Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1897 del 29/01/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 1897 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: SALVAGO SALVATORE

Data pubblicazione: 29/01/2014

SENTENZA

sul ricorso 31021-2007 proposto da:
R.F.I. – RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., già
FERROVIE DELLO STATO SOCIETA’ DI TRASPORTI E
SERVIZI

PER AZIONI,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,
2013
1800

presso il dott. GREZ GIANMARCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato CARULLO ANTONIO, giusta
procura a margine del ricorso; –

0/1 00 “~
– ricorrente –

1

contro

CONSORZIO ZONE IMPRENDITORIALI PROVINCIA DI ANCONA
– ZIPA;
– intimato –

sul ricorso 31470-2007 proposto da:

– ZIPA (C.F. 80004170421), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2,
presso l’avvocato CLARIZIA ANGELO, rappresentato e
difeso dall’avvocato LUCCHETTI ALBERTO, giusta
procura speciale per Notaio dott. LUIGI OLMI di
ANCONA – Rep.n. 1012 del 3.12.2007;
– controrícorrente e ricorrente incidentale contro

R.F.I. – RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., già
FERROVIE DELLO STATO SOCIETA’ DI TRASPORTI E
SERVIZI

PER AZIONI,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente

CONSORZIO ZONE IMPRENDITORIALI PROVINCIA DI ANCONA

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,
presso il dott. GREZ GIANMARCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato CARULLO ANTONIO, giusta
procura a margine del controricorso al ricorso
incidentale;
– controricorrente al ricorso incidentale –

2

sul ricorso 2597-2008 proposto da:
CONSORZIO ZONE IMPRENDITORIALI PROVINCIA DI ANCONA
– ZIPA (C.F. 80004170421), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2,

presso l’avvocato CLARIZIA ANGELO, rappresentato e
difeso dall’avvocato LUCCHETTI ALBERTO, giusta
procura a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

R.F.I. – RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1072/2006 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/11/2013 dal Consigliere
Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito,

per la ricorrente,

l’Avvocato VENTURA

COSTANTINO, con delega avv. CARULLO,

che si

riporta;
udito,

per

il

controricorrente e ricorrente

incidentale Consorzio, l’Avvocato LUCCHETTI
ALESSANDRO, con delega avv. LUCCHETTI ALBERTO, che
ha chiesto l’inammissibilità;

3

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale della R.F.I.,
accoglimento per quanto di ragione del ricorso del

CONSORZIO.

4

Svolgimento del processo
Dopo che la Corte di appello di Ancona con sentenza
definitiva del 10 novembre 1989 aveva liquidato al
Consorzio Zone imprenditoriali provincia di Ancona (ZIPA)
le indennità per l’occupazione temporanea in data

5

settembre 1974,e l’espropriazione in data 23 settembre
1976,da parte dell’Azienda autonoma FS,di alcuni terreni
ubicati nella zona industriale del porto di Ancona,questa
Corte con sentenza

3769 del 1995 cassò detta decisione e

quelle non definitive, rinviando alla Corte di appello di
Bologna per una nuova determinazione conforme ai criteri
nelle more introdotti dall’art.5 bis legge 359/1992.
Con

sentenza

del

18

ottobre

2006,1a

Corte di

appello,rinnovata la consulenza tecnica e qualificati i
terreni edificatori,ha rideterminato le indennità in
.

e

617.525 (quella di espropriazione) ed in E 73.801,39
l’indennità di occupazione,includendo nella prima il valore
di un relitto (£.225.667.920) provocato dall’espropriazione
e divenuto inutilizzabile:recependo il prezzo di mercato
del terreno calcolato dal c.t.u. in £.18.880 mq. ed
applicando il criterio di stima riduttivo di cui al
menzionato art.5 bis.
Per la cassazione della sentenza il Consorzio ZIPA ha
proposto

ricorso

per

8

motivi;

cui

resiste

con

controricorso la s.p.a. RFI nelle more subentrata alla
5

s.p.a. Ferrovie dello Stato;la quale ha formulato a sua
volta ricorso incidentale per due motivi.Ha replicato lo
Zipa,riproponendo,con nuovo ricorso incidentale le
doglianze di quello principale.
Motivi della decisione

