Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18969 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/07/2017, (ud. 23/06/2017, dep.31/07/2017),  n. 18969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6903-2014 proposto da:

G.G., G.L., B.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo studio

dell’avvocato ANNA MATTIOLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

MASSIMO DE MARTINI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE OSPEDALE SAN CAMILLO, in persona del procuratore speciale

pro tempore dott. P.F., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALFREDO BIANCHINI giusta procura speciale a margine del

controricorso e ricorso incidentale notificato il 18/4/2014;

SOCIETA’ CATTOLICA ASSICURAZIONE SCARL, in persona del Procuratore

Dr. BE.AL., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI da

cui è rappresentata difesa giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.P., AURORA ASSICURAZIONI SPA, AZIENDA ULSS (OMISSIS)

VENEZIANA;

– intimati –

e contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del dott. S.L., nella

qualità di Direttore della Direzione Centrale Prestazione

dell’INAIL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA resistente con

procura speciale in calce al ricorso notificato;

– resistente –

Nonchè da:

COMPAGNIA UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, già FONDIARIA SAI SPA, quale

incorporante di UNIPOL ASSICURAZIONI SPA già AURORA ASSICURAZIONI

SPA, COMPAGNIA DI MILANO ASSICURAZIONI SPA e PREMAFIN FINANZIARIA

SPA, in persona del suo procuratore ad negotia Dr.ssa

GI.GI., T.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAROLA ROSSATO giuste

procure al margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

G.G., G.L., B.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZALE CLODIO 61, presso lo studio

dell’avvocato ANNA MATTIOLI, rappresentati e difesi dall’avvocato

MASSIMO DE MARTINI giusta procura speciale a margine del ricorso

principale;

– controricorrenti all’incidentale –

contro

ISTITUTO SAN CAMILLO, AZIENDA ULSS (OMISSIS) VENEZIANA, SOCIETA’

CATTOLICA DI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

e contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del Direttore Centrale Prestazioni

dott. S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– resistente –

Nonchè da:

FONDAZIONE OSPEDALE SAN CAMILLO, in persona del procuratore speciale

pro tempore dott. P.F., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALFREDO BIANCHINI giusta procura speciale a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

COMPAGNIA UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, già FONDIARIA SAI SPA, quale

incorporante di UNIPOL ASSICURAZIONI SPA già AURORA ASSICURAZIONI

SPA, COMPAGNIA DI MILANO ASSICURAZIONI SPA e PREMAFIN FINANZIARIA

SPA, in persona del suo procuratore ad negotia Dr.ssa

GI.GI., T.P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAROLA ROSSATO giuste

procure al margine del controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

contro

B.R., G.G., G.L., AZIENDA ULSS

(OMISSIS) VENEZIANA, SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

e contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del Dorettore Centrale Prestazioni

dott. S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n. 295/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

B.R., G.L. e G.G. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Padova T.P., Winterthur Assicurazioni s.p.a., Istituto di Cura San Camillo e l’Azienda ULSS (OMISSIS) di Venezia chiedendo il risarcimento dei danni a causa del sinistro stradale occorso al proprio congiunto G.A. (marito della B. e padre dei due G.) e del suo successivo decesso avvenuto durante il ricovero presso l’Istituto di Cura San Camillo. Si costituirono i convenuti, nonchè la terza chiamata Società Cattolica di Assicurazioni a garanzia dell’Istituto di Cura San Camillo, ed intervenne l’I.N.A.I.L. avvalendosi del diritto di surrogazione. Il Tribunale adito accolse per quanto di ragione la domanda, condannando T.P. e Aurora Assicurazioni s.p.a in solido al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 39.674,82 oltre rivalutazione e interessi ed in favore di I.N.A.I.L. della somma di Euro 237.701,00 oltre interessi, nonchè condannando l’Istituto di Cura San Camillo e Società Cattolica di Assicurazione s.p.a. in solido al pagamento della somma di Euro 194.000,00 oltre rivalutazione ed interessi. Avverso detta sentenza proposero appello principale T.P. e Aurora Assicurazioni s.p.a. ed incidentale la B. ed i G., nonchè Società Cattolica di Assicurazione s.p.a., l’Istituto di Cura San Camillo e l’I.N.A.I.L.. Con sentenza di data 13 febbraio 2013 la Corte d’appello di Venezia, dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dall’Istituto di Cura San Camillo per essersi tardivamente costituito all’udienza, accolse parzialmente gli appelli rideterminando le somme dovute.

