due imprese vi fosse sinergia commerciale, in considerazione del fatto che l’impresa individuale oggetto di accertamento era titolare delle autorizzazioni necessarie per operare in ambito portuale. Ha, poi, accertato che le fatture non erano risultate contraffatte e che i singoli viaggi erano tracciabili e riscontrati dalla documentazione prodotta e che vi era riscontro delle prestazioni dall’incrocio con le fatture attive emesse dal contribuente.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; resiste con controricorso il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. “3(5)”, violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 2, e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 109, ritenendo che la sentenza risulterebbe del tutto immotivata nella parte in cui ha ritenuto che tra le due imprese (la verificata e il relativo fornitore di servizi) si fosse instaurata una sinergia secondo la prassi comune; si censura, inoltre l’accertamento compiuto dalla sentenza impugnata secondo cui l’effettività delle forniture dei viaggi eseguiti sarebbe provata dalla documentazione prodotta, documentazione che consentirebbe anche (secondo la CTR) il collegamento con le fatture attive emesse a favore dei clienti finali; si censura, inoltre, la sentenza nella parte in cui ha ritenuto incidente nel procedimento tributario l’accertamento compiuto nel procedimento penale. Deduce il ricorrente la non inerenza dei costi e l’indetraibilità dell’IVA, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte e ritenendo che non sarebbe sufficiente, ai fini del “giudizio di deducibilità”, il mero giudizio di verosimiglianza dei rapporti commerciali.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Evidenzia, in particolare, il ricorrente due fatti storici il cui esame sarebbe stato omesso dalla CTR, ossia la promiscuità organizzativa delle due imprese, che condividerebbero automezzi, personale dipendente e servizi (servizio di bunkeraggio), nonchè il fatto che la documentazione che comprovava l’effettività delle prestazioni era stata allegata non alle fatture ricevute, ma alle fatture emesse dal contribuente nei confronti dei clienti. Deduce il ricorrente che tali elementi si rivelerebbero decisivi, in quanto l’esame di tale circostanza comporterebbe la deduzione che si trattava di spese non direttamente sopportate dal contribuente.

2 – Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del primo motivo (ulteriormente sviluppata in memoria) per avere il ricorrente sussunto il vizio di legittimità in più paradigmi (quello della violazione di legge e quello dell’omesso esame di fatto decisivo), posto che l’esame del merito del motivo (indipendentemente dall’errore materiale del ricorrente che ha citato un inesistente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 35, riguarda la violazione di norme di legge relative alla deduzione di costi e alla detrazione dell’IVA.

3 – Inammissibile è, invece, il primo motivo nella parte in cui ha ritenuto priva di motivazione la sentenza, ove ha accolto l’appello del contribuente, posto che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, ove la sentenza impugnata non dia contezza dell’iter argomentativo (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Nella specie, la sentenza ha dato atto delle argomentazioni che l’hanno condotta a ritenere – sulla base delle risultanze del procedimento penale nei confronti del contribuente – esistente un contratto di appalto con il fornitore, nonchè esistente una “sinergia” tra le due imprese, tra di loro correlate, fondata sulla titolarità dell’impresa verificata di autorizzazioni per l’operatività in ambito portuale, nonchè (infine) esistenti le prestazioni, essendo i viaggi effettuati tracciabili.

3.1 – Inammissibile è, inoltre, il motivo, nella parte in cui deduce che la sentenza impugnata avrebbe fondato il proprio convincimento sulla verosimiglianza dei rapporti commerciali e sulla mera recezione del giudizio reso in sede penale, posto che il motivo non censura la ratio decidendi della commissione di appello, che ha fondato la propria decisione sull’analisi ragionata degli atti e degli esiti del processo penale, facendo analiticamente propri, ai fini del processo tributario, gli atti e gli accertamenti compiuti dal giudice penale.

4 – Il secondo motivo è inammissibile, in quanto mira a ripercorrere il ragionamento decisorio in fatto (come osserva il controricorrente) compiuto dal giudice del merito.

Si osserva preliminarmente come sia stato del tutto genericamente prospettato il giudizio di decisività delle circostanze (secondo cui gli elementi dedotti e, in particolare, il fatto che la documentazione relativa ai servizi svolti nei confronti del fornitore fosse allegata alle fatture attive, dimostrerebbero che i costi non sono stati sopportati dal contribuente), riguardo alle quali è agevole osservare – come condivisibilmente ritiene il Pubblico Ministero – che l’allegazione alle fatture attive dei costi sostenuti dal contribuente nei confronti del fornitore erano strumentali ad ottenerne il rimborso (ribaltamento) dai propri clienti al fine di coprire il costo che questi aveva sostenuto nei confronti del fornitore in base al contratto di appalto.

Ma ciò che più rileva è che il ricorrente intende escludere, attraverso l’esame di tali fatti storici, il giudizio in fatto relativo all’inerenza dei costi di cui alle undici fatture oggetto di causa rispetto all’attività di impresa. Così operando, il ricorrente intende ripercorrere il giudizio in fatto effettuato dalla CTR, che ha – invero – proceduto ad accertare come esistenti le prestazioni, sulla base dell’analisi degli elementi acquisiti nel processo penale (come ribadito dal controricorrente), procedendo anche all’incrocio delle fatture emesse con la documentazione contabile del contribuente e individuando un nesso sia con le prestazioni rese dal fornitore, sia con le fatture attive emesse dal contribuente nei confronti dei clienti finali e, quindi, con l’attività di impresa del contribuente, attesa l’accertata sinergia commerciale con il fornitore.

5 – Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 10.300,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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