Con i primi tre motivi del ricorso principale,i1 Consorzio
ZIPA,deducendo violazione degli art.39 legge
2359/1865,42Costit.;1 Prot.1 All. Convenzione Edu,5 bis
legge 359/1992 censura la sentenza impugnata per avere
determinato le indennità di espropriazione e di occupazione
temporanea con il criterio riduttivo di cui al menzionato
art.5 bis ritenuto dalla Corte Edu incompatibile con i
precetti della Convenzione relativi all’ingerenza nella
proprietà privata;e d’altra parte dichiarato
costituzionalmente illegittimo dalla nota decisione
348/2007 della Corte Costituzionale con la conseguenza che
entrambi gli indennizzi andavano calcolati con riferimento
al valore venale pieno dei terreni espropriati.
Queste doglianze sono fondate.
Entrambe le indennità, infatti sono state calcolate con il
criterio riduttivo introdotto dall’art.5 bis della legge
359/1992,come stabilito dalla decisione di rinvio 3769/2005
di questa Corte.
Sennonchè, nelle more del giudizio la Corte Costituzionale
con

sentenza

24

ottobre

2007

n.348,ha

dichiarato
6

l’illegittimità costituzionale del il criterio riduttivo
introdotto dal l ° e 2 ° comma dell’art.5 bis della legge 359
del 1992 per il calcolo dell’indennità di esproprio per le
aree edificabili detta norma (ed in via consequenziale dei
commi l ° e 2 ° dell’art.37 d.p.r. 327 del 2001),per

contrasto con l’art.117 Costit.;sicchè essa,come ha
rilevato la stessa Consulta, “non potrà avere più
applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della
presente sentenza”. E dallo stesso giorno non è più
possibile applicare il meccanismo riduttivo che dette
disposizioni avevano introdotto,e che prevedeva la
riduzione del 40% invocata dal comune,a meno dell’ipotesi
qui non ricorrente che il rapporto non sia ormai esaurito
in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o
per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento

collega il consolidamento del rapporto medesimo.
Pertanto,una
riduttivo

volta espunto dall’ordinamento il criterio
suddetto,secondo

l’ormai

consolidata

giurisprudenza di questa Corte,torna nuovamente
applicabile il criterio generale dell’indennizzo pari al
valore venale del bene, fissato dall’art. 39 della legge 25
giugno 1865, n. 2359, che è l’unico criterio ancora vigente
rinvenibile nell’ordinamento, e per di più non stabilito
per singole e specifiche fattispecie espropriative, ma
destinato a funzionare in linea generale in ogni ipotesi o
7

tipo di espropriazione salvo che un’apposita norma
provvedesse diversamente. E che quindi nel caso concreto si
presenta idoneo ad essere applicato, riespandendo la sua
efficacia per colmare il vuoto prodotto nell’ordinamento
dall’espunzione del criterio dichiarato incostituzionale

anche per la sua corrispondenza con la riparazione
integrale in rapporto ragionevole con il valore venale del
bene garantita dall’art.1 del Protocollo allegato alla
Convenzione europea,nell’interpretazione offerta dalla
Corte

EDU

(Cass.9321/2008;9245/2008;8384/2008;

7258/2008;26275/2007).
Resta assorbito l’ottavo motivo inerente alla decurtazione
del 40% eseguita dalla sentenza in applicazione del
criterio dichiarato incostituzionale.
Con il quarto motivo,i1 Consorzio,deducendo violazione
degli art.39 e 40 legge 2359/1865,nonché di fetti di
motivazione,censura la sentenza impugnata per avere,da un
lato dichiarato prioritario il metodo sintetico comparativo
a preferenza di quelli utilizzati dal proprio
consulente,tutti convergenti nell’attribuire al terreno
valori più elevati;e dall’altro fatto riferimento a dati di
comparazione non rappresentativi,perché inerenti ad
immobili assai distanti da quelli espropriati ed aventi
caratteristiche del tutto diverse nonché di minor pregio.

