Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1897 del 25/01/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 1 Num. 1897 Anno 2018
Presidente: GIANCOLA MARIA CRISTINA
Relatore: DI MARZIO PAOLO

finanziamento — Occupazione
di terreni — Natura — Ristoro
del pregiudizio.

Maria Cristina Giancola

Presidente –

Maria Giovanna Sambito

Consigliere –

Antonio Valitutti

Consigliere –

Marco Marulli

Consigliere –

Paolo Di Marzio

Consigliere rel. est.

R.G.N. 27732/2013

Rep.
Cam. Cons. 6.7.2017

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27732/2013 R.G., proposto da
Raniero Donato, in proprio e quale erede di Grazia Anna Marangolo,
rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto Staiti, del Foro di Messina, giusta
mandato in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv. Benedetto Gargani, al viale di Villa Grazioli n. 15 in Roma;

ricorrente

nei confronti di
Massimo Donato, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del
ricorso, dall’Avv. Nicola Siracusano, ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’Avv. Ivan Marrapodi, alla via Premuda n. 6 in Roma:
— ricorrente incidentale

Och

.

e contro

Data pubblicazione: 25/01/2018

Comune di Milazzo, in persona del Sindaco, legale rappresentante protempore, rappresentato e difeso, giusta procura a margine della memoria ex
art. 380bis cod. proc. civ., dall’ Avv.to Leopoldo D’Amico, ed
elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Antonino Lo Duca, alla
via Giorgio Scalia n. 6, int. 14, in Roma;

controricorrente

avverso la sentenza n. 602/12 pronunciata dalla Corte d’Appello di
Messina, decisa il 28.9.2012 e depositata il 17.10.2012;
lette le memorie ex art. 380b1s cod. proc. civ. depositate da Raniero Donato,
ricorrente incidentale, e dal controrieorrente Comune di Mazzo:
ascoltata la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2017 dal
Consigliere Paolo Di Marzio, osserva

FATTI DI CAUSA
Marangolo Maria Grazia, vedova di Guido Donato e scomparsa in corso di
causa, nonché i figli suoi coeredi: Massimo Donato e Raniero Donato,
convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto
(ME), con atto notificato il 12.3.1997, il Comune di Milazzo. Esponevano
di essere proprietari di terreni che erano stati occupati dall’Ente territoriale
convenuto per realizzare un’opera pubblica: il raccordo viario da Milazzo
all’autostrada Palermo-Messina. I suoli risultavano in parte trasformati, e
per la parte residua erano stati restituiti. Domandavano allora il ristoro del
pregiudizio subito per l’irreversibile trasformazione di una porzione dei loro
terreni, intervenuta prima dell’adozione del decreto di esproprio, nonché il
riconoscimento di quanto spettante per l’occupazione, legittima o
illegittima, in relazione a tutti i terreni assoggettati a vincolo. Espletata
consulenza tecnica, il giudice di prime cure rigettava la domand
risarcitoria proposta dai proprietari espropriati, perché fondata sulla -t t
illiceità” della procedura.

7

Proponevano appello gli odierni ricorrenti, e chiarivano che, con delibera di
approvazione del progetto n. 258 del marzo 1988, era intervenuta la
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, ai sensi dell’art. 1 della legge n.
1 del 1978, e della legislazione speciale siciliana vigente, senza però
indicazione dei tempi di inizio e di fine dei lavori. Secondo gli istanti,
pertanto, l’occupazione dei terreni era risultata in ogni caso -usurpativa”,

