Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1897 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 24/01/2022, (ud. 06/12/2021, dep. 24/01/2022), n.1897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11699/2015 R.G. proposto da:

P.L., rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

ricorso, dall’avv. Giuseppe Lai, ed elettivamente domiciliato presso

lo studio dell’avv. Daniele Manca Bitti, in Roma, alla via Luigi

Luciani, n. 1;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende come per legge;

– controricorrente –

avverso la ordinanza n. 21391/14 della Corte Suprema di Cassazione

depositata il 9 ottobre 2014;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6 dicembre 2021

dal Consigliere Pasqualina Anna Piera Condello;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale, Dott. Mucci Roberto, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale della Sardegna accolse l’appello di P.L. avverso la sentenza della C.T.P. di Cagliari che aveva respinto il ricorso dallo stesso proposto avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato l’omessa dichiarazione di plusvalenza realizzata a seguito di destinazione all’autoconsumo di alcuni beni immobili destinati all’esercizio di impresa, l’omessa fatturazione e registrazione della cessione di beni, l’indebita deduzione e detrazione ai fini I.V.A. di costi non di competenza e non inerenti, procedendo al recupero a tassazione di maggiori imposte ai fini Irpef, Irap e I.V.A. per l’anno 2006.

2. Avverso la decisione d’appello, l’Agenzia delle entrate propose ricorso per cassazione, per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1, e art. 12, comma 7, nonché della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21-septies oltre che per motivazione insufficiente ed illogica su fatti controversi e decisivi della causa.

3. All’esito dell’adunanza camerale del 9 luglio 2014, questa Corte, con l’ordinanza in epigrafe richiamata, accolse il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo, cassò la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigettò il ricorso originario del contribuente.

Osservò che, nel caso in esame, risultava dalla sentenza di primo grado che l’accertamento era scaturito da indagini bancarie eseguite ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 e che l’atto impositivo non era stato emesso all’esito di un accesso nei locali della parte contribuente, tanto che la stessa parte contribuente aveva potuto fornire chiarimenti in occasione del deposito della documentazione operato a seguito di invito a comparire. Ciò imponeva di escludere, secondo la Corte, che potesse operare il meccanismo di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e di ritenere che fosse stato pienamente salvaguardato il diritto al contraddittorio, come affermato dalla sentenza della Corte di giustizia resa il 3 luglio 2014 nelle cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics BV e altri. Sulla base di tali argomenti, ritenuti idonei a superare i rilievi mossi dal contribuente, cassò la sentenza impugnata e, ritenendo non necessari ulteriori accertamenti in fatto, decise la causa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

4. Contro la suddetta ordinanza P.L. ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391-bis c.p.c., con un unico motivo, ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

L’Agenzia delle entrate resiste mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In controricorso l’Agenzia delle entrate ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per revocazione perché tardivamente proposto oltre il termine di sei mesi stabilito dall’art. 327 c.p.c., come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 17.

1.1. L’eccezione pregiudiziale sollevata dalla controricorrente deve essere disattesa, dovendo trovare applicazione il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8091 del 23 aprile 2020, secondo cui “”Il termine semestrale per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, così ridotto, in sede di conversione del D.L. 31 agosto 2016, n. 168, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, si applica in relazione ai soli provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore della stessa (30 ottobre 2016), in difetto di specifica disposizione transitoria e in applicazione della regola generale di cui all’art. 11 preleggi”.

1.2. L’ordinanza impugnata in questa sede, non notificata, è stata pubblicata il 9 ottobre 2014 e, pertanto, la notificazione dell’impugnazione, effettuata nei confronti dell’Agenzia delle entrate il 5 maggio 2015, deve ritenersi tempestiva.

2. Con l’unico motivo formulato, il contribuente chiede la revocazione della ordinanza impugnata nella parte in cui ha deciso la causa nel merito ed ha omesso di rinviare ad altro giudice per nuovo esame sulle altre questioni proposte nel giudizio di merito e rimaste assorbite.

Rimarca, al riguardo, che i giudici d’appello si erano limitati a vagliare e decidere sulle sole questioni pregiudiziali sollevate, senza minimamente valutare le numerose altre eccezioni di merito formulate; di conseguenza, l’Agenzia delle entrate, proponendo il ricorso per cassazione, aveva rivolto le sue censure alle sole questioni pregiudiziali decise dai giudici di secondo grado, senza affrontare le altre questioni di merito da questi ritenute assorbite. In tale situazione, secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe dovuto decidere il merito, ma limitarsi all’annullamento con rinvio, cosicché la decisione della causa nel merito, sul presupposto che non ricorresse la necessità di ulteriori accertamenti in fatto, appare frutto di una falsa percezione della realtà processuale, ossia di una svista, obiettivamente rilevabile, che ha portato la Suprema Corte a supporre (erroneamente) l’insussistenza di circostanze impeditive di una pronuncia cd. sostitutiva.

2.1. La censura è fondata.

2.2. In linea generale è opportuno ribadire, in riferimento al giudizio di revocazione, che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, l’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, circoscrive la rilevanza e decisività dell’errore di fatto al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato.

