Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18934 del 17/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 18934 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 28265-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2018
921

VERONICO LAURA, VERONICO NICOLA, VERONICO STELLA,
VERONICO ROSARIA;
– intimati –

Nonché da:
VERONICO STELLA, VERONICO ROSARIA, VERONICO NICOLA,

Data pubblicazione: 17/07/2018

VERONICO LAURA quali eredi di VERONICO GIUSEPPE,
elettivamente domiciliati in ROMA VIALE DEL VIGNOLA 5,
presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI,
rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI QUERCIA
giusta delega in calce;

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 79/2010 della COMM.TRIB.REG. di
BARI, depositata il 14/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. STEFANO VISONA’ che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e del ricorso
incidentale;
udito per il ricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il
rigetto del ricorso incidentale.

-controri correnti incidentali –

Fatti rilevanti e ragioni della decisione.
§ 1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della
sentenza n. 79/3/10 del 14 ottobre 2010,con la quale la commissione tributaria
regionale della Puglia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto parzialmente
fondato l’avviso di accertamento per IIDD ed Iva 2003 notificato, in esito a processo
verbale di constatazione 24 febbraio 2005, a Giuseppe Veronico nella sua qualità di
titolare dell’omonima ditta individuale edile, corrente in Trani.

il primo giudice aveva qualificato l’accertamento in oggetto ai sensi del ‘secondo’
comma dell’articolo 39 d.P.R. 600/73, nonostante che si trattasse di accertamento,
non induttivo ma analitico, ai sensi del ‘primo’ comma della disposizione citata; ciò,
tuttavia, si risolveva in un mero errore di trascrizione privo di incidenza decisoria; l’ufficio aveva operato la ricostruzione analitica dei presupposti d’imposta, pur a
fronte di varie lacune nella tenuta della contabilità da parte del Veronico (assenza del
prospetto delle rimanenze; mancata redazione della nota integrativa al rendiconto;
assenza del prospetto delle opere, forniture e servizi di durata ultrannuale ex articolo
60 T.U.I.R.); – corretta doveva ritenersi la ripresa a tassazione di ricavi per C
300.000,00, posto che la nota di credito in proposito emessa dal Veronico nei
confronti della MEVECOS soc.cons.r.l. non trovava comprovata giustificazione
economica; – illegittimo, per contro, era l’avviso di accertamento in relazione al
disconoscimento,da parte dell’agenzia delle entrate,dei costi di gestione dell’ufficio
sito in Bari, posto che il contribuente aveva dimostrato l’effettivo utilizzo di tale sede
per l’espletamento della propria attività (come risultava da un contratto di comodato
intercorso con la proprietaria Veronico spa, nonché dalla dichiarazione di variazione
presentata il 14 marzo 2005,con effetto retroattivo, all’Ufficio Iva).
Resistono con controricorso gli eredi del Veronico (deceduto il 5 agosto 2009), i
quali propongono anche quattro motivi di ricorso incidentale.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso principale l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ. – violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ.. Per
avere la commissione tributaria regionale affermato la deducibilità dei costi di
gestione dell’ufficio di Bari, nonostante che i contribuenti non avessero proposto
sostanziale censura avverso l’opposta decisione di primo grado; nè avessero
richiamato la prova (sulla base degli elementi invece ravvisati dal giudice di appello)
insita in documenti asseritamente idonei ad attribuire data certa al comodato d’uso
dei locali.
§ 2.2 Il motivo è infondato.

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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

Il C

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – erroneamente

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente principale, i contribuenti
avevano impugnato la sentenza di primo grado (atto di appello, pagg.22-23) anche
sotto lo specifico profilo del disconoscimento dei costi di gestione della sede di Bari;
assumendo che quest’ultima (ancorché non ancora formalmente comunicata
all’anagrafe tributaria) era

effettivamente impiegata dalla ditta individuale del

Veronico, come poteva desumersi (oltre che dalla comprovata inidoneità, per
mancanza di arredi e macchine d’ufficio, della sede legale in Trani), dal contratto di

menzione nelle relazioni sulla gestione contenute nei bilanci 2000/2003 della
comodante Veronico spa (prodotti in appello).
Nell’atto di gravame dei contribuenti, in particolare, era dato evincere non
soltanto un elemento volitivo di impugnazione, ma anche un contenuto critico e di
doglianza; là dove la sentenza di primo grado veniva censurata proprio per non aver
attribuito rilevanza probatoria al contratto di comodato; così come allegato già in
sede di processo verbale di constatazione, e quindi richiamato nel ricorso introduttivo
del giudizio.
Non può pertanto fondatamente sostenersi che la commissione tributaria regionale,
prendendo posizione su tale aspetto di lite, abbia travalicato i limiti devolutivi
dell’appello e, con ciò, il principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato ex
articolo 112 cod.proc.civ. .