La Corte territoriale riteneva non condivisibile la prospettazione degli
attori, rilevando che l’art. 1, della legge n. 1 del 1978, prevede in realtà un
termine fisso, triennale, entro il quale devono essere iniziati i lavori a
seguito della dichiarazione di pubblica utilità, e questo termine era stato
rispettato.
Un discorso diverso doveva poi proporsi in relazione ai termini previsti
dall’art. 13 della legge n. 2359 del 1865, liddove si dispone che il termine
iniziale e finale dei lavori devono essere resi noti, ma tale previsione deve
intendersi riferita, secondo la Corte messinese, alla fase di concreta
realizzazione dell’opera. Anche questa condizione era stata allora
soddisfatta nel caso di specie, avendo la P.A. reso noti tali termini mediante
il decreto di finanziamento del raccordo autostradale. In ogni caso, non
potevano trovare accoglimento le istanze risarcitorie proposte dagli
impugnanti, perché tra la dichiarazione di pubblica utilità, di cui era
affermata la illegittimità, e la (regolare) fissazione dei termini nel decreto di
finanziamento (8.6.1988) erano decorsi solo pochi mesi, senza che fosse
stata svolta dalla P.A. alcuna attività lesiva degli interessi dei privati
ricorrenti.
La Corte di merito non accoglieva, peraltro, neppure la domanda di
qualificare come usurpativa l’occupazione dei terreni nel lasso di tempo:
successivo alla scadenza dei termini di ultimazione dei lavori a seguito della
dichiarazione di pubblica utilità, così come di quelli fissati nella delibera di
finanziamento, ma precedente l’emissione del decreto di esproprio. Ques
perché, entro i limiti temporali conseguenti alla dichiarazione di pubblic
3

perché non fondata su alcun titolo legittimo.

utilità e fissati dal decreto di finanziamento per l’ultimazione delle opere,
era intervenuta, nel marzo del 1992, come accertato a mezzo consulenza
tecnica d’ufficio, l’irreversibile trasformazione dei terreni. 11 decreto di
esproprio era stato poi formalmente adottato con decreto del Sindaco di
Milazzo n. 9 del 14.1.1997.
In conseguenza, secondo la Corte territoriale, ricorreva un’ipotesi di

irreversibile del bene era intervenuta prima della scadenza del termine di
validità della dichiarazione di pubblica utilità.
Il ricorso in appello era perciò rigettato.
Raniero Donato ha proposto il proprio ricorso per cassazione, avverso la
decisione della Corte d’Appello di Messina, affidandosi a cinque motivi.
Massimo Donato ha proposto ricorso incidentale proponendo, a sua volta,
quattro motivi d’impugnazione. Resiste con controricorso, proposto avverso
il ricorso incidentale, il Comune di Milazzo.
Massimo Donato ed il Comune di Milazzo hanno depositato memorie ai
sensi dell’art. 380bis, cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che i ricorrenti, principale ed incidentale, hanno
proposto motivi di ricorso articolati, taluno dei quali introduce una pluralità
di contestazioni alla decisione adottata dalla Corte di merito. Non può
pertanto evitarsi di frammentare i motivi di ricorso, dividendoli
ulteriormente per esaminare le diverse critiche che essi propongono.
1.1. — Con il primo motivo il ricorrente principale critica, per intervenuta
violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., l’omessa
pronuncia della Corte d’Appello sulla contestazione proposta avverso la
decisione del Tribunale, per avere il giudice di prime cure deciso fondando
sul secondo decreto assessoriale di finanziamento, n. 235/14 del 3.3.19

4

occupazione – non usurpativa, bensì – acquisitiva, perché la trasformazione

documento che non era stato però neppure menzionato nelle difese del
Comune, e tanto meno prodotto.
1.2. — Con il secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 184 (testo vigente ratione
temporis) e 345 cod. proc. civ., il ricorrente principale critica le valutazioni

