Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18951 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. lav., 16/09/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 16/09/2011), n.18951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAZZINI

140, presso lo studio dell’avvocato PALAMARA ANTONIO, rappresentato e

difeso dagli avvocati DI PARDO SALVATORE, POTENTE RENATO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, REGIONE MOLISE;

– intimati –

sul ricorso 21782-2007 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro in carica,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.P.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 424/2006 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 07/12/2006 R.G.N. 274/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato IACOVINO VINCENZO per delega SALVATORE DI PARDO e

RENATO POTENTE;

udito l’Avvocato GERARDIS CRISTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi o

assorbimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.P.C., deducendo di aver subito un’infermità a causa di somministrazioni infette, ha convenuto in giudizio il Ministero della Salute e la Regione Molise per il pagamento dell’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992.

Il Tribunale di Larino ha accolto la domanda, con decisione che è stata riformata dalla Corte di Appello di Campobasso, che ha rigettato l’originaria domanda sul rilievo della insussistenza di un danno epatico irreversibile ascrivibile alla tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981.

Avverso questa pronuncia propone ricorso per cassazione D.P. C. con due motivi cui resistono con controricorso il Ministero della Salute e la Regione Molise, che propongono anche ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo.

Successivamente, il Ministero ha depositato atto di rinuncia al ricorso incidentale condizionato, notificato al ricorrente principale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi principale e incidentale proposti contro la stessa sentenza devono essere riuniti, ex art. 335 c.p.c..

1.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 4 e del D.P.R. n. 834 del 1981, allegata Tabella A, nonchè omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, chiedendo a questa Corte di stabilire: a) “se per la concessione dell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1 sia sufficiente la presenza di danni irreversibili da epatiti post- trasfusionali (elencati nella ctu di primo grado) ovvero se sia prevista l’indicazione di precise patologie che costituiscono il presupposto per il riconoscimento dell’indennizzo (come statuito dalla Corte d’Appello di Campobasso)”; b) “se una volta rilevati dei danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali da parte della ctu può il giudice di merito non ritenere sufficienti le patologie elencate dalla ctu per configurare il requisito sanitario per il riconoscimento dell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992; c) “se per danni irreversibili di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 1 in caso di infezione HCV conseguente ad emotrasfusione vadano ricompresi solo quelli di natura epatica o qualsiasi patologia che trova un conforto eziologico con la patologia epatica”; d) “se in virtù delle precisazioni e delle affermazioni scientifiche formulate nella ctu ed evidenziate nella ctp (che si allega) la patologia del ricorrente consequenziale alla trasfusione sia riconducibile alla tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981”.

2.- Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia omessa e/o insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione alla decisione della Corte territoriale di non procedere al rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio affinchè venisse espresso il giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità secondo la tabella A allegata al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.

3.- I quesiti devono trovare risposta nel principio enunciato in materia dalle sezioni unite di questa Corte con sentenza n. 8064 del 2010 – e successivamente ribadito da Cass. n. 22706/2010 – secondo cui in tema di indennizzo in favore di soggetti da epatite post- trasfusionale, la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 1, comma 3, letto unitamente al successivo art. 4, comma 4, deve interpretarsi nel senso che prevede un indennizzo in favore di coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, sempre che tali danni possano inquadrarsi – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare – in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, rientrando nella discrezionalità del legislatore, compatibile con il principio di solidarietà (art. 2 Cost.) e con il diritto a misure di assistenza sociale (art. 38 Cost.), la previsione di una soglia minima di indennizzabilità del danno permanente alla salute nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o di provvedimenti dell’autorità sanitaria.

4.- Nella specie, la Corte territoriale ha accertato, con una valutazione di fatto incensurabile in questa sede di legittimità, l’insussistenza di un danno irreversibile riconducibile ad una delle categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, e, rigettando la domanda, si è attenuta al principio di diritto sopra enunciato.

I giudici d’appello hanno, infatti, rilevato che il c.t.u. di primo grado aveva chiaramente escluso l’esistenza di “un danno epatico anatomoclinico evidente”, e così di una “replicazione virale dell’HCV in atto”, osservando che lo stato di portatore cronico di HCV non è sufficiente, per sè solo, a configurare il requisito sanitario richiesto ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, così come non lo sono le altre patologie riscontrate dal c.t.u., ovvero lo “stato ansioso depressivo” e la “proctite ulcerosa cronica”.

Le contrarie affermazioni del ricorrente, secondo cui, sulla base delle conclusioni del c.t.u. di primo grado, non residuerebbero dubbi sul fatto che l’interessato, a seguito del contagio da virus HCV, abbia riportato un danno irreversibile alla propria integrità psico- fisica inquadratale nella tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981, si risolvono nella contestazione diretta (inammissibile in questa sede) del giudizio di merito, giudizio che risulta motivato in modo sufficiente e logico con riferimento, come sopra accennato, alla impossibilità di inquadrare le patologie riscontrate dal c.t.u., sia pure alla stregua di un canone di equivalenza, in una delle otto categorie di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.

5.- Anche il denunciato vizio di motivazione deve ritenersi insussistente, avendo al Corte territoriale adeguatamente argomentato sia sulla non riconducibilità delle suddette patologie ad una di quelle previste dalla tabella in questione, sia sulla non necessità di disporre la rinnovazione delle indagini peritali, atteso che “gli esiti di quella disposta in primo grado erano coerenti con il quesito posto e comunque chiaramente intellegibili nel riferire che “non esiste attualmente un danno epatico anatomoclinico evidente, ad eccezione di una lieve steatosi; non c’è replicazione virale dell’HCV in atto”.

6.- Il ricorso principale non può quindi trovare accoglimento.

Quello incidentale resta assorbito dal rigetto dell’impugnazione principale.

7.- Si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio, in relazione al recente consolidarsi della giurisprudenza in materia.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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