8

Con il quinto,deducendo altri vizi di motivazione,torna a
contrapporre alla stima compiuta dal c.t.u. quella più

/

elevata del proprio consulente,perché fondata su tre
criteri diversi

pervenuti a valori di più elevata

affidabilità;e si duole che la sentenza nessuna motivazione

abbia speso per esplicitare le ragioni per le quali nessuno
di detti valori è stato recepito.
Le censure sono in parte inammissibili ed in parte
infondate.
Dopo l’entrata in vigore dell’art. 5 bis della legge 359
del 1992, la determinazione del valore del fondo può
avvenire sia con metodi analitico-ricostruttivi, tesi ad
accertarne il valore di trasferimento; sia con metodi
sintetico-comparativi, volti invece a desumerne
dall’analisi del mercato il valore commerciale attraverso
il riferimento alle aree omogenee”
(Cass.12771/2007;1161/2007). Da qui la regola conclusiva
oggi non più contestata, che “rientra tra i compiti del
giudice di merito,stabilire (anche in base alle
indicazioni del consulente tecnico d’ufficio) se sussistono
gli elementi occorrenti per la ricerca del presumibile
valore comparativo dell’area;e se privilegiare quest’ultimo
metodo, ovvero i criteri di stima c.d. analiticiricostruttivi,o ancora metodi diversi da questi” (Cass.
9312/2006;4885/2006;2034/2005;Corte Costit. 305/ 2003).
9

Nella fattispecie la Corte d’appello ha dapprima constatato
che il valore dei terreni come accertato dal primo c.t.

r

(nella misura di 9.500 mq.) sulla base dei costi di
costruzione di alcune opere come forniti dallo stesso
Consorzio erano inadeguati;per cui ha scelto il metodo

sintetico-comparativo seguito dal secondo c.t. proprio per
aver ritenuto che tramite esso, il risultato fosse da un
lato più favorevole al Consorzio espropriato (£.12.000
mq.);e dall’altro più adeguato e congruo con riferimento ai
dati di comparazione utilizzati. Non ha infine mancato di
verificarne i risultati attraverso altro criterio analitico
fondato sul costo dell’opera (pag.20),così pervenendo al
più elevato valore di £.18.880 mq.;per cui le censure del
Consorzio a tale motivato accertamento risultano
inammissibili laddove si concretano nell’addebitare
genericamente alla sentenza di avere utilizzato elementi di
raffronto non omogenei perché tratti da terreni diversi e
di minor pregio,senza indicare le ragioni di tale
valutazione:peraltro non ricavabili neppure dal rinvio ad
imprecisati documenti prodotti nel giudizio di merito,i1
cui esame è precluso alla Corte di legittimità.
Né la sentenza impugnata dopo aver logicamente e
congruamente motivato i valori accertati aveva l’obbligo di
confutare quelli proposti dal c.t.p. o comunque di
specificare le ragioni che l’avevano indotta a privilegiare
10

quelli recepiti e proposti dal proprio consulente:essendo
sufficiente al riguardo aver rimarcato l’inconsistenza del
criterio di stima del consulente del Consorzio che aveva
utilizzato valori di immobili contestuali all’epoca della
consulenza,per poi devalutarli (in base ai dati forniti
fino

all’anno

1976,epoca

del

decreto

dall’ISTAT)

ablativo:in palese contrasto con la giurisprudenza di
questa Corte,la quale ha ripetutamente evidenziato siffatto
errore

di

utilizzare

parametri

aventi

tutt’altra

funzione,posto che il mercato immobiliare risente, invece,
di variabili macroeconomiche diverse dalla fluttuazione
della moneta nel tempo, anche se a questa parzialmente
legate, e di condizioni microeconomiche dettate dallo
sviluppo edilizio di una determinata zona, e queste sono
completamente avulse dal valore della moneta. E che
l’andamento del mercato immobiliare, dunque, non può essere
ricostruito in base alle modificazioni nel tempo del valore
della moneta, ma richiede un’indagine specifica nel
settore, anche perché gli indici Istat riflettono le
variazioni dei prezzi al consumo, ma non tengono conto
delle

quotazioni

di

mercato

degli

immobili

(Cass.14031/2000;8706/2006;24857/2006; 3189/2008).
Con il sesto motivo il Consorzio,deducendo violazione degli
art.39 e 40 legge 2359/1865,