Pertanto, la circostanza che un certo fatto non sia stato considerato dal giudice non implica necessariamente che quel fatto sia stato espressamente negato nella sua materiale esistenza (potendo invece esserne stata implicitamente negata la rilevanza giuridica ai fini del giudizio), perché altrimenti si ricondurrebbe all’ambito del giudizio per revocazione, piuttosto che nell’ordinario giudizio di impugnazione, ogni fatto non espressamente considerato nella motivazione giudiziale, tanto più che l’art. 111 Cost. non impone di prevedere quale causa di revocazione l’errore di giudizio o di valutazione (Cass., sez. 1, 7/02/2017, n. 3200).

L’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, presuppone, dunque, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (per tutte, Cass., sez. U, 12/06/1997, n. 5303; Cass., sez. U, 10/08/2000, n. 561; Cass., sez. U, 18/12/2001, n. 15979; Cass., sez. 3, 18/09/2008, n. 23856; Cass., sez. U, 7/03/2016, n. 4413). Ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., sez. L., 15/01/2009, n. 844).

Si e’, quindi, evidenziato che “in generale l’errore non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ovvero la valutazione e l’interpretazione dei fatti storici; deve avere i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la decisione da lui emessa deve esistere un nesso causale tale che senza l’errore la pronuncia sarebbe stata diversa” (Cass., sez. L, 13/06/2017, n. 14656).

Di conseguenza, non è idoneo ad integrare errore revocatorio l’ipotizzato travisamento di dati giuridico-fattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi degli atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale – quand’anche risulti errata – di revocazione (Cass., sez. L, 11/07/2016, n. 14108; Cass., sez. L, 5/04/2017, n. 8828; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27570).

2.3. Reputa il Collegio di dover dare continuità alla giurisprudenza in materia di revocazione di proprie sentenze (cfr. Cass., sez. 5, 21/12/2016, n. 26479; Cass., sez. U, 23/11/2015, n. 23833), secondo la quale l’omessa percezione di questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato in quanto ritenute (anche implicitamente) assorbite configura un errore di fatto denunciabile ex art. 395 c.p.c., n. 4.

Ne’ ai fini della decisività dell’errore percettivo rileva l’eventuale riproposizione in sede di legittimità della questione assorbita, sulla quale non si forma giudicato implicito, potendo essere riproposta e decisa in sede di rinvio senza necessità di essere dapprima coltivata nel giudizio di legittimità (Cass., sez. 2, 24/01/2011, n. 1566). Infatti, sulle questioni sollevate nel giudizio di merito e non riproposte in sede di legittimità perché ritenute (espressamente o implicitamente) assorbite dai giudici di secondo grado non si forma giudicato implicito, non potendo le questioni dichiarate assorbite essere proposte nel giudizio di cassazione neppure mediante ricorso incidentale condizionato, in difetto di una (anche implicita) statuizione sfavorevole in ordine alle medesime (Cass., sez. L, 30/03/2018, n. 7988; Cass., sez. 5, 28/09/2018, n. 23502).

2.4. Il ricorrente, nel caso in esame, afferma che questa Corte, con l’ordinanza impugnata, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, sarebbe incorsa in un errore percettivo, rientrante nella previsione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, dopo avere accolto il primo motivo di ricorso, rilevando l’inoperatività del termine stabilito dall’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente e il rispetto del contraddittorio preventivo, e ritenuto assorbito il secondo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata, con rigetto integrale del ricorso introduttivo, omettendo di rilevare che il contribuente aveva, sin dal primo grado, sollevato varie altre questioni attinenti al merito, che non erano state esaminate ed erano state ritenute assorbite dal giudice regionale.

La censura, alla luce dei principi sopra esposti è fondata, atteso che l’esistenza di motivi non esaminati dal giudice d’appello costituisce un fatto processuale la cui affermata inesistenza, contrariamente all’evidenza, costituisce errore di fatto percettivo idoneo a condurre alla revocazione, trattandosi all’evidenza di errore decisivo, posto che, ove la Corte si fosse avveduta dell’esistenza dei motivi rimasti assorbiti nei precedenti gradi di merito, accolto il ricorso erariale, avrebbe dovuto cassare la sentenza con rinvio al giudice a quo, al fine di decidere sulle residue questioni non risolte (in senso conforme, Cass., sez. 5, 9/08/2016, n. 16798).

3. La ordinanza impugnata merita, pertanto, di essere revocata nella parte in cui, dopo aver cassato la sentenza impugnata, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente, senza tener conto degli ulteriori motivi, preliminari e di merito, formulati sin dal ricorso introduttivo.

All’esito del giudizio, decidendo sul ricorso iscritto nel registro generale con numero 6930/2012 R.G.N., deve accogliersi il primo motivo, assorbito il secondo e deve cassarsi la sentenza della CTR della Sardegna n. 151/01/2011, con rinvio della causa alla stessa Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, per l’esame di tutti gli altri motivi di ricorso non ancora esaminati e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per revocazione; cassa la sentenza impugnata; decidendo sul ricorso iscritto al n. 6930/12 R.G.N., accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza della C.T.R. della Sardegna n. 151/01/2011, cui rinvia la causa, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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