Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18952 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/09/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 16/09/2011), n.18952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.C., A.A., T.G., TR.

D., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE

ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato PELLICANO’ ANTONINO, che li

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO VINCENZO,

DE ROSE EMANUELE, FABIANI GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 271/2006 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 04/04/2006 r.g.n. 1145/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato PELLICANO’ ANTONIO;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega TRIOLO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 4 aprile 2006, la Corte d’Appello di Reggio Calabria dichiarava improcedibile il gravame svolto da T. G. e gli altri litisconsorti in epigrafe indicati, limitatamente alla liquidazione delle spese processuali, contro la sentenza di primo grado di accoglimento della domanda di adeguamento del valore monetario dell’indennità di disoccupazione agricola, proposta nei confronti dell’INPS. 2. Per la Corte territoriale il giudice di appello si era già pronunciato, con sentenza n. 35/2004, sull’appello principale proposto dall’INPS, con atto depositato il 23 ottobre 2000, nei confronti di T.G. e gli altri litisconsorti, e sull’appello incidentale da queste ultime esperito, con memoria di costituzione del 16 maggio 2003, avverso la medesima sentenza, senza mettere la corte nelle condizioni di conoscere la simultanea pendenza del procedimento relativo all’impugnazione dagli stessi litisconsorti proposta (con ricorso depositato in data 18 maggio 2001) impendendo, in tal modo, la necessaria riunione dei giudizi d’appello e la celebrazione del simultaneus processus.

3. Ne conseguiva, per la corte territoriale, l’improcedibilità dell’appello in esame, alla stregua della giurisprudenza di legittimità (in particolare, Cass. 13578/2001), sul presupposto che le parti appellanti in questo giudizio avrebbero potuto evidenziare, con l’appello incidentale proposto nell’altro giudizio (con memoria di costituzione del 16 maggio 2003), di aver già proposto (con ricorso depositato il 18 maggio 2001) autonomo appello principale separato, avverso la medesima sentenza.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, T. G. e gli altri litisconsorti in epigrafe indicati hanno proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, illustrato con memoria. L’intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con l’unico motivo di ricorso le parti ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt.333 e 335 c.p.c. e omessa c/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). Si censura la sentenza impugnata perchè fondata sull’erroneo presupposto della contemporanea pendenza dei due giudizi e dell’onere della parte di porre il giudice in grado di conoscere la simultanea pendenza. Per i ricorrenti, la fissazione dell’udienza per la trattazione del gravame da loro proposto successivamente alla decisione sul gravame proposto dall’INPS faceva venir meno il presupposto della contemporanea pendenza dei due giudizi di gravame, ai fini della riunione. Inoltre, deducono i ricorrenti di aver proposto il gravame, nei termini di legge, con ricorso depositato il 18 maggio 2001, successivamente al gravame proposto dall’INPS e del quale, notificato in data 21 marzo 2003 unitamente al decreto di fissazione di udienza per il 27 maggio 2003, non avevano ancora conoscenza. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto con il quale si chiede alla Corte di dire se, in ipotesi di proposizione di autonome e separate impugnazioni della medesima sentenza, l’impugnazione successivamente proposta possa essere dichiarata improcedibile a cagione della mancata riunione ai sensi dell’art. 335 c.p.c, anche facendo applicazione analogica dell’art. 333 c.p.c., ovvero la pronuncia di improcedibilità consegua esclusivamente all’ipotesi di preclusione per giudicato formatosi sulla sentenza che ha definito il giudizio di appello preventivamente proposto.

6. Il Collegio ritiene il motivo inammissibile perchè la formulazione del quesito di diritto non soddisfa i requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 (L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 20323/2010).

7. Il quesito, invero, manca di pertinenza e specificità – in riferimento alla ratio decidendi della sentenza – e della positiva formulazione della diversa ed alternativa regula iuris di cui si invoca l’applicazione a fronte della regula iuris applicata dal giudice di merito, con idonea formulazione comprensiva della sintesi logico-giuridica della questione all’esame della Corte, suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.

8. In particolare, si richiede alla Corte di esprimersi sull’eventuale improcedibilità dell’impugnazione “successivamente proposta” nell’ipotesi genericamente formulata in termini di “proposizione di autonome e separate impugnazioni della medesima sentenza”. Il quesito non tiene conto della specifica connotazione della vicenda su cui si è fondata la decisione del giudice territoriale, relativa ad un caso in cui la sentenza di primo grado del Tribunale di Reggio Calabria (n. 708/2000) era stata impugnata sia dall’INPS, con ricorso depositato il 17 ottobre 2000, notificato il 21 marzo 2003, sia da T.G. e litisconsorti con appello incidentale inserito nella memoria di costituzione del 16.5.2003, e la Corte di appello si è pronunciata su queste impugnazioni con sentenza del 7 febbraio 2004 (n. 35/2004). Avverso la stessa sentenza del Tribunale n. 708/2004 le medesime parti private avevano peraltro proposto anche appello autonomo con atto del 18 maggio 2001 (notificato all’INPS il 18 gennaio 2005), che costituisce oggetto della decisione oggi impugnata; sicchè fin dalla data della loro costituzione nel giudizio promosso con l’appello principale dell’Istituto le stesse parti private avrebbero potuto dare notizia di tale impugnazione autonoma per far presente la simultanea presenza dei due procedimenti.

9. Inoltre, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366-bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009, 11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

10. Infine, ove con un unico articolato motivo d’impugnazione, siano denunziati, come nella specie, vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto, tale censura è ammissibile solo se corredata da quesiti che contengano un reciproco rinvio, al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (v., ex multis, Cass., SU 7770/2009).

11. In definitiva, il ricorso non si informa alle predette prescrizioni dell’art. 366-bis c.p.c. e ne va dichiarata l’inammissibilità; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 20,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA e CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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