Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1897 del 27/01/2011

Cassazione civile sez. II, 27/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 27/01/2011), n.1897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8430-2005 proposto da:

H.J. (OMISSIS) già Proprietario del MASO FELDER,

HU.JO. (OMISSIS) nella qualità di proprietario del

MASO PACHER, H.W. (OMISSIS) quale nuovo

proprietario del MASO PACHER, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

A GRAMSCI 36, presso lo studio dell’avvocato TOTINO CARLO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DRAGOGNA SERGIO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di VARNA (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore

sig. S.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO

DEL GRAPPA 24, presso lo studio dell’avvocato COSTA MICHELE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZOCCHI ALBERTO;

– controricorrente –

sul ricorso 9120-2006 proposto da:

H.J. NQ GIA’ PROPRIETARIO MASO FELDER, H.W.,

H.J. NQ PROPRIETARIO MASO PACHER, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA A. GRAMSCI 36, presso lo studio dell’avvocato TOTINO

CARLO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati DRAGOGNA

SERGIO, CALO’ MAURIZIO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VARNA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso lo studio

dell’avvocato COSTA MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ZOCCHI ALBERTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza non dep. n. 155/2004 della CORTE D’APPELLO di

TRENTO sezione distaccata di BOLZANO, depositata il 02/08/2004 e la

sent. dep. n. 112/05 del 17/5/05;

Preliminarmente il Presidente fa presente che manca la rinuncia della

parte H.J. nato nel (OMISSIS);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato CALO’ Maurizio difensore dei ricorrenti che si

rimette sulla questione preliminare esposta dal Presidente e

successivamente chiede di riportarsi agli atti e chiede rinvio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI NICOLA che ha concluso per la cessione della materia del

contendere per carenza di interesse per la parte dante causa.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1.10.1997 il Comune di Varna convenne H. J., nato il (OMISSIS), proprietario del Maso Pacher in (OMISSIS) e H.J. nato il (OMISSIS), proprietario del Maso Felder in (OMISSIS), davanti al Tribunale di Bolzano, per domandare in via principale che fosse accertato che aveva acquistato il diritto di proprietà del sedime dei tratti di strada della via Pacher insediata tanto sulla p.f. 205/2 in P.T. 5/1 del Comune di Novacella, di proprietà del secondo convenuto quanto sulle pp.ff. 210/1 e 211/1 in P.T. 15/1 del medesimo Comune catastale di proprietà del primo convenuto e che, previa delimitazione delle aree oggetto dell’accertando diritto di proprietà e formazione del tipo di frazionamento, fosse ordinata l’esecuzione delle consequenziali operazioni tavolari; in via subordinata che fosse accertata servitù di uso pubblico di passo e transito a carico dei medesimi immobili con le occorrenti disposizioni per la tavolazione.

Precisò, tra l’altro, che da sempre i proprietari dei fondi situati a monte dei masi Felder e Pacher avevano utilizzato la via Pacher ed anche i cittadini della zona urbanizzata a monte del maso Pacher; che verso la fine degli anni 50 esso Comune aveva esteso gli interventi di sistemazione della rete viaria alla via Pacher dopo che i proprietari dei masi in questione, con apposita dichiarazione integrante la dicatio ad patriam, avevano consentito l’utilizzazione quale strada comunale, con la costituzione di un diritto di uso pubblico ed, in ogni caso si era dato luogo ad una occupazione acquisitiva.

I convenuti resistettero ed il Tribunale di Bolzano, con sentenza 289/03, rigettò le domande, dichiarando l’inesistenza di servitù di pubblico transito con condanna del Comune ad astenersi da molestie, con compensazione delle spese. Propose appello il Comune, resistettero i convenuti e H.W., nella veste di successore a titolo particolare del maso Felder, proponendo appello incidentale e la Corte di appello di Trento, sezione di Bolzano, con sentenza non definitiva 155/04, accolse parzialmente l’appello dichiarando che a favore del Comune e limitatamente alle porzioni occupate dal sedime si era costituita, in virtù di perfezionata dicatio ad patriam, servitù di uso pubblico, con i conseguenti provvedimenti. La Corte territoriale richiamò la dichiarazione che consentiva l’uso della strada come pubblica via comunale, evidenziò l’interesse dei sottoscrittori alla sistemazione della strada a spese del Comune, rilevò che nonostante il disconoscimento del contenuto e delle sottoscrizioni, H.J. (OMISSIS), nell’interrogatorio formale aveva ammesso la sottoscrizione mentre, quanto alla posizione di H.J. (OMISSIS), era dimostrata la sottoscrizione di H. J. senior nato tra il (OMISSIS), nonostante i dubbi del ctu.