§ 3.1 Con il secondo motivodi ricorso principale l’agenzia delle entrate lamenta – ex
art.360, 1″ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli articoli 75
d.P.R. 917/1986 e 2697 cod.civ. Per avere la commissione tributaria regionale
affermato la deducibilità dei costi di gestione dell’ufficio di Bari sulla base di due
elementi (- la dichiarazione Iva ad effetto retroattivo; – il contratto di comodato d’uso
privo di data certa) normativamente inidonei allo scopo.

§ 3.2 Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Il giudice di appello ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento nella parte
concernente il disconoscimento dei costi di gestione della sede barese della ditta in
verifica; e ciò perché l’effettivo utilizzo di tale sede da parte del Veronico doveva
desumersi: a. dal contratto di comodato intercorso con la Veronico spa, “sia pure non
registrato”; b. dalla variazione presentata all’ufficio Iva il 14 marzo 2005, “ma con
decorrenza 10 gennaio 2000”.
Ora, così facendo il giudice di merito ha attribuito a tali documenti un’efficacia
preclusa dalla legge.
Per quanto concerne il contratto di comodato, rileva che esso era stato dedotto in
giudizio dalla parte contribuente, non quale mero fatto storico, bensì quale element
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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

Il Co

comodato. Contratto la cui certezza di data emergeva, asseritamente, dalla sua

negoziale opponibile all’amministrazione finanziaria. Da ciò derivava che, in tanto
esso poteva assurgere a prova di un titolo contrattuale di utilizzo dei locali, in quanto
fosse dotato di data certa opponibile nei confronti dei terzi ex articolo 2704 cod.civ.
(sulla qualità di ‘terzo’ dell’amministrazione finanziaria in fase di accertamento: Cass.
7621/17; 29451/08 ed altre). Va del resto considerato come nemmeno il
contribuente avesse contestato la necessità di data certa del contratto, salvo
affermare che tale requisito dovesse ritenersi provato da altri elementi documentali di

Veronico spa). In tale situazione, il giudice di appello non si è fatto carico della
disciplina legale di cui all’articolo 2704 cod.civ., nè ha esplicitato alcunché in ordine
alla possibilità di superare, nella specie, l’insussistenza totale degli elementi
alternativi dai quali la norma da ultimo citata fa discendere – in assenza di
registrazione – l’opponibilità dell’atto; e nemmeno ha individuato qualsivoglia altro
fatto “che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del
documento”,ex art.cit..

Per quanto concerne la dichiarazione di variazione presentata all’ufficio Iva circa
l’attivazione della sede barese, basterà rilevare come il giudice di appello ne abbia
convalidato l’efficacia probatoria sol perché asseritamente dotata – non per effetto di
legge, ma sulla base della dichiarazione del Veronico – di efficacia retroattiva “con
decorrenza 10 gennaio 2000”.

Là dove l’effettivo utilizzo della sede di Bari a

decorrere da questa data non poteva evidentemente probatoriamente affidarsi ad
una dichiarazione di variazione presentata due anni dopo l’annualità in verifica e, per
giunta, addirittura dopo il processo verbale di constatazione nel quale si era operato il
disconoscimento. Dal che si evince come la denuncia di variazione non potesse di per
sé valere, a tutto concedere, che per il futuro.
Va per vero rilevato come il giudice di appello non abbia valutato, per contro,
nemmeno l’ulteriore elemento probatorio (dedotto a favore della parte contribuente)
costituito dalla asserita menzione del suddetto contratto di comodato nei bilanci
2000/2003 della comodante Veronico spa (relazione sulla gestione); bilanci prodotti
in appello ex art.58 d.lgs. 546/92, e di cui si sostiene la data certa per regolarità di
deposito.
Ne deriva, pertanto, la necessità di cassare sul punto la sentenza impugnata, con
conseguente rinvio al fine di una nuova valutazione probatoria – avente riguardo alla
interezza e complessità del quadro istruttorio fornito dalle parti – relativamente alla
deducibilità dei costi in questione.
§ 4.1 Con il primo motivo di ricorso incidentale i contribuenti lamentano – ex art.360,

1^ co. n. 4 cod.proc.civ. – nullità della sentenza per violazione dell’articolo 1 2
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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

