Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18950 del 05/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 05/07/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 05/07/2021), n.18950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28199/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrenti principali –

contro

D.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO

GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, che

la rappresenta e difende;

– controricorrento – ricorrente incidentale –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

cel suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

ESTER ADA SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, LELIO MARITATO, CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

– resistenti con mandato –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A. (già Equitalia Gerit S.p.A);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4147/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/05/2015 R.G.N. 1722/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza n. 4147/2015 la Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame svolto dall’INPS avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella esattoriale opposta da D.M.S. per contributi artigiani, sul reddito eccedente il minimale, dovuti dagli iscritti alla gestione autonomi relativi all’anno 2004, oltre sanzioni e interessi di mora;

la Corte territoriale, premesso che la maggiore contribuzione era stata richiesta dall’INPS all’esito dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate che aveva acclarato un reddito IRPEF superiore a quello dichiarato, riteneva che la notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta il 26.11.2009, non avesse interrotto il termine quinquennale di prescrizione del credito contributivo afferente all’anno 2004, posto che il dies a quo del decorso della prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 c.c., doveva individuarsi nel giorno successivo alla scadenza dei termini di pagamento dell’obbligazione e cioè il 20 giugno 2005, nè era stata provata la sussistenza del dolo della D.M. ai fini previsti dall’art. 2941 c.c., n. 8;

avverso tale pronuncia l’INPS, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione, ulteriormente illustrato con memoria, deducendo tre motivi di censura;

D.M.S. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale con il quale ha riproposto le eccezioni che ha affermato di aver formulato nel corso dei gradi merito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con un primo motivo di ricorso, sebbene privo di formale indicazione, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2 e D.L. n. 384 del 1992, art. 3-bis, conv., con modificazioni, nella L. n. 438 del 1992, assumendosi che, con riferimento alla decorrenza della prescrizione della contribuzione a percentuale dovuta dagli iscritti alla gestione artigiani, il dies a quo non possa che essere individuato nell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che accerta il maggiore reddito d’impresa, e dunque un reddito superiore al livello minimo imponibile, atto di accertamento che non costituisce atto interruttivo della prescrizione ma il fatto determinante il sorgere del diritto dell’istituto, vale a dire il conseguimento, da parte del lavoratore autonomo, di un reddito di gran lunga superiore a quello dichiarato; a ciò consegue la decorrenza della prescrizione dall’accertamento della sussistenza del fatto costituente presupposto del versamento da parte dell’amministrazione a ciò preposta (accertamento dell’agenzia delle entrate del 26.11.2009), momento dal quale l’INPS ha contezza del credito contributivo, non prescritto alla data (27.1.2011) della notifica della richiesta di pagamento;

il secondo motivo, formulato a differenza del primo, con specifica intitolazione ed evidenza grafica, viene prospettato, qualora non si volesse ritenere il termine di prescrizione decorrente dalla data dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, quale violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c. e D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1, assumendosi che l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate (il 26.11.2009) al lavoratore autonomo costituiva atto interruttivo della prescrizione in considerazione dell’accertamento unico del presupposto comune ai due rapporti, quello tributario e quello previdenziale a mente del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 1 e della competenza attribuita all’agenzia delle entrate anche per la riscossione e per l’incasso per conto dell’INPS per i periodi indicati nella L. n. 2 del 2009, art. 32-bis (ora abrogato) e L. n. 106 del 2011, art. 7, comma 2, lett. t) con la conseguenza che, verificatasi un’attrazione esclusiva alla competenza dell’amministrazione finanziaria dell’accertamento della base imponibile previdenziale, gli atti dell’Agenzia costituiscono anche atti di esercizio del rapporto previdenziale, riverberano i loro effetti sulla determinazione della base imponibile e producono effetti anche sul connesso rapporto previdenziale sicchè, nella specie, l’accertamento era stato notificato il 26.11.2009, non ancora decorso il termine di prescrizione;

infine, richiamando la violazione dell’art. 2941 c.c., n. 8, L. n. 233 del 1990, artt. 1 e 2, D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, conv. in L. n. 438 del 1992, si assume che nella denegata ipotesi di un esito interpretativo nel senso del decorso del termine di prescrizione dei contributi a percentuale, relativi ad un dato periodo, dalla data prevista per il pagamento, detto termine debba ritenersi sospeso, ex art. 2941 c.c., n. 8, per i diritti di credito sorti dopo un atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e allorchè tale atto non sia stato preceduto dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, stante il doloso occultamento, da parte del debitore, dell’avvenuto conseguimento di un reddito superiore a quello imponibile e conseguentemente dovendo ritenersi sospeso il termine di prescrizione tra la data del pagamento e l’accertamento dell’agenzia delle entrate, alla data di intimazione del pagamento da parte dell’INPS, con l’avviso di addebito, il termine di prescrizione non era ancora decorso;

il primo motivo, inerente alla decorrenza della prescrizione, è infondato essendosi ormai consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di contributi c.d. a percentuale, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito L. n. 233 del 1990, ex art. 1, comma 4, ancorchè l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento, con la conseguenza che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 3, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’eventuale atto successivo con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato un maggior reddito, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, avendo quest’ultimo mera efficacia interruttiva della prescrizione (v. Cass. n. 13463 del 2017, cui hanno dato continuità, tra le altre, Cass. nn. 19640 e 27950 del 2018; da ultimo Cass. n. 5413 del 2020);

il secondo motivo, incentrato sull’efficacia interruttiva dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, è da accogliere;

come già accennato, l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, D.Lgs. n. 462 del 1997, ex art. 1, di un determinato reddito dapprima non emerso, non individua fatti costitutivi del diritto contributivo dell’ente previdenziale ma dispiega soltanto efficacia interruttiva della prescrizione, anche a beneficio dell’I.N.P.S. (principio consolidato: v. Cass. n. 13463 del 2017 cit. e numerose successive conformi);

rimane assorbito il terzo motivo, incentrato su questione per la quale è parimenti consolidato il principio di diritto secondo cui l’operatività della causa di sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 c.c., n. 8, ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, con la conseguenza che tale criterio non impone di far riferimento ad un’impossibilità assoluta di superare l’ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli (Cass. nn. 9113 del 2007, 21567 del 2014; da ultimo Cass. n. 5423 del 2020);

il ricorso incidentale che come si è riferito nella premessa in fatto è privo di motivi formulati ai sensi dell’art. 360 c.p.c. e si è limitato a riferire le ragioni fatte valere nei gradi di merito, va dichiarato per tale ragione inammissibile;

la sentenza impugnata, che ha escluso l’idoneità dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate ad interrompere la prescrizione anche a beneficio dell’INPS non si è attenuta agli esposti principi e va, pertanto, cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata al giudice designato in dispositivo affinchè proceda a nuovo esame;

al giudice del rinvio è delegata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, dichiara assorbito il terzo, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2021

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