Era pacifica la destinazione a pubblico servizio risalente al 1960 (pagina trentadue).

Avverso questa decisione proposero ricorso gli H. con due motivi variamente articolati e successivo motivo aggiunto, con memoria notificata e produzione di documenti, resistette il Comune.

Con sentenza definitiva 112/2005 la Corte di appello dichiarò che la servitù di uso pubblico a piedi e con veicoli costituitasi a favore del Comune è venuta a gravare i predetti fondi in corrispondenza delle superfici evidenziate nella planimetria elaborata dal ctu e compensò le spese.

Avverso questa decisione proposero ricorso gli H. con quattro motivi e relativi quesiti di diritto, resistette il Comune.

Alla udienza del 16 giugno 2010 è stata disposto il rinvio del primo procedimento per la trattazione congiunta col secondo a seguito di istanza congiunta.

In entrambi i giudizi i ricorrenti hanno prodotto memorie notificate, con deposito di documenti, e, successivamente, H.J., nato a (OMISSIS) ed H.W. atti di rinuncia con accettazione del Comune.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Mancando agli atti la rinuncia di H.J., nato nel (OMISSIS) si impone la decisione della lite.

Preliminarmente va disposta la riunione dei due procedimenti. Col primo motivo del ricorso avverso la sentenza non definitiva si denunzia violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, artt. 115 e 116 c.p.c. per motivazione travisata, perplessa e contrastante con la ctu in relazione alla contestata sottoscrizione di H.J. senior e non vantando all’epoca – 1959 – H.J. (OMISSIS) nessun titolo a disporne, essendo divenuto proprietario del maso nel 1973 mentre nel 1959 vi era una comunione ereditaria indivisa.

Col secondo motivo si deducono violazione delle stesse norme, dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e vizi di motivazione in ordine al riconoscimento della servitù, disattendendo ogni tesi contraria e l’assenza di una volontà certa ed univoca di mettere a disposizione di una collettività indeterminata di persone in modo continuativo la strada. Col motivo aggiunto si deduce violazione dell’art. 8 preleggi e art. 12 preleggi, n. 2 e dello jus superveniens di cui alla Legge Provinciale n. 8 del 2005, art. 9, che richiede per la costituzione della servitù di uso pubblico l’atto pubblico o atto scritto davanti al segretario comunale.

Osserva, in via preliminare, la Corte che nell’ordinamento processuale civilistico, a differenza di quanto avviene nel sistema penale ed in quello amministrativo, non possono essere proposti motivi aggiunti, stante il principio di unitarietà dell’impugnazione, per cui la relativa deduzione può valere solo al fine di valutare l’applicazione dello jus superveniens ed in particolare la retroattività della intervenuta legge provinciale.

La dedotta inidoneità della scrittura a determinare una volontà certa ed univoca di mettere a disposizione di una determinata collettività in modo continuativo un immobile renderebbe superflua qualsiasi indagine sulla autenticità ed, invero, l’espressione “si dichiarano disposti a consentire l’uso di detta strada come pubblica via comunale” non è indicativa di una definitiva ed irreversibile volontà di accettare anche le conseguenze della intavolazione, nonostante i vantaggi della predisposizione delle opere da parte del Comune.

Resta, tuttavia, non censurata la pacifica situazione di fatto risalente agli anni 60 del libero transito senza opposizione, nonostante la formale intestazione tavolare del sedime.