Osservò la corte territoriale, quanto alla dinamica del sinistro stradale, che, benchè non acquisiti elementi probatori in ordine alla condotta del G. alla guida di motoveicolo, vi era prova certa della macroscopica rilevanza causale della condotta del T., il quale aveva operato una manovra di svolta a sinistra omettendo di dare la precedenza al motoveicolo proveniente dall’opposta direzione, rilevanza causale quantificabile nella misura dell’80% e che sussisteva il nesso di causalità fra le lesioni subite nel sinistro stradale, ed in particolare la sindrome frontale, e la morte avvenuta ottantuno giorni dopo allorquando il G., in preda alla patologia psichiatrica, conseguente al traumatismo cranico-encefalico riportato nel sinistro ed ancora in stato di acuzie (non essendosi ancora stabilizzata o risolta in una ripresa delle funzioni cognitive), ebbe a scavalcare il davanzale della finestra della stanza dell’Istituto di Cura San Camillo, ove si trovava ricoverato, dopo avere chiuso la moglie nel bagno, precipitando dal quarto piano nel cortile sottostante. Aggiunse che l’Istituto di Cura San Camillo non aveva dimostrato la non imputabilità dell’inadempimento contrattuale relativo agli obblighi di sorveglianza del paziente psichiatrico, considerato che poco prima il G. aveva tentato la fuga dal reparto, tanto che fu contattata la moglie, lasciata poi sola con il paziente in stanza al quarto piano priva di protezioni alle finestre (nè poteva invocarsi l’esimente del ritardo con cui era pervenuta la cartella clinica, avendo già avuto contezza il personale sanitario della pericolosità del paziente).

Premesso poi che non vi era novità della domanda avente ad oggetto il danno esistenziale in quanto già nell’atto di citazione era stato chiesto il ristoro di tutti i danni, con successiva sottolineatura solo esemplificativa di talune poste, osservò il giudice di appello che il danno non patrimoniale, unitariamente inteso, liquidato dal giudice di primo grado con implicito riferimento ai valori usualmente liquidati all’epoca dagli Uffici del distretto, era congruo quanto ai due figli (non risultando apprezzabilmente decisiva in contrario la cessazione della convivenza con i genitori per uno di essi), mentre andava rideterminato l’importo a favore della B., accogliendo l’appello incidentale impropriamente correlato al danno esistenziale con terminologia ormai superata, nella misura riconosciuta a ciascun figlio di Euro 67.000.00, in aggiunta all’importo forfettario riconosciuto dal primo giudice di Euro 10.000,00 da dividere fra i tre congiunti. Precisò quindi la corte territoriale, quanto al danno patrimoniale per perdita di reddito, a favore in particolare del coniuge superstite, che andava capitalizzato il reddito annuo, diminuito di un sesto pari a quanto presumibilmente il G. avrebbe speso per se stesso, anzichè versarlo in famiglia, e che, salvo per il danno biologico iure hereditario a carico dei soli T. e relativo assicuratore, i danni conseguenti all’evento morte, ascrivibili alle condotte concorrenti del T. e dell’Istituto san Camillo (oltre che alla stessa vittima), in applicazione del criterio di cui all’art. 2055 c.c. (come sollecitato anche in sede di appello), tenuto conto delle specificità delle singole condotte, erano ripartibili nella misura paritaria del 40% ciascuno a carico del T. e dell’Istituto san Camillo. Aggiunse il giudice di appello che, rideterminato il danno patrimoniale in Euro 162.732,00, la somma spettante all’I.N.A.I.L. andava rideterminata nell’ammontare indicato, corrispondente al limite della rivalsa, sicchè, detratta dall’importo complessivo spettante (pari all’80% del totale) di Euro 298.986,60 la somma di Euro 162.732,00 da corrispondere all’I.N.A.I.L., residuava l’importo di Euro 136.253,60 oltre rivalutazione ed interessi. Infine rilevò la corte territoriale che non poteva accogliersi la domanda di manleva meramente riproposta dall’Istituto di Cura san Camillo nei confronti della Società Cattolica di Assicurazione in difetto di apposito appello incidentale (da cui era comunque decaduto), nella specie necessario per censurare l’omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado sulla domanda di manleva (risultando disposta la condanna diretta dell’assicuratore nella totale carenza dei presupposti). Concluse nel senso che B.- G. dovevano essere condannati a restituire alla Società Cattolica di Assicurazione la somma da questa corrisposta in esecuzione della sentenza.

