Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18953 del 31/07/2017


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Cassazione civile, sez. III, 31/07/2017, (ud. 23/05/2017, dep.31/07/2017),  n. 18953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 26859 del ruolo generale dell’anno

2014, proposto da:

C.R., (C.F.: (OMISSIS));

C.I. (C.F.: (OMISSIS));

Z.E. in C. (C.F.: (OMISSIS));

già soci della Società Moda Calze di C.G. & C.

S.n.c., sciolta e cancellata dal registro delle imprese, ed eredi

dì C.G.;

Società PEZZOLI DI P.L.F. & C. S.a.s. in

liquidazione (C.F.: (OMISSIS)), in persona della liquidatrice,

legale rappresentante pro tempore, P.L.F. tutti

rappresentati e difesi, giusta procure in calce al ricorso,

dall’avvocato Oreste Casadio (C.F.: CSD RST 43T16 H199B);

– ricorrenti –

nei confronti di:

V.L., (C.F.: (OMISSIS)), M.G. (C.F.: (OMISSIS))

eredi di M.I.; MA.Fr. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati

e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli avvocati

Flaminio Sensi Ginnasi Poggiolini (C.F.: SNS FMN 55P21 Z243H) e

Pietro Cottignola (C.F.: CTT PTR 52P22 H199Q);

CONDOMINIO (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona

dell’amministratore pro tempore B.M. rappresentato e difeso,

giusta procura in calce al controricorso, dagli avvocati Patrizia

Ubaldi (C.F.: BLD PRZ 56C43 C963H) e Massimo Dalmonte (C.F.: DLM MSM

49C25 B982P);

AVIVA ITALIA S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del procuratore

A.A. rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

controricorso, dagli avvocati Massimo Coliva (C.F.: CLV MSM 67R31

A944Z) e Luigi Ottavi (C.F.: TTV LGU 34E20 H501C);

ALLIANZ S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del procuratore

Ca.Ca. rappresentato e difeso, giusta procura allegata al

controricorso, dall’avvocato Giorgio Spadafora (C.F.: SPD GRG 38E18

D086V);

– controricorrenti –

e

BE.Pi. (C.F.: non indicato);

G.F.N. (C.F.: non indicato) G.S.

(C.F.: non indicato) eredi di Gh.Se.;

– intimati –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n.

1633/2013, depositata in data 10 settembre 2013;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 23

maggio 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Le società Moda Calze S.n.c. (oggi cancellata dal registro delle imprese) e Pezzoli S.n.c. (oggi Pezzoli S.a.s.) hanno agito separatamente in giudizio nei confronti di Ma.Fr., M.I. e Gh.Se., per ottenere il risarcimento dei danni subiti (nell'(OMISSIS)) dai locali di loro proprietà e dalle merci che si trovavano all’interno degli stessi, a causa di infiltrazioni di acqua piovana a loro dire determinate dall’occlusione delle proprie rispettive pluviali di scarico, causata dal distacco di materiale coibente proveniente dal tetto dei limitrofi immobili dei convenuti.

I convenuti hanno resistito alle domande proposte nei loro confronti ed hanno chiamato in causa, assumendone la eventuale corresponsabilità, il Condominio (OMISSIS). Quest’ultimo a sua volta ha chiamato in causa, per esserne garantito, le proprie compagnie assicuratrici The Seven Provinces Insurance Company Ltd, General Accident Fire and Life Assurance Corporation PLC (oggi AVIVA Italia S.p.A.) e Allianz Subalpina S.p.A. (oggi Allianz S.p.A.). Le due cause sono state riunite e all’esito il Tribunale di Ravenna, dopo aver estromesso dal giudizio The Seven Provinces Insurance Company Ltd, ha rigettato le domande delle società attrici, che ha condannato a pagare le spese di lite in favore di tutte le altre parti costituite.

La Corte di Appello di Bologna ha confermato la decisione di primo grado.