5 bis legge 359 del

1992,nonché difetti di motivazione,si duole che la sentenza
11

impugnata dopo aver riconosciuto il deprezzamento della
porzione residua di sua proprietà perché di fatto
interclusa e ridotta ad un relitto,l’abbia poi indennizzata
con l’incostituzionale criterio dell’art.5 bis,in luogo di
adottare il valore pieno dell’immobile. E che d’altra parte
sia stata applicata una ulteriore riduzione del 25% per la

porzione prospiciente ad una strada perché inclusa
nell’asserita fascia di rispetto provocata dalla stessa
espropriazione. Laddove anche tale riduzione è risultata
arbitraria in considerazione dell’accertata
inutilizzabilità totale del relitto,che andava dunque
compensato con il suo intero valore venale.
Anche questo motivo è in parte inammissibile ed in parte
infondato.
Il Consorzio sembra,infatti,non aver compreso il contenuto
al riguardo della sentenza impugnata, che è di totale
accoglimento della sua richiesta di conseguire l’indennizzo
per la diminuzione di valore del fondo residuo ex art.40
cod. civ.:peraltro attribuito nella consistenza massima
ipotizzata dalla norma per avere la Corte di merito
ritenuto che trattavasi di un relitto divenuto in
conseguenza dell’espropriazione assolutamente
inutilizzabile.
E’ stata poi puntualmente applicata la giurisprudenza di
questa Corte anche con riguardo ai criteri di computo della
12

indennità nell’ipotesi di espropriazione parziale che può

í2

essere determinata non solo in base al parametro previsto
dal menzionato art. 40

della differenza tra il valore

dell’immobile nella sua originaria consistenza prima
dell’espropriazione e quello della parte residua dopo
l’espropriazione, risultante dalla perdita o separazione

.

della porzione espropriata, ma anche attraverso quelli del
tutto equivalenti, della somma del valore venale della
parte espropriata e del minor valore della parte residua
oppure attraverso il computo delle singole perdite; ovvero
aggiungendo al valore dell’area espropriata quello delle
spese e degli oneri che, incidendo sulla parte residua, ne
riducano il valore o mediante altri parametri equivalenti
(Cass.10217/2009; 26216/2005;15359/2000).
La sentenza impugnata ha prescelto il secondo di questi
criteri, avendo aggiunto al valore della porzione
espropriata (di cui si è detto nell’esaminare i primi tre
motivi) quello intero dell’area residua (e non quello
dimidiato in base al criterio riduttivo dell’art.5 bis)
estesa mq. 15.937,ammontante a complessive
£.225.667.920,che ne rappresentano dunque il prezzo in
comune commercio alla data del decreto di esproprio (art.39
legge 2359).
Vero è che tale risultato è stato raggiunto apportando una
decurtazione del 25% sul valore di £.18.880 mq. Per essere
13

detta porzione inclusa (quanto meno in parte) nella fascia
di rispetto stradale. Sennonchè detta circostanza è stata
confermata dal Consorzio che l’ha descritta in base ai
rilievi del proprio consulente rilevando “che trattavasi di
una striscia dalla larghezza media di 16 metri localizzata

lungo il confine a lato mare della superficie espropriata,e
la strada principale di penetrazione”. Per cui a nulla
rileva l’origine di quest’ultima una volta che la ZIPA non
ha contestato che si trattasse di una strada pubblica in
relazione alla quale, fin dalla legge urbanistica 1150 del
1942,art.41 septies, vige l’obbligo per le proprietà
confinanti di lasciare una fascia di rispetto:che la stessa
legge ha sempre dichiarato assolutamente inedificabile
(Cass.8121/2009;18544/2006; 21092/2005; 11764/2001; Corte
Costit. 133/1971;79/1971; 63/1970).
Pertanto l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale è
semmai quello di non avere distinto la porzione ubicata
all’interno della fascia di rispetto suddetta dalle
altre,questa valutando come area non edificatoria e quindi
in base ad un prezzo di mercato assai più ridotto e
sfavorevole al ricorrente di quello utilizzato dalla
decisione sull’erroneo presupposto che anche l’area
suddetta dovesse beneficiare della valutazione di quelle
con destinazione legale edificatoria;ed il Consorzio sotto
tale profilo difetta di interesse ad impugnare la
14

statuizione, non avendo neppure prospettato che con la
decurtazione operata la Corte di appello sia pervenuta ad
una valutazione addirittura inferiore a quella cui avrebbe
condotto la corretta applicazione del criterio della
ricognizione legale del relitto stabilita dal 3 ° comma