Hanno proposto ricorso per cassazione B.R., G.L. e G.G. sulla base di tre motivi e resistono con controricorso Società Cattolica di Assicurazione s.p.a., Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Aurora Assicurazioni s.p.a.) e T.P. (con unico atto), che hanno proposto pure ricorso incidentale sulla base di cinque motivi, e Fondazione Ospedale san Camillo, che ha proposto pure ricorso incidentale sulla base di sette motivi. Hanno proposto controricorso Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. avverso il ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale san Camillo e I.N.A.I.L. avverso i ricorsi incidentali proposti da Fondazione Ospedale san Camillo, Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Aurora Assicurazioni s.p.a.) e T.P.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e/o 4. Osservano i ricorrenti in via principale che è stata erroneamente detratta l’intera somma spettante all’I.N.A.I.L., e non quella corrispondente all’80%.

Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1916 c.c., D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che per effetto dell’erronea detrazione di cui al precedente motivo è stata consentita la surroga oltre i diritti del surrogato e di quanto dovuto dal danneggiante, e si sono aggravati illegittimamente i danneggiati con un onere che a loro non competeva.

Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 1223,1226,2043,2054,2056 e 2059 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che le somme liquidate per danno non patrimoniale sono inferiori al minimo dei criteri tabellari in uso al momento della decisione (sulla base delle tabelle del Triveneto/Venezia che vengono prodotte ed anche di quelle milanesi), avendo il giudice di appello persistito nell’applicare tabelle di liquidazione in vigore addirittura in epoca antecedente la sentenza di primo grado ed ormai superate anche perchè non consideranti l’evoluzione della giurisprudenza sul danno patrimoniale, e che la differenza fra le tabelle vigenti nel 2003 e quelle vigenti 2013 (epoca della sentenza) non è colmata dall’aggiornamento in relazione alle variazioni del costo della vita. Aggiungono che il giudice di appello non ha effettuato alcuna personalizzazione del risarcimento.

Passando al ricorso incidentale proposto da Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e T.P., con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti in via incidentale, con riferimento alla valutazione delle colpe relative al sinistro stradale, che in mancanza della possibilità di accertare l’incidenza delle singole condotte colpose, ogni ripartizione percentuale diversa da quella paritaria risulta apodittica.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 41 c.p., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che, corrispondendo la sindrome frontale ad una condizione transitoria destinata ad un miglioramento, come affermato dai consulenti tecnici, non vi era alcuna reale possibilità che la sindrome sfociasse nella morte del soggetto e che la condotta colposa dell’Istituto San Camillo aveva rappresentato causa sopravvenuta, assolutamente anomala ed eccezionale, di per sè sola idonea a determinare l’evento, degradando la condotta del T. a mera occasione.

Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 1123,1226,2056 e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che la domanda avente ad oggetto il danno esistenziale era stata tardivamente formulata solo in sede di precisazione delle conclusioni e comunque era priva di fondamento probatorio.

Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 1123,1226,2056 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3nonchè degli artt. 112,132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che il giudice di merito ha erroneamente riconosciuto in favore del figlio non convivente la stessa somma riconosciuta in favore di quello convivente, laddove per il primo l’importo doveva essere diminuito.

Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 1123,1226,2056 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè degli artt. 112 e 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che il giudice di merito ha ridotto il danno patrimoniale di un sesto pari a quanto presumibilmente il G. avrebbe speso per se stesso, ma non ha considerato che erano venute meno le uscite che fino alla sua scomparsa il G. aveva realizzato per se stesso e che inoltre la quota sibi era stata largamente sottostimata.

Passando al ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale San Camillo, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che la Casa di Cura San Camillo, in quanto struttura che eroga prestazioni specialistiche di riabilitazione fisica, non era tenuta ad eseguire prestazioni di cura e terapia di un paziente psichiatrico e che il giudice di appello aveva inoltre sottovalutato la circostanza dell’arrivo in ritardo della cartella clinica dall’ospedale di Padova.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente, in relazione alla domanda di manleva, che una volta che il Tribunale aveva disposto la condanna diretta dell’assicuratore, che presupponeva il riconoscimento della validità ed operatività della copertura assicurativa, non sussisteva un interesse a proporre appello incidentale e che, anche a voler ritenere che tale interesse era sorto dopo la proposizione da parte di Cattolica Assicurazioni dell’appello incidentale, tempestivo era l’appello incidentale proposto nel primo momento utile dopo la costituzione in giudizio dell’assicuratore.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c. e art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che la corte territoriale, stabilito il principio della responsabilità solidale, ha proceduto all’attribuzione delle quote statuendo sul regresso, che postulava invece necessariamente una domanda ad hoc, donde il vizio di ultrapetizione. Aggiunge che manca un’analisi puntuale sulla gravità delle rispettive colpe.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente, con riferimento al sinistro stradale, che non sussisteva alcun supporto probatorio in ordine alla ripartizione delle colpe nella misura dell’80% e del 20%, sicchè doveva essere confermata la presunzione di colpa paritaria fra conducenti.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123,1226,2056,2059 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva il ricorrente che la domanda a titolo di danno esistenziale era stata tardivamente formulata, da cui il vizio di ultrapetizione, a parte la non configurabilità del danno esistenziale come voce autonoma rispetto al danno morale.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123,1226,2056, 20159 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che il giudice di merito, riconoscendo ad entrambi i figli il medesimo importo per danno morale, non ha tenuto conto della circostanza che uno di essi non era convivente.

Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123,1226,2056, 20159 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè ancora omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che il giudice di merito ha liquidato il danno patrimoniale mediante il metodo della capitalizzazione del reddito annuo del defunto, senza considerare che nell’evoluzione temporale dei contesti familiari i figli cessano di gravare sul bilancio della famiglia di origine.

Muovendo dal ricorso principale, il primo e secondo motivo, da valutare unitariamente, sono infondati. In ipotesi di accertato concorso di colpa della vittima di un infortunio sul lavoro il giudice non può, per questo solo fatto, ridurre proporzionalmente l’ammontare delle somme richieste dall’INAIL in via di rivalsa nei confronti del responsabile dell’infortunio stesso, ma deve previamente determinare, come in qualsiasi altra ipotesi di rivalsa, l’ammontare del danno risarcibile in relazione alla misura dell’accertato concorso di colpa e, quindi, verificare se sulla somma così determinata vi sia capienza per la rivalsa dell’INAIL, procedendo, solo in caso di esito negativo di tale accertamento, a ridurre la somma spettante all’Istituto per le prestazioni erogate all’assicurato (o ai suoi eredi) in modo che la stessa non superi quanto dovuto dal danneggiante (Cass. 2 marzo 2016, n. 4089; 11 marzo 2015, n. 4879; 2 febbraio 2010, n. 2350; 11 dicembre 2001, n. 15633). Manca nel caso di specie il presupposto della riduzione della somma spettante all’Istituto, ossia l’incapienza per la rivalsa sull’ammontare del danno riconosciuto in base al concorso di colpa, sicchè, come statuito dal giudice di merito, non poteva procedersi alla riduzione proporzionale dell’ammontare delle somme richieste dall’INAIL.

