Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18939 del 17/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18939 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: BALSAMO MILENA

SENTENZA

sul ricorso 29055-2011 proposto da:
COMPAGNIA ITALIANA GENERALFRIGO SPA in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso
lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo
rappresenta
2018

e

difende unitamente all’avvocato

GIANFRANCO GAFFURI giusta delega a margine;
– ricorrente –

926
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE ORGANO CENTRALE AMMINISTRAZIONE
FINANZIARIA in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

Data pubblicazione: 17/07/2018

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente

avverso

la

sentenza

n.

284952/2010

della

COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 06/05/2011;

udienza del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. MILENA
BALSAMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. STEFANO VISONA’ che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che
si riporta al controricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ESPOSIZIONE DEL FATTO
§1.L’Agenzia delle Entrate notificava una cartella esattoriale alla società
Italiana Generalfrigo, a seguito dell’omessa impugnazione dell’avviso di
accertamento, per differenze inventariali positive e negative rilevanti ai fini delle
imposte sui redditi e sul valore aggiunto, con riferimento all’anno 2004.
L’ente contribuente avanzava dapprima istanza con adesione ex art. 6 d.lgs

ad un accertamento condiviso, aderiva integralmente alle istanze dell’Agenzia
ai sensi dell’art. 15 del citato d.lgs., provvedendo al pagamento delle imposte
e delle sanzioni secondo quanto previsto dall’art. 15 citato oltre il termine di
sessanta giorni;non versava, invece, l’imposta IRES, in quanto disponendo, al
termine del periodo di imposta 2004,di perdite residue pari ad euro 164.291,00
( M.U. 2004), capienti rispetto al maggior imponibile accertato in euro 111.000,
riteneva di poter riportare, nella dichiarazione dell’esercizio successivo, le
perdite fiscali ridotte del quantum accertato.
La società impugnava la cartella sul rilievo di aver eseguito il versamento di

quanth dovuto al fisco, a seguito del comportamento adesivo.
La C.T.P. di Milano rigettava il ricorso con sentenza che veniva impugnata
dalla contribuente.
La C.T.R. di Milano confermava la pronuncia di primo grado sul presupposto
del mancato perfezionamento dell’acquiescenza all’atto amministrativo, avendo
la ricorrente presentato istanza di accertamento con adesione prima di
accettare le valutazione dell’Ufficio, versando le somme oltre il termine di 60
giorni dalla notifica dell’accertamento e omettendo di versare l’intero importo
determinato dall’Erario, avendo la contribuente compensato il maggior
imponibile determinato dall’Agenzia con le perdite di esercizio dichiarate dalla
I

societa.
Nelle more del ricorso, la contribuente subiva due pignoramenti presso terzi,
che si concludevano con il pagamento delle somme portate dalla cartella
impugnata.
La sentenza d’appello indicata in epigrafe é impugnata dalla contribuente
con ricorso per cassazione, sorretto da cinque motivi.
1

218/1097 e, successivamente, nel corso del procedimento, prima di addivenire

Resiste l’Erario con controricorso.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO
§ 2.11 ricorso assume, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione
dell’art. 15 d.lgs. 218/97 e delle norme relative alla

cd.acquiescenza, in

erroneamente interpretato l’istituto della cd. acquiescenza, in quanto, sebbene
l’art. 115 preveda la riduzione delle sanzioni irrogate dall’amministrazione
finanziaria “se il contribuente rinuncia alla impugnazione dell’atto impositivo e
a formulare istanza di accertamento con adesione”, la facoltà di promuovere la
conclusione di un accordo con il Fisco implicherebbe anche il diritto di desistere
dall’iniziativa.
Detta tesi troverebbe il suo fondamento, secondo la società
Generalfrigos.p.a., nella circostanza che, se la ricerca di una conciliazione con
l’Erario non osta al diritto di impugnare l’atto impositivo, così non si può negare
al destinatario dell’atto amministrativo la facoltà di prestare acquiescenza al
contenuto dell’atto medesimo, prima che il contraddittorio confluisca in una
concorde valutazione della pretesa tributaria.
§.3 Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 15 del cit. d.lgs., con riferimento alla possibilità di versare
la maggiore imposta determinata nell’accertamento dopo la scadenza di 60
giorni dalla sua notifica, ex art. 360 n. 3 c.p.c., motivo subordinato
all’accoglimento alla tesi propugnata con la prima censura.
§.4 Con il terzo motivo si lamenta violazione del cit. art. 15 e delle norme
relative alla cd. acquiescenza, nonché dell’art. 84 D.P.R. n. 917/1986, che
prevedono la deduzione delle perdite ai fini della determinazione del reddito
commerciale, e la conseguente possibilità di compensare il maggior imponibile
accertato dall’ufficio con le perdite subite, non sussistendo l’obbligo di versare
l’imposta relativa all’incremento della base imponibile IRES determinato
dall’ufficio.

