Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18958 del 31/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 31/08/2010, (ud. 22/06/2010, dep. 31/08/2010), n.18958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.A. titolare dell’omonima ditta, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA G. SPONTINI 11, presso lo studio dell’avvocato CASCINI

ELENA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSTOZZI PAOLO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di ANCONA del 9.7.07, depositata il 15/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIOVANNI GIACALONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. DESTRO

Carlo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella causa indicata in premessa, in cui ha resistito con controricorso la parte erariale, e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “La parte contribuente propone ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR che ne ha respinto l’appello contro la pronuncia di primo grado a lui sfavorevole (avendo ritenuto non provata l’instaurazione del rapporto di lavoro in epoca successiva al 1 gennaio dell’anno dell’ispezione), ritenendo non fornito prove in senso tecnico ne’ plausibili motivazioni sullo spostamento di tale data nel periodo tra il primo gennaio e l’epoca dell’ispezione.

L’intimata parte erariale ha resistito con controricorso.

Il ricorso contiene tre motivi. Puo’ essere trattato in camera di consiglio (art. 375 c.p.c., n. 5) e, dichiarati manifestamente inammissibilita’ dei mezzi, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo la parte privata deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008. Il mezzo e’ inammissibile.

Premesso che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimita’ costituzionale si arresta di fronte al giudicato, anche implicito, sulla giurisdizione, sicche’, nel caso in cui la sentenza della Corte costituzionale sia intervenuta quando il giudicato in merito alla giurisdizione si era gia’ formato, non essendo stata impugnata sul punto (eventualmente anche sollevando questione di legittimita’ costituzionale) la pronunzia, e’ inammissibile l’eccezione di giurisdizione sollevata per la prima volta in sede di legittimita’ (SS.UU. 24883/08; 28545/08; 8998/09; 23205/09; 24182/09), deve rilevarsi che la ricorrente nulla deduce riguardo al fatto che l’appello riguardasse anche la questione di giurisdizione.

Con il secondo motivo, viene dedotto il vizio di motivazione quanto al ritenuto difetto di prova riguardo alla data di inizio (successiva a quella del 1 gennaio, ritenuta in 1^ grado, e coincidente con l’ispezione) dei rapporti di lavoro. Il mezzo e’ inammissibile, vertendo non sull’iter logico della motivazione, quanto sulla valutazione dei mezzi di prova effettuata dal giudice tributario e congruamente motivata Con esso, infatti, si prospetta la semplice rivalutazione della ricostruzione dei fatti, congruamente e correttamente motivata dalla C.T.R., dovendosi ribadire che il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non puo’ essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si puo’ proporre un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice (tra le molte, v. Cass. n. 3881/2006).

Con il terzo motivo la parte privata lamenta omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo, violazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis conv. con L. n. 248 del 2006, nonche’ del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12 per non aver tenuto conto dell’intervenuta modifica della disciplina sanzionatoria di cui al richiamato art. 36 bis, ne’ applicato la continuazione di cui al suddetto art. 12.

Anche questa censura e’ inammissibile, perche’, in relazione ad appello instaurato successivamente all’intervenuta modifica legislativa di cui al D.L. n. 223 del 2006, non e’ stato precisato se e come la relativa questione sia stata proposta in appello, dovendosi invece ribadire che i principi della rilevabilita’, anche d’ufficio, dello ius superveniens e della sua applicabilita’ nei giudizi in corso non operano indiscriminatamente, ma devono essere coordinati con quelli che regolano l’onere dell’impugnazione e le relative preclusioni, con la conseguenza che la loro operativita’ trova ostacolo nel giudicato interno formatosi in relazioni alle questioni, sulla decisione delle quali avrebbe dovuto incidere la normativa sopravvenuta, e nella conseguente inesistenza di controversia in atto sui relativi punti (Cass. n. 8933/03), di qui la mancata autosufficienza di una censura per cassazione che violi sul punto il canone dell’autosufficienza; come e’ avvenuto, nella specie, anche in rapporto alla lamentata violazione della disposizione sulla continuazione, questione che, se dedotta in modo autosufficiente quanto alla sua proposizione in appello, avrebbe dovuto formare oggetto in questa sede solo di censura di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite.

Non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, il ricorso deve essere rigettato; che le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2010

 

 

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