L’esame del terzo motivo presuppone lo scrutinio del terzo motivo del ricorso incidentale proposto da Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e T.P. e del quinto motivo del ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale San Camillo, aventi carattere pregiudiziale. Trattasi di motivi inammissibili. La denuncia di tardività della domanda, che sarebbe stata proposta solo in sede di precisazione delle conclusioni, resta estranea alla ratio decidendi, avendo il giudice di appello riconosciuto che la domanda contenuta in citazione aveva ad oggetto la totalità dei danni (nè risulta una ratio decidendi nel senso dell’autonoma identificazione del danno esistenziale rispetto al danno morale, avendo anzi il giudice di merito qualificato la domanda in termini puramente e semplicemente di danno non patrimoniale). La censura di mancanza di fondamento probatorio attinge poi un profilo riservato alla valutazione del giudice di merito e valutabile nella presente sede solo nei limiti del vizio motivazionale.

Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile. Ha osservato il giudice di appello che il danno non patrimoniale, unitariamente inteso, è stato liquidato dal giudice di primo grado con implicito riferimento ai valori usualmente liquidati all’epoca dagli Uffici del distretto. Non è stata quindi fatta applicazione delle Tabelle milanesi. I ricorrenti, che hanno prodotto le tabelle del Tribunale di Venezia del 2011 (e quelle del Tribunale di Milano del 2013) per la liquidazione del danno non patrimoniale, denunciano il mancato rispetto dei limiti minimi e l’assenza di personalizzazione del danno. Il mancato rispetto delle tabelle viene riferito quindi in primo luogo a quelle in uso al Tribunale di Venezia, e poi anche a quelle milanesi.

In realtà, allo scopo di garantire l’uniformità di trattamento nella liquidazione del danno non patrimoniale, questa Corte ha indicato “l’opportunità di far riferimento non soltanto ad un criterio di quantificazione obiettivo ma ad un criterio in assoluto preferibile, ovvero al criterio di liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, prescelto come preferibile per una vasta gamma di considerazioni tra le quali l’essere già ampiamente diffuso sul territorio nazionale ben al di fuori dai confini del singolo distretto. A tali tabelle questa Corte ha riconosciuto, dal 2011 in poi, in applicazione dell’art. 3 Cost., la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono” (così Cass. 15 ottobre 2015, n. 20895).

Deve inoltre rammentarsi che il riferimento a tabelle diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano, comportante una liquidazione del danno non patrimoniale di entità inferiore a quella risultante dall’applicazione di queste ultime, può essere fatta valere in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, soltanto ove la questione sia stata già posta nel giudizio di merito (Cass. 7 settembre 2016, n. 17678; 16 giugno 2016, n. 12397; 13 novembre 2014, n. 24205).

In violazione del principio di autosufficienza parte ricorrente, che ha denunciato il mancato rispetto dei limiti tabellari da parte del giudice di merito senza motivazione sul punto, non ha specificatamente indicato se l’onere indicato sia stato assolto nelle fasi di merito e ha fatto solo riferimento ad un richiamo alle tabelle milanesi contenuto nella comparsa conclusionale di appello (pag. 25 del ricorso), richiamo tardivo dal punto di vista del regime delle preclusioni processuali. La doglianza relativa al mancato rispetto del criterio tabellare è inammissibile in mancanza della decisiva specificazione circa la rituale deduzione della questione nel giudizio di merito.

Passando al ricorso incidentale proposto da Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e T.P., il primo motivo è infondato. L’art. 2054 c.c., comma 2, non inibisce al giudice di merito di graduare, anche in caso di concorso di responsabilità, le percentuali imputabili a ciascun conducente in misura diversa da quella paritetica anche quando non sia provato che il concorrente danneggiato abbia fatto tutto il possibile per evitare lo scontro, qualora ritenga che il conducente dell’altro mezzo abbia una responsabilità prevalente in relazione alle positive risultanze processuali (Cass. 15 aprile 2010, n. 9040). Coerentemente a tale principio di diritto il giudice di merito ha concluso nel senso che vi era prova certa della macroscopica rilevanza causale della condotta del T., quantificabile nella misura dell’80%