primo decreto assessoriale di finanziamento, n. 715/14 dell’8.6.1988,
sebbene il documento non fosse presente in atti. La Corte d’Appello ha
ritenuto di richiederne la produzione al Comune di Milazzo, ed ha poi
utilizzato il documento fornito dall’Ente territoriale per la decisione,
violando la vigente disciplina della prova processuale.
1.3. — Con il terzo motivo, il ricorrente principale contesta la violazione o
falsa applicazione dell’art. 13, della legge n. 1 del 1978, dell’art. 1, della
legge Regione Sicilia n. 35 del 1978, nonché dell’art. 2043 cod. civ.,
dell’art. 9 cod. proc. civ., e degli artt. 19 e 20, della legge n. 865 del 1978.
La Corte siciliana, infatti, ha erroneamente ritenuto che il decreto
assessoriale dell8.6.1988 abbia potuto sanare il vizio della dichiarazione di
pubblica utilità, che risultava pacificamente priva di indicazione dei termini
di inizio e conclusione dei lavori. Diversamente, il vizio indicato risultava
insanabile. E’ vero, infatti, che i termini in questione possono essere
indicati nel decreto assessoriale di finanziamento. ma solo qualora tale atto
sia il primo della procedura espropriativa, non essendo il decreto
suscettibile di sanare una precedente dichiarazione di pubblica utilità
radicalmente nulla.
Tanto premesso, avendo la Corte territoriale espressamente riconosciuto che

l’occupazione dei terreni, per quanto ritenuta non usurpativa, risultava
comunque di natura acquisitiva, è indubbio che il risarcimento del danno
avrebbe dovuto in ogni caso essere riconosciuto, tuttavia non era st
attribuito. Il risarcimento del danno, peraltro, doveva essere riconosc

5

operate dalla Corte di Appello per aver fondato la propria decisione sul

anche perché il decreto di esproprio è intervenuto nel gennaio 1997,
evidentemente molto tempo dopo la trasformazione irreversibile del bene,
verificatasi nel marzo dell’anno 1992.
1.4. – Con il quarto motivo del ricorso principale, l’impugnante critica la
violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per avere la

danno proposte in conseguenza dell’intervenuta occupazione dei terreni,
usurpativa o acquisitiva che la stessa debba essere qualificata. Avendo la
Corte territoriale ritenuto che la irreversibile trasformazione del bene fosse
intervenuta prima della scadenza della dichiarazione di pubblica utilità,
infatti, doveva in ogni caso essere riconosciuto il risarcimento per il danno
da occupazione acquisitiva sofferto.
1.5. – Con il quinto motivo del ricorso principale, l’impugnante critica la
violazione o falsa applicazione dell’art. 9 cod. proc. civ., per avere la Corte
di territoriale deciso che, essendo intervenuta la irreversibile trasformazione
del bene prima della scadenza della dichiarazione di pubblica utilità, si
sarebbe verificata un’ipotesi di -appropriazione acquisitiva – , dovendo
desumersi dall’argomentare della Corte siciliana che abbia ritenuto
inammissibili le domande risarcitorie introdotte, reputando proponibile, in
una simile circostanza, soltanto la procedura di opposizione alla stima.
1.6. – Con il primo motivo del proprio ricorso incidentale, Massimo Donato
contesta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per
violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 112, 115, 184, 190 e 345 del
cod. proc. civ., nonché dell’art. 2697 cod. civ., la decisione della Corte
siciliana per non aver pronunciato sull’eccezione proposta dall’esponente
ed attinente l’illegittimità del rilievo d’ufficio – operato solo in sentenza, a
seguito di indebita richiesta di produzione documentale rivolta dalla stes
Corte territoriale al Comune – che i termini di ‘ocu di cui all’