Il

riscontro (quali la successiva variazione all’ufficio Iva, ed i bilanci della comodante

cod.proc.civ. . Per avere la commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi
sulla specifica eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento (affetto da vizio di
motivazione) perché basato su verifica analitica (art.39 1^ co. d.P.R. 600/73) e non
induttiva (2^ co.), nonostante l’affermata pretesa inattendibilità delle scritture
contabili. Su tale presupposto l’avviso di accertamento aveva ingenerato confusione
ed incertezza, a scapito del diritto di difesa del contribuente.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale i contribuenti deducono – ex art.360,

decisivo del giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto
inattendibili le scritture contabili dell’impresa, nonostante che da esse fossero
desumibili tutti gli elementi di ricostruzione dell’attività economica; e che irrilevanti
fossero le lacune di contabilità da essa riscontrate (essendo, tra l’altro, la nota
integrativa prescritta non per le ditte individuali, ma soltanto per le società di capitali
tenute alla redazione del bilancio di esercizio).
§ 4.2 Questi due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria perché entrambi
incentrati sulla inattendibilità delle scritture contabili, sono infondati.
La commissione tributaria regionale ha dato conto del fatto che l’avviso di
accertamento in oggetto non poteva ascriversi – diversamente da quanto affermato,
per mero errore materiale, dal primo giudice – al secondo comma dell’articolo 39
d.P.R. 600/73; rientrando, piuttosto, tra le ipotesi di accertamento analitico di cui al
primo comma della disposizione citata. Tale convincimento trova rispondenza nel
dato oggettivo che l’avviso medesimo (in ciò congruamente motivato) si articolava in
contestazioni analitiche di emersione di specifici ricavi non dichiarati, ovvero di
disconoscimento di specifici costi contabilizzati; senza con ciò accedere allo
strumento presuntivo, ancorché secondo i requisiti legali di gravità, precisione e
concordanza. Ne consegue, dunque, che l’amministrazione finanziaria ha
effettivamente optato – com’era nei suoi poteri – per un accertamento di natura
analitica.
In questo senso deve essere intesa l’affermazione del giudice di appello il quale,
lungi dall’omettere la decisione sul punto, si è pronunciato appunto nel senso di
ritenere fondata la tesi dell’ufficio circa la natura analitica dell’accertamento ai sensi
del primo comma dell’articolo 39 cit.; dovendosi, per contro, ascrivere a mero errore
materiale il riferimento operato dal primo giudice al secondo comma della medesima
disposizione.
Tale statuizione deve, sotto altro profilo, ritenersi anche correttamente ancorata al
dato legislativo, già interpretato nel senso che: “In tema di accertamento tributario,

rientra nel potere dell’Amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione
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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

Il C

1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – insufficiente motivazione su un fatto controverso e

legge, la scelta del corrispondente metodo da utilizzare, di cui il contribuente può
dolersi solo se gliene derivi un pregiudizio sostanziale” (Cass. 2872/17); e, inoltre,
nel senso che l’amministrazione medesima è legittimata a fare ricorso ad
accertamento analitico pur in contesto di inattendibilità contabile:

“in tema di

accertamento dei redditi di impresa ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (anche nella ipotesi
di inattendibilità dell’intera contabilità) non comporta l’obbligo dell’ufficio di avvalersi

pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque
emergenti dalle scritture dell’imprenditore” (Cass. 12904/08).
Quanto sin qui ritenuto rileva anche ai fini dell’infondatezza del secondo motivo di
ricorso incidentale, non risultando che l’accertamento si sia basato su criterio
induttivo derivato dalle carenze nelle scritture contabili.
Elemento, quest’ultimo, effettivamente riscontrato dal giudice di merito (il quale ha
rilevato, in particolare, l’insussistenza di ricostruzione contabile su aspetti ritenuti
imprescindibili della gestione di impresa edile quali, a parte la nota integrativa, il
prospetto delle rimanenze e quello delle opere e servizi ultrannuali), e tuttavia non
dirimente al fine di escludere la legittimità formale e sostanziale del criterio di
accertamento in concreto adottato.
Va infine considerato come, in tale situazione, l’unico stato di ‘confusione’ ed
‘incertezza’, così come lamentato dai contribuenti, non derivi dall’avviso di
accertamento in sé (quanto, a tutto concedere, dalla prima decisione), il quale deve
ritenersi pertanto avulso anche da questo specifico vizio lamentato.
Ciò a maggior ragione in considerazione del fatto che nessun reale pregiudizio al
diritto di difesa del contribuente è qui riscontrabile; avendo quest’ultimo ab initio
perfettamente colto tutti gli elementi della contestazione a suo carico, e
conseguentemente predisposto argomentata difesa su ogni profilo (Cass. 2872/17
cit.).
§ 5.1 Con il terzo motivo di ricorso incidentale i contribuenti lamentano – ex art. 360,
1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – insufficiente motivazione su un fatto controverso e
decisivo del giudizio. Per non avere la commissione tributaria regionale esplicitato la
fonte del proprio convincimento in ordine alla mancanza di giustificazione economica
della nota di credito per euro 300.000,00 emessa dal Veronico a favore della
MAVECOS srl, a storno parziale della fattura n. 24/2002 emessa nei confronti di
quest’ultima in regime di sospensione di ricavi.
§ 5.2 II motivo è fondato.