Il secondo motivo è infondato. Lamentano i ricorrenti in via incidentale per un verso che la sindrome frontale era destinata ad una ripresa normale delle funzioni cognitive, per l’altro che la condotta colposa dell’Istituto San Camillo aveva rappresentato fatto eccezionale e sopravvenuto idoneo a determinare l’evento. Essendo la malattia destinata a regredire, la condotta colposa del personale dipendente della struttura sarebbe stato il fatto nuovo imprevedibile che avrebbe cagionato il danno, secondo l’assunto della parte ricorrente.

Vanno rammentati alcuni principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza a proposito di concorso di cause nella responsabilità civile. Qualora l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’art. 41 c.p. – norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità – in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse (Cass. 14 luglio 2011, n. 15537; 2 febbraio 2010, n. 2360; 13 maggio 2008, n. 11903). Si verifica l’interruzione del nesso causale, per l’esclusiva efficienza causale della causa sopravvenuta se quest’ultima, pur inserendosi nella serie causale già intrapresa, ponga in essere un’altra serie causale eccezionale ed atipica rispetto alla prima, idonea da sola a produrre l’evento dannoso, che sul piano giuridico assorbe ogni diversa serie causale e la riduce al ruolo di semplice occasione, togliendo così ogni legame fra le cause remote e l’evento (Cass. 6 aprile 2006, n. 8096; 15 gennaio 1996, n. 268). La causa sopravvenuta deve invece essere ritenuta concausa dell’evento se, inserendosi in una situazione di pericolo creata dall’altrui comportamento colposo, non si sia posta al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale in atto divenendo così idonea a produrre l’evento (Cass. 6 marzo 1992, n. 2688).

Tale complesso di principi di diritto può essere riassunto nel seguente principio: “la responsabilità civile per gli eventi dannosi va limitata solo a quelli che siano realizzazione del rischio in considerazione del quale la condotta è vietata; ne discende che se il danno non è realizzazione del rischio vietato, ma di un rischio diverso, concomitante con il primo, la causa remota viene privata del rango di concausa, e derubricata a mera occasione che ha determinato la presenza della persona nelle circostanze spazio-temporali nelle quali sia sopravvenuto imprevedibilmente il fatto dannoso”. A tale principio di diritto si è attenuto il giudice di merito nella qualificazione della fattispecie per le seguenti ragioni.

La circostanza della potenziale regressione della malattia non rileva a fronte dell’accertamento del giudice di merito secondo cui l’evento si è verificato nel momento in cui la sindrome frontale era ancora nello stadio di massima intensità. L’efficienza della malattia al momento dell’evento era ancora operante: ciò che si deve stabilire è se l’efficienza rispetto all’evento dannoso era di tipo causale o di mera occasione. La sindrome frontale era conseguente alla condotta colposa del T. ed il gesto del G., che ne ha determinato il decesso, è manifestazione della patologia cagionata dal comportamento in violazione della disposizione del Codice della strada, secondo quanto accertato dal giudice di merito. Il comportamento incauto dei dipendenti della struttura, indubbiamente dotato di efficacia causale rispetto all’evento, non acquista la forza della causa eccezionale ed atipica, idonea da sola a produrre l’evento, perchè la patologia di cui il G. era affetto non è stata la mera condizione che ha fornito l’occasione della presenza del medesimo presso la struttura, ma è stato il fattore genetico del gesto del G. che ne ha determinato la morte. Si sarebbe trattato della sola occasione se, data la presenza del G. presso la struttura sanitaria in ragione della patologia contratta a seguito del sinistro stradale, la morte sarebbe stata determinata da una condotta colposa dei dipendenti della struttura senza alcun nesso con la sindrome frontale. L’evento dannoso, nonostante il contegno colpevole della struttura, continua a rappresentare realizzazione del rischio vietato, in quanto eziologicamente riconducibile alla patologia, cioè alla realizzazione del rischio in considerazione del quale la condotta era vietata (ed in ultima analisi alla colpa specifica derivante dalla violazione della disposizione del Codice della strada). La causa sopravvenuta (il contegno colposo della struttura) si è così posta all’interno della linea di sviluppo della causa remota, operando quale concausa dell’evento dannoso.