dell’art.5 bis.
Con il settimo motivo,i1 Consorzio,deducendo violazione
dell’art.1224 cod. civ. lamenta che la decisione di appello
abbia applicato la rivalutazione monetaria del proprio
credito erroneamente determinato in base al criterio
riduttivo dell’art.5 bis invece che a quello corretto del
valore venale del terreno ai sensi dell’art.39 legge
2359/1865,
Per converso RFI con il primo motivo del ricorso
incidentale,deducendo violazione dell’art.394 cod.proc.
civ. censura la sentenza per avere fondato il diritto della
controparte a percepire anche il danno da svalutazione
monetaria sul giudicato interno costituito dalla decisione
di rinvio della Cassazione 3769/2005;che invece si era
limitata a dichiarare assorbita la questione data la natura
accessoria della rivalutazione in relazione al credito
indennitario ancora sub iudice,devolvendone la risoluzione
proprio al giudice di rinvio.
Con il secondo motivo,deducendo violazione degli art.1218 e
1224 cod. civ. si duole che la sentenza abbia compiuto la
15

relativa valutazione applicando il tasso complessivo del
12% annuo,da considerarsi usuraio anche al lume delle
disposizioni della legge 108/1996:perciò senza attenersi ai
limiti nonché ai saggi di interesse indicati dall’art.2 di
detta legge.

Questa

Corte,infatti,con

la menzionata

sentenza

Le censure vanno accolte nei limiti che seguono.
di

rinvio,decidendo sul terzo motivo del ricorso del Consorzio
relativo ai criteri di calcolo utilizzati dalla Corte di
appello per determinare la svalutazione monetaria delle
indennità liquidate ha dichiarato la censura assorbita
“trattandosi di questione che involge l’accessorio di un
credito non ancora definito”;per cui il giudicato si era
formato esclusivamente sul diritto della ZIPA a percepire
il danno da svalutazione (ove realmente esistente e
documentato);mentre sui criteri da recepire per compierne
la liquidazione nessun giudicato poteva essersi formato per
averne la Corte espressamente devoluto la scelta unitamente
all’intera questione della ricorrenza di detto accessorio
al giudice di rinvio. Il quale, conseguentemente,
essendogli stata puntualmente riproposta la questione dal
Consorzio non poteva attribuire all’ente detto danno nella
misura del 12% comprensivo degli interessi legali sulla
indennità di espropriazione per essersi formato il
giudicato sull’analoga statuizione conseguente al primo
16

giudizio di merito,posto che proprio detta rivalutazione
aveva costituito oggetto del ricorso e della pronuncia di
assorbimento con il mandato di cui si è detto al giudice di
rinvio;e soprattutto perché RFI aveva contestato la
determinazione del credito (principale) indennitario e la

Corte di legittimità aveva accolto le censure rimettendone
la determinazione nuovamente alla Corte di appello:perciò
trovando applicazione proprio il principio enunciato da
Cass.3769/05 che il credito accessorio poteva essere
esaminato e definito in ogni suo aspetto soltanto dopo la
corretta applicazione di quello principale.
Ed allora la relativa questione dovrà essere riesaminata in
radice dalla Corte del nuovo rinvio dopo avere provveduto
alla stima dell’indennità di espropriazione ed in
conseguenza di essa,nonché tenendo in debito conto gli
acconti che RFI dimostri di avere già corrisposto:altresì
attenendosi ai principi enunciati dalle Sezioni Unite di
questa Corte ed ormai del tutto consolidati, che nel caso
di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il
maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod.
civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i
casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento
netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a
dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi
legali. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del
17

maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne /17′
sia la qualità soggettiva o l’attività svolta (e quindi
tanto nel caso di imprenditore, quanto nel caso di
pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il

danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto
saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di
provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio
(anche per via presuntiva: Cass.sez.un. 19499/2008).
Cassata pertanto la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti,i1 giudizio va rinviato alla Corte di
appello di Ancona che si atterrà ai principi esposti e
provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio
di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,accoglie i primi tre motivi del ricorso
principale,nonché i primi due dell’incidentale,rigetta il
quarto,quinto e sesto del principale,assorbiti tutti gli
altri,cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla
Corte di appello di Ancona,in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2013.

creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior

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