Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18951 del 16/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/07/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 16/07/2019), n.18951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16994-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

O.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4827/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA della

SICILIA, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il 07/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 7 dicembre 2017 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Catania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da O.V. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso della quota pari al 90% dell’IRPEF versata per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dal contribuente, residente in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e dal giudice di appello ritenuto al medesimo spettante, sulla scorta di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma suddetta.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 25 maggio 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente – rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – per mancanza nell’istanza di rimborso della indicazione del quantum richiesto.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto dell’istanza di rimborso, ovvero indicato in quale fase del giudizio di merito la stessa sia stata prodotta, nè depositato la suddetta istanza unitamente al ricorso.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, della VI Dir. n. 77/388/CEE come interpretata dalla Corte di giustizia con sentenza del 17 luglio 2008 in causa C132/06, dell’ordinanza della Corte di giustizia del 15 luglio 2015 in causa C-82/14 nonchè della decisione 5549 final del 14 agosto 2015 della Commissione Europea. Censura la sentenza impugnata per avere la CTR errato nel riconoscere al contribuente il diritto al rimborso delle imposte pur in presenza di attività di impresa.

Il motivo è inammissibile.

Invero, la questione posta a fondamento del motivo di ricorso, e cioè che l’attività svolta dal contribuente rientrasse nell’ampia nozione di impresa accolta in ambito unionale, non risulta essere stata esaminata nella sentenza impugnata, nè risulta documentato che sia stata prospettata nel giudizio di merito, essendosi l’Agenzia delle entrate limitata ad asserire (pag. 6 del ricorso) che il contribuente era titolare di reddito di lavoro autonomo, facendo generico riferimento alla dichiarazione dei redditi dallo stesso presentata e senza specificare la sede processuale in cui la questione sarebbe stata dedotta.

Va, in proposito, richiamato l’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio (Cass. nn. 20694, 26129 e 26365 del 2018). Con il terzo motivo, in via subordinata, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017. Sostiene la ricorrente che lo ius superveniens di cui al suddetto decreto legge sarebbe estensibile all’odierno giudizio poichè l’art. 16-octies dovrebbe applicarsi a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, nella parte in cui riduce in percentuale le somme da corrispondere (o addirittura esclude che si proceda al rimborso) nel caso in cui gli importi complessivamente dovuti eccedano le risorse stanziate in bilancio.

La censura è infondata, in quanto, prospettando l’applicabilità della nuova normativa al presente giudizio, si pone in contrasto con l’orientamento espresso da questa Corte, secondo cui “in mancanza di disposizioni transitorie, non incide sui giudizi in corso l’introduzione di limiti quantitativi al procedimento di rimborso da parte di una legge sopravvenuta (nella specie, la L. n. 123 del 2017, art. 16-octies, comma 1, lett. b, di conv. del D.L. n. 91 del 2017), attuata con provvedimento amministrativo, in quanto la stessa non incide sul titolo del diritto alla ripetizione, che si forma nel relativo processo, ma esclusivamente sull’esecuzione del medesimo” (Cass. n. 6213 del 2018; nello stesso senso: Cass. n. 227 del 2018; Cass. n. 29899 del 2017).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, non avendo il contribuente svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2019

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