Il quarto motivo (il terzo è stato esaminato in occasione dell’esame del terzo motivo del ricorso principale) è da valutare unitariamente al sesto motivo del ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale San Camillo, trattandosi della medesima censura. Trattasi di motivi fondati. Il risarcimento del danno non patrimoniale subito dai parenti della vittima di un fatto illecito non richiede una prova specifica della sussistenza di tale danno, ove la sofferenza patita dai parenti possa essere accertata, in via presuntiva, sulla base di circostanze, quali lo stretto vincolo familiare, di coabitazione e di frequentazione, idonee a dimostrare l’esistenza di un legame affettivo di particolare intensità. Sulla liquidazione di tale danno, da effettuarsi in via equitativa, può incidere in senso riduttivo l’accertata assenza di convivenza del danneggiato con il congiunto deceduto, quale elemento indiziario da cui desumere un più ridotto danno morale (Cass. 7 luglio 2010, n. 16018; 19 gennaio 2007, n. 1203; si veda anche Cass. 20 ottobre 2016, n. 21230). Il giudice di merito dovrà quindi valutare se ed in quale misura possa, con riferimento alle circostanze del caso concreto, incidere, in senso riduttivo dell’ammontare del danno non patrimoniale, la mancanza di convivenza da parte di uno dei due figli.

Il quinto motivo è inammissibile. La diminuzione di un sesto della capitalizzazione del reddito annuo, pari a quanto presumibilmente il G. avrebbe speso per se stesso, corrisponde alla valutazione del venir meno di uscite corrispondenti dal reddito familiari fino al momento della scomparsa del medesimo G., evidenziata nel motivo. Sotto tale aspetto il motivo di censura è privo di una funzione critica della sentenza. Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione della o delle ragioni per le quali la decisione è erronea, con la conseguenza che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo (Cass. 11 gennaio 2005, n. 359). Per il resto la censura attinge un profilo riservato alla valutazione del giudice di merito e valutabile nella presente sede solo nei limiti del vizio motivazionale.

Passando al ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale San Camillo, il primo motivo è inammissibile. Esso presuppone una circostanza di fatto (struttura non dedicata alla cura di pazienti psichiatrici) non oggetto di accertamento da parte del giudice di merito, sicchè lo scrutinio del motivo impone un’indagine di merito preclusa nella presente sede. Il motivo è inammissibile anche sotto il profilo della denuncia di vizio motivazionale, non avendo il ricorrente denunciato, in relazione al fatto storico in questione, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). Infine, quanto alla circostanza dell’asserito ritardo nell’invio della cartella clinica, il motivo mira a giustapporre alla valutazione del giudice di appello un diverso apprezzamento di merito, non sindacabile come tale nella presente sede di legittimità.

Il secondo motivo è fondato. Il giudice di primo grado, anzichè pronunciare sulla domanda di manleva, aveva disposto la condanna diretta dell’assicuratore. Secondo il giudice di appello non sufficiente era la riproposizione della domanda di manleva, dovendo il garantito proporre appello incidentale in relazione all’omessa pronuncia sulla chiamata in garanzia.

Sulla questione va richiamato il recente arresto delle Sezioni Unite. Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c. non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.; viceversa l’art. 346 c.p.c., con l’espressione eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione nè attraverso un’enunciazione in modo espresso, nè attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca (Cass. Sez. U. 12 maggio 2017, n. 11799). Tale principio di diritto, con riferimento al motivo in esame, va inteso come riferito alla domanda, e non all’eccezione.

La condanna diretta dell’assicuratore presuppone, quale fondamento della decisione, la valutazione di validità ed efficacia del rapporto di garanzia di cui alla domanda di manleva. Tale essendo la ratio decidendi della pronuncia di primo grado, la parte garantita aveva l’esclusivo onere di riproporre la domanda ai sensi dell’art. 346.