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relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., censurando la pronuncia impugnata per aver

§.§ Con la quarta censura, la ricorrente lamenta la contrarietà ai principi di
legittimità dell’interpretazione offerta dai giudici territoriali in ordine
all’impossibilità di utilizzare le perdite nell’ipotesi di acquiescenza, riproponendo
le difese svolte con il precedente mezzo in merito alla possibilità di compensare
il maggiore imponibile Ires con le perdite subite.
§.6 Con l’ultimo motivo, la ricorrente lamenta insufficiente motivazione in

15 cit. ex art. 360 n. 5 c.p.c., sul presupposto che il decidente avrebbe omesso
di esaminare le deduzioni difensive della contribuente.
§.4 I primi due motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente, per
la loro stretta connessione, sono destituiti di fondamento.
In ottica deflattiva il legislatore, per quanto rileva nel presente giudizio,
consente al contribuente, che ha ricevuto un avviso di accertamento, di
ottenere un più favorevole trattamento sanzionatorio e/o evitare il contenzioso
attraverso tre istituti, tutti da attivare al massimo entro il termine per proporre
ricorso avverso l’atto impositivo ed alternativi tra loro: la cd. acquiescenza, di
cui al D.Lgs. n. 218 del 1997, art.15; l’accertamento con adesione, di cui al
D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6; la cd. definizione agevolata (o in via breve) delle
sanzioni, di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 2.
Per quel che qui interessa, con l’accertamento con adesione (cd.
concordato), disciplinato dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, viene consentito al
contribuente, che ritiene possibile addivenire in contraddittorio con l’Agenzia ad
un componimento bonario rispetto alla pretesa impositiva, patteggiare
l’imponibile accertato dall’Ufficio e ottenere uno sconto sulle sanzioni irrogate
(un quarto, ora un terzo, del minimo edittale).
§.6 L’attivazione della procedura comporta, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del
1997, art. 6, comma 3, l’automatica sospensione, per un periodo
di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione o spedizione dell’istanza,
del termine per impugnare l’atto di accertamento, in tal modo garantendosi al
contribuente, che non riesca ad accordarsi con l’Ufficio, la possibilità di proporre
ricorso alla competente Commissione provinciale; tanto perché con l’istanza di
accertamento con adesione il contribuente non presta affatto acquiescenza
3

riferimento all’assenza delle condizioni per fruire delle agevolazioni di cui all’art.

rispetto alla pretesa fiscale, sicché gli viene consentito, in caso di mancato
I

accordo con l’Ufficio, di contestarla successivamente, perdendo ovviamente il
beneficio della riduzione delle sanzioni(Cass. 1839/2010).
§.7 Con l’istituto della cd. acquiescenza, disciplinato dall’art. 15 delD.Lgs.
19 giugno 1997,n.218,vieneconsentita, invece,alcontribuentela possibilità di
prestare completa acquiescenza agli addebiti riportati nell’atto impositivo

ricorso dinanzi alla competente Commissione tributaria e di avvalersi della
procedura di accertamento con adesione, ed ottenendo in tal modo la riduzione
della sanzione ad un quarto (ora ad un terzo, ex L. n. 220 del 2010);
evidente è la ratio deflattiva dell’istituto, che consente, da un lato, all’erario, di
a
incassare in breve termine gli importi dovuti evitando contenzioso o riscossione
dei detti importi tramite ruolo, e, dall’altro, al contribuente, che ritiene non
sussistano valide ragioni per contrastare l’accertamento notificatogli, di versare
solo in parte le sanzioni irrogategli.
§.8 Nel caso di specie è pacifico (v. anche sentenza della CTR) che, a fronte
di accertamento notificatole in data 22.10.2007, la società contribuente abbia
presentato, in data 13.12.2007, istanza di accertamento con adesione ex art.
6 cit., non conclusosi a seguito della proposizione della successiva istanza di
aderire integralmente alle richieste contenute nell’atto impositivo ex art. 15 cit.(
cd. acquiescenza).
Ebbene, alla luce della normativa citata, la contribuente ha perso, atteso la
presentazione dell’istanza, la possibilità di far ricorso all’acquiescenza di cui al
D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 15, espressamente condizionata proprio alla
rinuncia a formulare istanza di accertamento con adesione; la presentazione
dell’istanza di accertamento con adesione non consente, pertanto, alla
contribuente di potere beneficiare della definizione agevolata delle sanzioni di
cui al citato art. 15 (cfr. Cass. 12006/2015).
Del resto, pur a voler ritenere ammissibile la possibilità di usufruire
dell’istituto della cd. acquiescenza, nonostante la presentazione di una
pregréssa istanza di accertamento con adesione -che il legislatore considera
ostativa all’accesso alla prima-, l’eventuale implicita rinuncia alla procedura
4

ricevuto, conseguentemente rinunciando espressamente alla facoltà di proporre

attivata per prima, certamente non consente, alla stregua della successiva
istanza di adesione integrale all’atto impositivo ex art. 15 cit., di versare gli
importi dovuti oltre il termine di 60 giorni previsti dalle disposizioni che regolano
la procedura in questione.
Pertanto, correttamente la CTR, in presenza di accertamento con adesione
non andato a buon fine e di un pagamento tardivo, ha ritenuto legittima la

§.11 La terza e la quarta censura propongono la questione secondo la quale
l’istituto della cd. acquiescenza si perfeziona anche attraverso la compensazione
del maggior imponibile con le maggiori perdite subite.
Ebbene, preliminarmente occorre precisare che la pronuncia impugnata non
esclude, come afferma la società, la compensazione tra maggior imponibile e
perdite subite, statuendo invece che la questione avrebbe dovuto essere
sottoposta al vaglio del primo giudice con ricorso avverso l’accertamento
divenuto oramai definitivo.
In ogni caso, le censure in esame attingono una delle due rationes decidendi
che sostengono la pronuncia, la prima delle quali attinta dai primi due motivi la
cui infondatezza è stata sopra accertata, tale da determinare l’inammissibilità
dei mezzi in esame.
E’ orientamento costante di questo giudice di legittimità, che, qualora la
decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e
autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la
ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi”
rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative
alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste
ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività
delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr.SU n. 7931 del 2013;Cass.
Cass. n. 2108 del 2012).
Non va, peraltro, trascurato che le perdite pregresse possono essere
scomputate dal maggior reddito accertato esclusivamente su istanza del
contribuente mediante presentazione del previsto modello e solo qualora
residuino maggiori imponibili dopo l’eventuale scomputo delle perdite di periodo
5

pretesa dell’Ufficio.

posto in essere dall’ufficio; tale facoltà è riconosciuta anche in sede di
accertamento con adesione.
Nella fattispecie, invece, non risulta che il contribuente abbia presentato la
relativa istanza nel termine indicato dalla legge, avendo decurtato le perdite
nella dichiarazione successiva alla intervenuta presunta acquiescenza, né risulta
che l’imponibile superasse le perdite.

delle allegazioni difensive della ricorrente, risulta, oltre che genericamente
formulata – non avendo la ricorrente trascritto le difese che avrebbe svolto e
che non sarebbero state scrutinate dalla Commissione – anche priva del
requisito della specificità: infatti, quando il motivo di impugnazione si fondi sul
rilievo che le “deduzioni difensive” non sono state vagliate dai giudici di appello,
per consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad
essa sottoposte e valutarne la decisività, il ricorrente ha l’onere di indicare, al
fine df evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, con
quale atto e in quale sede sia stata fatta quella deduzione(Cass. n. 27568/2017;
n. 2406272017).
In

conclusione,

il

ricorso

deve

essere

respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q. M
La Corte

Rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alle spese sostenute dall’Agenzia che liquida in

euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
7.06.2018

§.12 L’ultima censura che attinge la motivazione per l’omessa valutazione

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