Nel corso del giudizio di merito sono deceduti M.I. e Gh.Se., e la causa è stata proseguita nei confronti dei loro eredi.

Ricorrono la società Pezzoli S.a.s. e gli ex soci della società Moda Calze S.n.c., sulla base di sei motivi.

Resistono con distinti controricorsi: a) Ma.Fr. e gli eredi di M.I.; b) il Condominio (OMISSIS); c) Allianz S.p.A.; d) Aviva Italia S.p.A..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati (eredi di Gh.Se.).

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c. e art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Sia i ricorrenti che i controricorrenti Ma.Fr. ed eredi M., Condominio (OMISSIS), nonchè Allianz S.p.A., hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di quanto disposto dagli artt. 115 e 116 c.p.c. in ordine alla valutazione delle prove assunte nel corso del giudizio di primo grado”.

Con il secondo motivo si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ovvero che l’allagamento fu dovuto all’otturazione dei pluviali condominiali ad opera di materiale coibente distaccatosi da altre parti del complesso immobiliare di proprietà esclusiva dei convenuti”.

Il secondo motivo va esaminato unitamente al primo in quanto, come precisano gli stessi ricorrenti, propone la medesima censura sotto una diversa prospettiva.

Entrambi sono infondati.

Va senz’altro esclusa la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.: la corte di appello ha deciso la controversia sulla base delle prove acquisite agli atti, valutandole in base al suo prudente apprezzamento, e ha tenuto conto di tutti i fatti storici rilevanti.

D’altra parte, in base alla attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora, come nella specie, il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01, e successive conformi; ex plurimis: Sez. U, Sentenza n. 8054 del 07/04/2014, Rv. 629834 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014, Rv. 633425 – 01; Sez. 3 -, Sentenza n. 9253 del 11/04/2017, Rv. 643845 – 01).

Il ricorso, sotto i profili in esame, si risolve dunque in una richiesta di riesame del fatto e nella pretesa di una diversa valutazione del materiale istruttorio, il che non è ammissibile in sede di legittimità.

2. Con il terzo motivo si denunzia “nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in violazione di quanto disposto dagli artt. 112 e 132 c.p.c. per omessa motivazione in ordine alla domanda di risarcimento ex art. 2043 c.c.”.

Con il quarto motivo si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Omesso esame della domanda di risarcimento ex art. 2043 c.c. formulata dalle società appellanti”.

Il terzo ed il quarto motivo del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono inammissibili.

Le censure avanzate dalle parti ricorrenti presentano una evidente contraddittorietà nel denunziare contemporaneamente difetto di motivazione, omissione di pronuncia e omesso esame di fatti decisivi, vizi tra loro incompatibili.

I motivi di ricorso in esame difettano inoltre di specificità, in quanto non è richiamato e trascritto il contenuto dell’atto di citazione dal quale si dovrebbe evincere che – oltre alla domanda ai sensi dell’art. 2053 c.c. – era stata in realtà proposta tempestivamente anche una domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c., e tanto meno è specificamente dedotto in base a quale condotta illecita colposa, diversa da quella posta a base della domanda avanzata ai sensi dell’art. 2053 c.c., sarebbe stata avanzata tale diversa domanda (va sottolineato in proposito che non viene neanche chiarito a quale atto processuale si riferisce il virgolettato riportato nell’ambito del terzo motivo del ricorso).

In ogni caso – ed il rilievo è assorbente – va certamente esclusa sia l’omissione di pronuncia, sia qualunque difetto di motivazione o omesso esame di fatti decisivi.

La corte di appello ha ampiamente ed adeguatamente chiarito come già esposto in relazione ai primi due motivi di ricorso – che non era stata fornita la prova del fatto storico che le infiltrazioni dannose per le società attrici erano state causate dall’occlusione delle pluviali dei rispettivi immobili e che l’occlusione di dette pluviali era stata provocata dal materiale distaccatosi dagli edifici dei convenuti.

Tali argomentazioni – attinenti al nesso causale – escludono in radice qualunque possibile responsabilità per colpa ai sensi dell’art. 2043 c.c. (anche a più forte ragione rispetto alla fattispecie di responsabilità da rovina di edifici prevista dall’art. 2053 c.c., maggiormente rigorosa).

3. Con il quinto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 di quanto disposto dall’art. 91 c.p.c. in ordine alla condanna alle spese in capo agli attori anche in favore dei terzi chiamati. Chiamata in causa dei terzi assolutamente arbitraria”.

Il motivo è infondato.

La corte di appello ha ampiamente – e del tutto condivisibilmente – chiarito le ragioni per cui ha ritenuto non arbitraria nè palesemente infondata la chiamata in causa del condominio da parte dei convenuti e quella delle compagnie di assicurazione da parte del condominio, e la pronunzia risulta conforme all’indirizzo di questa Corte in base al quale le spese sostenute dal convenuto per la chiamata in causa di terzi, laddove la domanda di parte attrice risulti infondata, restano a carico di quest’ultima, ad eccezione dell’ipotesi in cui la chiamata stessa risulti palesemente arbitraria o la domanda avanzata dal convenuto nei confronti del terzo appaia palesemente infondata (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7431 del 14/05/2012, Rv. 622605 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12301 del 10/06/2005, Rv. 581879 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8363 del 08/04/2010, Rv. 612528 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10070 del 21/04/2017, Rv. 643991 – 01).

4. Con il sesto motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 di quanto disposto dagli artt. 91 e 97 c.p.c. in ordine alla condanna alle spese in capo agli attori ed in favore dei convenuti”.

Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

E’ infatti corretta la decisione della corte di appello, che ha ritenuto inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di gravame proposto dai ricorrenti in relazione alla liquidazione delle spese del primo grado di giudizio, dal momento che nell’atto di appello (trascritto in parte qua nel ricorso) effettivamente risulta del tutto omessa qualunque indicazione delle voci di tariffa contestate e la specificazione degli eventuali importi liquidati in eccesso. Gli appellanti si erano in sostanza limitati a dolersi, del tutto genericamente, che era stato liquidato lo stesso importo per tutte le parti costituite e che la somma totale era eccessiva (peraltro errando anche nel calcolo, dal momento che, diversamente da quanto da essi sostenuto, le parti in favore delle quali era stata effettuata la liquidazione non erano affatto sette ma solo quattro, come sarà meglio chiarito in prosieguo).

Per tale profilo il motivo di ricorso è quindi infondato.

E’ invece inammissibile nella parte in cui i ricorrenti sostengono che sarebbe stato violato il principio per cui in caso di più parti assistite dal medesimo difensore occorre effettuare una sola liquidazione delle spese processuali, senza però neanche precisare a quali parti essi intenderebbero riferirsi.

E’ poi appena il caso di osservare sul punto che, secondo quanto emerge chiaramente dalla decisione impugnata, le parti in causa costituite con distinti difensori, esclusi gli attori, sono quattro, e cioè i convenuti proprietari degli immobili limitrofi a quelli degli attori, costituiti con unico difensore, il condominio da questi chiamato in causa, nonchè le due compagnie di assicurazione a loro volta chiamate in causa dal condominio e non estromesse dal giudizio, Allianz S.p.A. ed Aviva Italia S.p.A., come del resto espressamente precisato dalla stessa corte di appello, che dunque non ha affatto liquidato distintamente le spese in favore di parti costituite con il medesimo difensore.

5. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna i ricorrenti, in solido, a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole come segue: a) complessivi Euro 10.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, in favore di Ma.Fr. e degli eredi di M.I.; b) complessivi Euro 10.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, in favore del Condominio (OMISSIS); c) complessivi Euro 10.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, in favore di Allianz S.p.A.; d) complessivi Euro 9.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, in favore di Aviva Italia S.p.A.; oltre, per tutti, spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2017

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