Il terzo motivo è inammissibile. Il ricorrente denuncia un vizio di ultrapetizione per avere il giudice di appello pronunciato sulla graduazione delle colpe in mancanza di specifica domanda.

Nel giudizio avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità del danno da fatto illecito imputabile a più persone, il giudice del merito adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri, o comunque, in vista del regresso abbia chiesto tale accertamento in funzione della ripartizione interna. Da ciò deriva che, allorchè il presunto autore di un fatto illecito – convenuto in giudizio unitamente ad altri, perchè ritenuto responsabile, in solido con questi, dell’evento dannoso lamentato dall’attore – neghi la propria responsabilità in ordine al verificarsi dell’evento denunziato, detto convenuto non propone, nei confronti degli altri convenuti, alcuna domanda, ma si limita a svolgere ancorchè assuma che, in realtà, gli altri convenuti sono responsabili esclusivi del fatto – delle mere difese, al fine di ottenere il rigetto, nei suoi confronti, della domanda attrice. Affinchè tali argomentazioni esulino dall’ambito delle mere difese ed integrino, ai sensi degli artt. 99 c.p.c. e segg., delle “domande”, nei riguardi degli altri presunti responsabili, con il conseguente instaurarsi tra costoro di un autonomo rapporto processuale (diverso e distinto rispetto a quello tra il danneggiato e i singoli danneggiati) è, invece, indispensabile che il suddetto convenuto richieda espressamente, ancorchè in via gradata e subordinatamente al rigetto delle difese svolte in via principale, l’accertamento della percentuale di responsabilità propria e altrui in relazione al verificarsi del fatto dannoso, domanda questa che, non potendosi ritenere implicita nella mera richiesta svolta nei confronti del solo attore di rigetto della sua domanda, non può essere introdotta, all’evidenza, per la prima volta in giudizio in grado di appello, nè, a maggior ragione, in sede di giudizio di legittimità (Cass. 29 aprile 2006, n. 10042; si vedano anche Cass. 31 marzo 2011, n. 7441; 21 settembre 2007, n. 19492; 25 febbraio 2004, n. 3803).

Il giudice di appello ha accertato il grado delle rispettive colpe, precisando “come sollecitato anche in questa sede”. Il ricorrente non ha indicato quale sia stato il contenuto degli atti processuali rilevanti di parte convenuta al fine di accertare se vi sia stata una domanda in ordine alla ripartizione interna delle colpe o una mera difesa. In mancanza di tale specifica indicazione, tale da far ritenere assolto l’onere di autosufficienza del ricorso, non è consentito a questa Corte il diretto accertamento del fatto processuale. L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (fra le tante da ultimo Cass. 30 settembre 2015, n. 19410).

La denunciata mancanza di un’analisi puntuale sulla gravità delle colpe involge poi un’indagine di merito preclusa nella presente sede di legittimità se non nei limiti della denuncia di vizio motivazionale.

Il quarto motivo è inammissibile. In tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto nei limiti del vizio motivazionale (fra le tante Cass. 25 gennaio 2001, n. 1028; 23 febbraio 2006, n. 4009). Con riferimento alla denuncia di violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente ha omesso di indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053).

Il settimo motivo (il quinto è stato esaminato in occasione dell’esame del terzo motivo del ricorso principale, mentre il sesto è stato esaminato unitamente al quarto motivo del ricorso incidentale proposto da Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e T.P.) è inammissibile. La censura non intercetta la ratio decidendi, che è nel senso che il danno patrimoniale per perdita di reddito è stato riconosciuto a favore del coniuge superstite.

Poichè il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Rigetta il ricorso principale; accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale proposto da Compagnia Unipolsai Assicurazioni s.p.a. e T.P., rigettandolo per il resto; accoglie il secondo ed il sesto motivo del ricorso incidentale proposto da Fondazione Ospedale San Camillo, dichiarando per il resto il ricorso inammissibile; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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