6

Corte di merito omesso di pronunciare sulle domande di risarcimento del

13, L. n. 2359 del 1865, non indicati nella dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera, sarebbero stati legittimamente fissati mediante il decreto
assessoriale di finanziamento.
1.7. — Con il secondo motivo il ricorrente incidentale, argomentando ai
sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa

della legge Regione Sicilia n. 35 del 1978, critica la Corte territoriale
perché, essendo mancata l’indicazione dei termini di cui all’art. 13. L. n.
2359 del 1865, la dichiarazione di pubblica utilità risultava radicalmente
nulla, ed era insuscettibile di sanatoria. La previsione di cui all’art. 1 della
legge Regione Sicilia n. 35 del 1978, secondo cui la dichiarazione di
pubblica utilità del bene può essere inclusa nel decreto di finanziamento,
infatti, trova applicazione nel solo caso che il decreto assessoriale sia il
primo atto della procedura espropriativa. A ritenere diversamente dovrebbe
affermarsi il vizio di costituzionalità della normativa regionale, perché solo
nella Regione Sicilia sarebbe consentito alla Pubblica Amministrazione
procedere alla dichiarazione di pubblica utilità di un’opera da realizzare,
con immediata efficacia, rinviando però la fissazione dei termini di inizio e
fine dei lavori ad un futuro decreto di finanziamento.
Il ricorrente incidentale contesta pure, al proposito, la motivazione adottata
dalla Corte d’Appello nell’affermare che, nel tempo trascorso tra la
dichiarazione di pubblica utilità ed il decreto assessoriale di finanziamento,
non avesse avuto a verificarsi un danno, perché già la individuazione
dell’area sottoposta a vincolo, in conseguenza della dichiarazione di
pubblica utilità, aveva comportato la compressione del diritto di proprietà
dei privati. Ancora, secondo il ricorrente non rileva che la trasformazione
irreversibile del bene sia intervenuta prima della scadenza della
dichiarazione di pubblica utilità perché, essendo comunque intervenu a
prima dell’adozione del decreto di esproprio, si verte comunque in ipo

7

o falsa applicazione dell’art. 13 della legge n. 1 del 1978, nonché dell’art. 1

di occupazione acquisitiva, ed il risarcimento del danno doveva in ogni caso
essere riconosciuto.
1.8. — Mediante il terzo motivo il ricorrente incidentale contesta, ai sensi
dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa
applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non avere la Corte siciliana

irreversibile trasformazione del bene prima dell’emissione del decreto di
esproprio.
1.9. — Con il quarto motivo il ricorrente incidentale critica, ai sensi dell’art.
360. comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., la decisione della Corte territoriale in
materia di spese di lite, perché il Comune, dovendosi accogliere la domanda
risarcitoria formulata, avrebbe dovuto essere condannato al pagamento delle
spese processuali.
2.1 — Il ricorrente principale contesta, con il primo motivo, che la Corte
d’Appello sarebbe incorsa in omessa pronuncia, non avendo esaminato la
contestazione relativa all’utilizzo per la decisione, da parte del giudice di
prime cure, del secondo decreto assessoriale di finanziamento, n. 235/14 del
3.3.1995.
In realtà la Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione
non il secondo, bensì il primo decreto assessoriale di finanziamento, n.
715/14 dell’8.6.1988. Ne consegue che la Corte di Messina ha di fatto
mostrato di tener conto delle contestazioni proposte dai ricorrenti,
assicurando riconoscimento alle loro ragioni. Non si rinviene pertant
alcuna lesione dell’interesse sostanziale e neppure del diritto di difesa del
impugnante, ed il motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile.

8

pronunciato sul risarcimento da riconoscersi per essere intervenuta la

2.5. – Con il quinto ed ultimo motivo del ricorso principale, l’impugnante
censura la Corte di merito la quale, osservato che la irreversibile
trasformazione del bene era comunque intervenuta prima della scadenza
della dichiarazione di pubblica utilità, verificandosi un’ipotesi di