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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

Il Co

di tale metodo di accertamento, ma costituisce una mera facoltà che non preclude,

Il giudice di appello ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per l’emissione
della nota di credito in oggetto, risultando

“una certa discrasia tra le rimesse

effettuate dalla MAVECOS alla Veronico Giuseppe”; trattandosi piuttosto di atto
“diretto ad equilibrare tra le varie ditte, tra loro collegate, il reddito di ognuna”.
Si tratta di motivazione del tutto carente.
In primo luogo, essa è priva delle necessarie esplicitazioni dei presupposti fattuali
di fondatezza del convincimento di merito; tanto più in assenza di indicazione degli

di indicazione delle ragioni per cui la redistribuzione, secondo un criterio convenuto,
dei ricavi rinvenienti dalla commessa (gestita con modalità consortile attraverso la
MAVECOS, a tal fine costituita dall’ATI) implicasse di per sé il disconoscimento della
passività in questione.
In secondo luogo, essa non dà minimamente conto dei plurimi argomenti e dei
documenti che il Veronico aveva dedotto a riprova, invece, sia della effettività dello
storno (asseritamente risultante dai bonifici bancari già allegati al processo verbale di
constatazione), sia della sua giustificatezza economico-imprenditoriale (in rapporto
alle convenute modalità di anticipazione e rimesse reciproche tra le imprese
associate, comportanti l’instaurazione di un regime di ricavi in sospensione
asseritamente ammontante, alla data della nota di credito, ad oltre C 1.400.000).
Si tratta di elementi ritualmente introdotti in giudizio perché già contenuti nel
ricorso introduttivo, e quindi ribaditi dal contribuente nel proprio atto di gravame;
anche con richiamo alla documentazione già in atti.
Non vi è dubbio, del resto, che si tratti di argomenti e documentazione decisivi, in
quanto in grado di sovvertire il convincimento del giudice di merito; ed il cui mancato
esame integra appieno la carenza motivazionale correttamente denunciata ex
art.360, 1^ co. n. 5 cod.proc.civ..
Non di rivisitazione degli elementi fattuali della vicenda, dunque, si tratta (il che
sarebbe certamente inammissibile nella presente sede di legittimità), quanto di
emersione di lacune espositive a tal punto radicali da impedire il controllo della
logicità e correttezza ricostruttiva del ragionamento del giudice di merito.

§ 6.1 Con il quarto motivodi ricorso incidentale i contribuenti deducono – ex art.360,
1^ co. n. 5 cod.proc.civ. – insufficiente motivazione su un fatto controverso e
decisivo del giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto
apoditticamente fondate le altre riprese a tassazione dell’amministrazione finanziaria
(attribuzione di ricavi non contabilizzati per euro 3565,00; nonché disconoscimento di
costi vari di installazione caldaia; di recinzione; di riparazione autoveicolo; di
fornitura alberi; di confezioni natalizie), in quanto “opportunamente evidenziat ,
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Ric.n.28265/11 rg. – Ud.del7 giugno 2018

elementi rivelatori della riscontrata ‘discrasia’ tra le rimesse nonché, per altro verso,

senza tuttavia esplicitare i criteri di valutazione degli elementi contrari di prova offerti
in giudizio.
§ 6.2 Anche questa doglianza è fondata.
La carenza della motivazione sul punto è palese, dal momento che sulle riprese a
tassazione II DD in oggetto il giudice di appello si è limitato ad osservare che esse
andavano accolte, perché “opportunamente evidenziate” dall’ufficio.
Al di là della apoditticità di questa affermazione (di per sé sufficiente ad invalidare

l’argomentazione del giudice di merito), la motivazione in esame risulta
irrimediabilmente viziata dalla mancata presa di posizione, da parte di
quest’ultimo,sui motivi di opposizione dedotti dal contribuente, fin dal ricorso
introduttivo, avverso tali riprese. E ciò sulla base di considerazioni (segnatamente, di
insussistenza del reddito non dichiarato, così come di effettività dei costi fatturati, e
destinati a beni e servizi asseritamente inerenti le esigenze aziendali) replicate
nell’atto di appello, ed assistite da produzioni documentali asseritamente probanti
dell’infondatezza della pretesa impositiva.
Nemmeno in tal caso, pertanto, si tratta di inammissibilmente riconsiderare
elementi fattuali, quanto di rilevare l’inconsistenza di una motivazione che ben può
anzi dirsi, sul punto, del tutto assente.
Anche in relazione a tale aspetto, pertanto, la sentenza impugnata dovrà essere
cassata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Puglia; la quale, in
diversa composizione, riconsidererà la fattispecie alla luce di quanto indicato. Il
giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Pqm
La Corte
accoglie il secondo motivo del ricorso principale, nonché il terzo ed il quarto

motivo del ricorso incidentale, respinti gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per

le spese, alla commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data 7 giugno
2018.
Il Cons.
Giaco

2018

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