Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18938 del 16/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/09/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 16/09/2011), n.18938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

D.G., P.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 32/2007 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 18/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI BRUNO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro i coniugi G. D. e P.F. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha respinto l’appello contro la sentenza di primo grado che aveva annullato un avviso di accertamento per IRPEF e ILOR per l’anno di imposta 1995;

accertamento col quale l’Ufficio aveva recuperato a tassazione i maggiori redditi che – sulla scorta delle risultanze emergenti dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 27.3.98 – assumeva essere stati percepiti (in parte certamente ed in parte presuntivamente) per interessi su prestiti usurari.

I contribuenti non si sono costituiti.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 3.5.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso per cassazione proposto dell’Agenzia si fonda su tre motivi; col primo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 4, si denuncia la nullità della sentenza gravata, per essere la stessa sorretta da una motivazione apparente e sostanzialmente omessa; coi secondo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5. si denuncia l’insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, costituito dallo squilibrio tra la modestia dei redditi dichiarati dai contribuenti e la vastità delle loro accertate disponibilità patrimoniali; col terzo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, si denuncia la violazione della L. n. 537 del 1993, art. 14 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 per aver ritenuto non tassabili gli interessi percepiti dai contribuenti per la sola ragione della mancata dimostrazione della loro natura usuraria.

Il primo motivo è fondato e va accolto.

La motivazione che sorregge la sentenza impugnata si risolve nell’affermazione di seguito testualmente trascritta: “La relazione di CTU disposta in sede penale e presente in atti non conferma i fatti riportati nei pvc, generando in questa Commissione il convincimento che l’atto impositivo vada annullato”. Tale motivazione non indica per quali ragioni la CTU svolta in sede penale – ossia nell’ambito di un processo tendente ad accertare non i fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria (la percezione di interessi) ma i fatti integrativi del delitto di usura -non confermerebbe i fatti riportati nel processo verbale di costatazione della Guardia di Finanza; in particolare, la Commissione Tributaria Regionale omette del tutto di indicare quali siano le specifiche argomentazioni di detta CTU che smentirebbero le risultanze emergenti da processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza posto a fondamento dell’atto impositivo dell’Ufficio. Da tale motivazione risulta quindi impossibile ricostruire l’iter argomentativo seguito dalla Commissione Tributaria Regionale per pervenire alla formazione del suo convincimento; d’altra parte, la mancata disamina delle argomentazioni in fatto svolte nell’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado (debitamente trascritte, in osservanza dell’onere di autosufficienza, alle pagg. 3-6 del ricorso per cassazione) impedisce di verificare se la Commissione Tributaria Regionale abbia valutato criticamente il provvedimento censurato e le censure proposte dall’appellante.

La sentenza va quindi giudicata nulla per difetto dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1932, art. 36, n. 4 (applicabile alla sentenza di secondo grado per il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61) e di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c. (applicabile al rito tributario in forza dei generale rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del citato decreto delegato), perchè risulta completamente priva della illustrazione dei motivi di fatto della decisione, con conseguente impossibilità di individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (vedi, in argomento, le sentenze di questa Corte nn. 3547/2002, 13990/2003, 25138/2005. 1573/2007) e dello stesso thema decidendum.

In accoglimento del primo mezzo di ricorso, assorbiti il secondo ed il terzo, si deve cassare la sentenza impugnata.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che regolerà anche le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2011

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