appropriazione acquisitiva”, ha in conseguenza respinto le sue domande

risarcitorie, ritenendo proponibile, in simili circostanze, soltanto la (non

In verità la Corte territoriale ha spiegato che per qualificare l’occupazione
come usurpativa o acquisitiva, nel caso di specie. non risultava sufficiente
operare riferimento alle date in cui erano stati emessi i provvedimenti
amministrativi, ma doveva farsi riferimento (anche) ad un elemento
ulteriore e fattuale, quello della irreversibile trasformazione del bene.
Essendosi quest’ultima compiuta nel marzo del 1992, come accertato a
mezzo c.t.u., prima della scadenza della dichiarazione di pubblica utilità che sarebbe maturata il 7 giugno 1993 – -l’occupazione non può che essere
qualificata come acquisitiva in quanto si è compiutamente realizzata la
fattispecie della accessione invertita – . Non potevano perciò essere accolte le
domande di risarcimento del danno introdotte dall’odierno ricorrente,
giacché proposte in conseguenza di una prospettata occupazione usurpativa
delle aree, che però non aveva avuto a verificarsi. Il ricorrente non si è
curato di contrastare specificamente la ricordata ratto decidendi adottata
dalla Corte d’Appello, impegnandosi piuttosto ad interpretare anche quelle
valutazioni che il giudice impugnato neppure ha espresso, come la
proponibilità della sola azione di opposizione alla stima.
Il motivo di ricorso deve, in conseguenza, essere dichiarato inammissibile.

2.2 – 2.6 – Il ricorrente principale con il secondo motivo d’impugnazion
ed il ricorrente incidentale mediante il primo motivo di ricorso, contestano
che la Corte d’Appello avrebbe illegittimamente utilizzato per la decisione
il primo decreto assessoriale di finanziamento, n. 715/14 dell’8.6.1988,
sebbene non fosse presente agli atti di causa, ed il giudice avrebbe pertanto
9

azionata) procedura di opposizione alla stima.

deciso la controversia sulla base di quanto non provato dalle parti. Il
Comune afferma invece, nel suo controricorso, che la Corte territoriale si è
limitata ad ordinare l’esibizione del fascicolo di primo grado, in cui il
decreto era inserito. Si osservi che il contenuto del decreto risulta
incontestato tra le parti. Gli odierni ricorrenti, invero non riportano la
formula adottata dal giudice dell’appello nel richiedere la produzione del

valutazioni in merito.
I motivi di ricorso in questione, difettano pertanto di specificità, e devono
essere dichiarati inammissibili.
2.7. — Mediante il secondo motivo, che ricomprende più critiche, il
ricorrente incidentale sostiene, tra l’altro, che il decreto assessoriale di
finanziamento non poteva sortire effetto sanante della dichiarazione di
pubblica utilità, nulla perché emanata senza l’indicazione dei termini di
esecuzione dei lavori di realizzazione dell’opera pubblica. Vero è che la
l’art. 1 della legge Regione Sicilia n. 35 del 1978 consente, all’ultimo
comma, che la dichiarazione di pubblica utilità sia inclusa nel decreto di
finanziamento dell’opera, ma questa disciplina troverebbe applicazione sol
quando il decreto sia il primo atto della procedura espropriativa,
incorrendosi altrimenti in una violazione costituzionale. Solo in Sicilia,
infatti, sarebbe consentita la dichiarazione di pubblica utilità in assenza
dell’indicazione dei termini di inizio e fine dei lavori, che potrebbero essere
precisati con atto successivo.
In materia, questa Suprema Corte ha già avuto modo di pronunziarsi,
proponendo un orientamento condivisibile, a cui si intende pertanto
assicurare continuità, ed ha affermato che -la mancata individuazione dei
termini per la conclusione dei lavori e della procedura espropriativa (nella
specie, in materia di opere idrauliche) determina l’illegittimità ab origine
dell’occupazione d’urgenza e l’illiceità permanente dell’opera pubblica,
modo che il successivo atto contenente l’indicazione di detti termini n
10

documento, e non consentono pertanto a questa Corte di effettuare

integra una sanatoria della dichiarazione di pubblica utilità in cui siano stati
omessi, ma dà luogo ad una delibera diversa e autonoma”, Cass. sez. U,
sent. 3.3.2007, n. 7881 (cfr., anche, Cass. sez. I, sent. 4.7.2014, n. 15338).
Peraltro, l’atto successivo che provveda a rinnovare la dichiarazione di
pubblica utilità potrebbe ritenersi invalido soltanto nel caso in cui fosse
intervenuta medio tempore l’occupazione delle aree (cfr., ancora, Cass. sez.