In simili situazioni si è prospettata la presunzione di demanialità della strada aperta al pubblico transito e si è escluso l’uso pubblico quando il passaggio sia stato esercitato solo dai proprietari di determinati fondi mentre nella ipotesi di pubblico transito pedonale e carraio e di manutenzione a spese del Comune tali dati di fatto sono stati ritenuti indice della dicatio ad patriam, con la conseguenza che anche un’area privata può essere assoggettata ad uso pubblico di transito quando l’uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, id est quali titolari di un pubblico interesse di carattere generale e non uti singuli, id est quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato, ovvero quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l’asservimento del bene all’uso pubblico di una comunità indeterminata di soggetti considerati sempre uti cives. (cfr, ex plurimis S.U. Ord. 27366/09, Cass. 21231/09 sia pure con affermazioni incidentali in relazione ad altri profili esaminati). In particolare si è statuito che la costituzione di una servitù di uso pubblico per “dicatio ad patriam” presuppone un comportamento del proprietario che, seppur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità, un proprio bene a disposizione della collettività, assoggettandolo al relativo uso. (Cass. 3742/2007, 12167/2002, 748/2001).

La dicatio ad patriam costituisce uno dei modi di costituzione della servitù di uso pubblico su un bene privato che il proprietario mette a disposizione della collettività per fini pubblici, con un comportamento univocamente concludente (Cass. 17037/2007, 21046/2007), senza che occorra atto negoziale od ablatorio (Cass. 3075/2006), essendo implicito l’atto di volontà (Cass. 20153/2006).

In senso conforme Cass. 27567/2005 che richiama Cass. 12167/2002, 6924/2001 e 15111/2000, quest’ultima sulla volontarietà del comportamento anche quando il privato, con il non far cessare l’uso pubblico, manifesta per facta concludentia l’intenzione di mantenere la cosa a disposizione della collettività. Ne deriva l’irrilevanza della intervenuta legge provinciale che, oltre a disporre per il futuro, non può incidere su situazioni di fatto consolidate che, a prescindere dalla disciplina specifica della intavolazione, legittimano l’accoglimento della domanda del Comune nei termini indicati dalla Corte di appello. Donde il rigetto del ricorso.

Le considerazioni sopra esposte consentono di ritenere infondato anche il secondo ricorso che pur impugnando una sentenza, limitata a definire, in esito al gravame del Comune, il preciso andamento e la configurazione dei tratti della via Pacher gravati dalla servitù, denunzia col primo motivo la violazione delle preleggi e dello jus superveniens, per aver dichiarato l’esistenza di una servitù sulla base di semplice scrittura privata, riproponendo le censure già respinte con l’esame del primo ricorso. In ogni caso va data risposta negativa per quanto dedotto al quesito formulato circa l’applicazione della Legge Provinciale n. 8 del 2005, art. 9.

Col secondo motivo si deducono violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizi di motivazione sempre in riferimento alla contestazione della scrittura privata e si conclude col quesito circa l’obbligo del giudice di motivare il proprio dissenso rispetto alle conclusioni del ctu, la cui risposta non è risolutiva, per quanto già dedotto, posto che, a prescindere dalla idoneità della scrittura, non è stata censurata la statuizione sulla situazione di fatto risalente agli anni 60.

Col terzo motivo si deducono violazione degli artt. 115 e 116 e vizi di motivazione in ordine alla valutazione delle testimonianze, in particolare circa i lavori effettuati dal Comune nel 1959-1960, censura in realtà riferibile alla sentenza non definitiva e che si conclude con un quesito generico.

Col quarto motivo si lamentano vizi di motivazione per avere la sentenza riconosciuto al Comune la servitù nonostante l’interruzione in due tronconi chiedendo a questa Corte di accertare che concreta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 sia stata posta in essere, deduzione inammissibile.

Ciò premesso vanno dichiarati estinti per rinunzia, a seguiti di intervenuta transazione, i ricorsi proposti da H.J., nato nel (OMISSIS), e H.W. mentre vanno rigettati quelli proposti da H.J., nato nel (OMISSIS).

Si ritiene di dover compensare le spese posto che H.J., nato il (OMISSIS), non ha più sostanziale interesse alla lite mentre tra le altre parti si è convenuta espressamente detta compensazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara estinti quelli proposti da H.I., nato nel (OMISSIS) e H.W. per rinunzia, rigetta quelli proposti da H.J., nato il (OMISSIS), e compensale spese.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2011

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