Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18936 del 15/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 15/07/2019), n.18936

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso ricorso 12099-2018 proposto da:

A.S.D., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato DOMENICO SERVELLO;

– ricorrente –

contro

AVIVA ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore Delegato pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI MONTE VERDE 162,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MARCELLI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato BARBARA CECCARELLI;

– controricorrente –

contro

F.P., FE.GI., C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 465/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

A.S.D. propone ricorso per Cassazione, affidato ad unico motivo, avverso sentenza 465/2017 del 16-3-2017, con cui la Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato la paritaria responsabilità dei conducenti dei due veicoli coinvolti nell’incidente accaduto il 29-4-2004, in provincia di Vibo Valentia, all’incrocio della strada che collega Soriano Calabro con Vibo Valentia; nello specifico la Corte, per quanto ancora rileva, ribadendo quanto al riguardo già affermato dal Tribunale, ha evidenziato, sulla base delle risultanze istruttorie e in particolare dei rilievi dei c.c., che F.P., alla guida dell’autocarro Mercedes, aveva attraversato l’incrocio senza rispettare il segnale di stop, mentre A.S., alla guida della Fiat Uno, aveva tenuto nello stesso incrocio una velocità eccessiva (Km/h 70 invece dei 20 o 10 prescritti, su strada sdrucciolevole); nessuno dei conducenti aveva provato di avere fatto il possibile per evitare il danno ed entrambi avevano invece violato precise norme del codice della strada.

Aviva Italia resiste con controricorso.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Non rileva la mancata notifica del ricorso a P.C. e P.F., litisconsorti in cause scindibili ex art. 332 c.p.c..

Con l’unico motivo il ricorrente, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione di un punto decisivo sulle responsabilità dei conducenti, si duole che la Corte d’Appello, nel valutare la responsabilità dei conducenti, non abbia considerato le risultanze istruttorie, e, in particolare le dichiarazioni dei testi escussi, che avevano affermato di avere visto il ricorrente rallentare prima di giungere in pieno incrocio; alla stregua di tali dichiarazioni poteva invece ritenersi raggiunta la prova che solo il ricorrente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Il motivo è inammissibile.

In primo luogo in quanto, facendo riferimento alle testimonianze come “in ricorso testualmente riportate” senza però poi effettivamente riportarle, non osserva il requisito della specifica indicazione richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

In secondo luogo, in quanto non in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe detetminato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.; conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014; v. anche Cass. 21152/2014 e Cass. 17761/2016, che ha precisato che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (conf. Cass. 29883/2017); nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato) omesso, ma si è limitato (inammissibilmente, per quanto detto) a contestare la conclusione cui era giunta la Corte sulla base delle risultanze dell’espletata istruttoria, contrapponendo alla detta valutazione il proprio giudizio in ordine a siffatte risultanze.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019

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