non si è verificato. Il decreto assessoriale n. 715/14 è infatti intervenuto
1″8.6.1988, prima dell’occupazione dei terreni, ed ha espressamente operato
riferimento alla utilità pubblica dell’opera, come sottolineato dalla Corte
territoriale. Il decreto di finanziamento ha quindi sortito (anche) l’effetto di
rinnovare la dichiarazione di pubblica utilità viziata, come espressamente
consentito dall’ultimo comma dell’art. 1 della legge Regione Sicilia n. 35
del 1978.
Le indicate contestazioni sono pertanto infondate.
2.3 — 2.4 — 2.7. — 2.8. — Con il terzo ed il quarto motivo del ricorso
principale, nonché con il secondo (di cui si sono già esaminate alcune
censure) ed il terzo motivo del ricorso incidentale, i ricorrenti contestano,
tra l’altro, che la Corte d’Appello, pur avendo espressamente ritenuto
essersi verificata una ipotesi di occupazione acquisitiva, non abbia
riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per tale causa.
Emerge dalla pronuncia del giudice di prime cure, e pure dalla impugnata
decisione della Corte d’Appello, per quanto in forma assai sintetica, che gli
istanti avevano domandato il riconoscimento di ogni indennità o
risarcimento, in conseguenza del pregiudizio subito quale effetto della
perdita definitiva di alcuni suoli e della occupazione delle superfici di loro
proprietà. Avendo ritenuto che sia rimasta integrata un’ipotesi di
occupazione acquisitiva, la Corte territoriale avrebbe dovuto effettivamente
provvedere ad esaminare la domanda degli istanti volta a conseguire la
riparazione per il pregiudizio sofferto.
11

U. sent. 3.3.2007, n. 7881), evento che, nel caso di specie, pacificamente

Quanto appena osservato trova del resto conferma nella condivisibile
giurisprudenza della Sezioni Unite della Cassazione, le quali hanno
recentemente evidenziato che “in materia di espropriazione per pubblica
utilità, la necessità di interpretare il diritto interno in conformità con il
principio enunciato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui

comporta che l’illecito spossessamento del privato da parte della P.A. e
l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di
un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata
dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte
dell’Amministrazione, sicché il privato ha diritto a chiedere … il
risarcimento del danno per equivalente”, Cass. SU, sent. 19.1.2015, n.
735.
I motivi di ricorso sono pertanto fondati e devono essere accolti.

In definitiva, il primo, il secondo ed il quinto motivo del ricorso principale,
nonché il primo motivo del ricorso incidentale sono inammissibili.
Il ricorso deve essere invece accolto, negli indicati limiti di ragione, con
riferimento al terzo ed al quarto motivo del ricorso principale ed in ordine al
secondo e terzo motivo del ricorso incidentale, ed in relazione a questi la
decisione deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Messina
che, in diversa composizione, provvederà: a rinnovare il giudizio,
attenendosi ai principi innanzi esposti, ed a disciplinare le spese di lite,
anche in riferimento a quelle relative al presente grado del giudizio.
Le ulteriori contestazioni proposte dai ricorrenti, anche in materia di
governo delle spese di lite nei gradi di merito, rimangono assorbite.

P. Q. M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo del ricorso princip
proposto da Raniero Donato, ed il secondo ed il terzo motivo del ricorso

12

l’espropriazione deve sempre avvenire in “buona e debita forma”,

incidentale, proposto da Massimo Donato, nei limiti di cui in motivazione,
ed in relazione a questi cassa e rinvia la sentenza impugnata, anche per le
spese del presente grado, alla Corte d’Appello di Messina in divers^
,
composizione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA