Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18953 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/07/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 05/07/2021), n.18953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21994-2019 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in Roma, Corso Vittorio

Emanuele II, n. 18, presso lo studio degli avv.ti Antonello

Tornitore e Giuseppe Lambro che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Vaglia 59

presso lo studio dell’avvocato Giacomo Delli Colli;

– controricorrente –

E contro

P.A., P.D., P.E.,

P.L., PI.AS.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3856/2018 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il sig. D.A. impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma che, in riforma della sentenza del Tribunale di Cassino, ha respinto la domanda con cui M.N., sua madre e dante causa alla quale era succeduto in corso di causa, aveva chiesto venisse dichiarata a suo favore e nei confronti di P.G., P.A., P.D., P.E., P.L. ed Pi.As., la servitù di passaggio sul largario posto a confine con il fondo di sua proprietà sito in (OMISSIS); a sostegno della domanda aveva dedotto che P.G., divenuto titolare di un immobile posto a confine con il cortile in comune, nel maggio 2001 aveva occupato l’intero l’argario con dei grossi massi in pietra ed aveva apposto una catena all’ingresso del cortile, poi sostituita con un cancello che rendeva impossibile il passaggio per gli altri aventi diritto;

– il primo giudice aveva accolto la domanda ordinando al convenuto P.G. di rimuovere le pietre e la catena di ferro che impediscono l’esercizio della servitù con la riduzione in pristino dei luoghi;

– proposto gravame da parte del sig. P.G., la corte d’appello ha, in primo luogo, ritenuto che parte attrice aveva inteso far dichiarare l’avvenuto acquisto della servitù di passaggio per intervenuta usucapione e non per destinazione del padre di famiglia;

– in tale prospettiva, la corte ha poi argomentato, diversamente dal primo giudice, che l’istruttoria – ed in particolare quella testimoniale – non aveva evidenziato una situazione di possesso pacifico, protratto per oltre vent’anni di un passaggio sul largario corrispondente a quello del titolare della servitù;

– inoltre, la corte territoriale aveva respinto la domanda attorea anche perchè non era stata raggiunta la prova del requisito dell’apparenza della servitù, necessario per l’acquisto per usucapione;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal sig. D. con ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso P.G.;

– non hanno svolto attività difensiva gli altri intimati P.A., P.D., P.E., P.L., Pi.As..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’error in iudicando, l’omesso esame di elementi di fatto decisivi e risultanti dagli atti processuali circa un fatto decisivo per il giudizio e che avrebbero dimostrato, ad avviso del ricorrente, i presupposti del diritto vantato;

– sostiene in particolare il ricorrente di avere specificato il fatto costitutivo della pretesa (cfr. pag. 19 del ricorso) e di averne provato i fatti costitutivi (cfr. pag. 20 del ricorso);

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’error in iudicando, l’omesso esame di elementi di fatto decisivi e risultanti dagli atti processuali circa un fatto decisivo per il giudizio e che avrebbero dimostrato, ad avviso del ricorrente, i presupposti del diritto vantato;

– assume il ricorrente che la conclusione della corte territoriale si era fondata essenzialmente sulle risultanze probatorie ricavate dagli atti processuali e dal confronto tra le parti in causa, trascurando la valutazione di fatti storici che avrebbero giustificato la conferma della statuizione di prime cure;

-i due motivi, entrambi articolati come omesso esame di un fatto decisivo, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili;

– è noto, infatti, che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti;

– ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali ” rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. Sez. Un. 7931/2013; id.4293/2013);

– ciò posto poichè la ratio decidendi fondata sulla mancata prova dell’apparenza della servitù di passaggio indicata quale ulteriore argomento a sostegno del rigetto della domanda attorea non è attinta dal presente ricorso, ne consegue l’inammissibilità del ricorso, potendosi la decisione impugnata reggersi sulla ratio decidendi non censurata;

– in applicazione del principio della soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente che liquida in Euro 2200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione-2 civile, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

 

 

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