Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18930 del 15/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 15/07/2019), n.18930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19774-2016 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCI

MAURO, PULLI CLEMENTINA, CAPANNOLO EMANUELA;

– ricorrente –

contro

F.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1166/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza pubblicata in data 24/2/2016, la Corte d’appello di Roma ha parzialmente accolto l’appello proposto da F.C. e, per l’effetto, ha dichiarato il diritto dell’appellante all’assegno mensile di assistenza con decorrenza dal 1/1/2009 e ha condannato l’Inps al pagamento dei relativi ratei, oltre agli accessori di legge;

per la cassazione di tale pronuncia, ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione due motivi; la F. non svolge attività difensiva, nonostante la regolarità della notificazione del ricorso per cassazione; la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con i due motivi di ricorso, uno prospettato sotto la specie della violazione di legge (L. n. 118 del 197, art. 13 e art. 2697 c.c.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e l’altro sotto la specie dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Inps censura la sentenza per avere la Corte omesso di accertare il possesso, in capo alla F., del requisito del mancato svolgimento dell’attività lavorativa; il ricorso è manifestamente fondato;

in via preliminare deve escludersi che si sia formato il giudicato interno sulla sussistenza dei requisiti diversi da quello sanitario, posto che è principio pacifico, reiteratamente affermato da questa Corte, quello secondo il quale “In materia di pensione d’inabilità o di assegno d’ invalidità, rispettivamente previsti, a favore degli invalidi civili (totali o parziali) dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, il cosiddetto requisito economico ed il requisito dell’incollocazione integrano (diversamente da quello reddituale per le prestazioni pensionistiche dell’I.N.P.S.) un elemento costitutivo della pretesa, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio”;

tale deducibilità o rilevabilità d’ufficio sono, peraltro, da rapportare alle preclusioni determinatesi nel processo e, in particolare, a quella derivante dal giudicato interno: preclusione che non sussiste nel caso di specie, dal momento che il giudice di primo grado ha rigettato la domanda (senza alcuna pronuncia sul requisito economico) e l’interessata ha appellato in ordine all’esclusione della sussistenza del requisito sanitario, con la ulteriore conseguenza che la carenza del requisito economico è deducibile (anche) per la prima volta in appello, o rilevabile d’ufficio dal giudice di secondo grado, del quale la parte può censurare, con ricorso per cassazione, la decisione – espressa o implicita – in ordine alla sussistenza dello stesso requisito economico o dell’incollocazione, deducendo, con riguardo al caso di decisione implicita, il vizio di omesso esame di un punto decisivo (cfr., tra le altre, Cass.4/11/2011, n. 22899; da ultimo, Cass. 10/05/2017, n. 11443);

inoltre, a fronte di un rigetto della domanda in primo grado, nessun onere incombeva all’Inps, appellato, di proporre appello incidentale o di reiterare la contestazione inizialmente effettuata con riguardo alla sussistenza dei requisiti di legge;

la sentenza impugnata ha di fatto omesso ogni accertamento in ordine al requisito dell’incollocazione avendo argomentato esclusivamente sulla sussistenza del requisito sanitario e di quello reddituale;

va poi ricordato che, in materia di assegno di invalidità civile, con la modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 1,comma 35, il requisito occupazionale è cambiato: la nuova disciplina, pur non esigendo più l’attivazione del meccanismo per l’assunzione obbligatoria, ha lasciato immutato l’onere del disabile di fornire la prova di non aver lavorato nel periodo interessato dalla domanda proposta;

tale prova, in giudizio, potrà essere data con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni, con l’unico limite costituito dalla dichiarazione sostitutiva di notorietà, rilevante nei soli rapporti amministrativi ma priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale (Cass. 05/04/2017, n. 8856; Cass. 19/03/2014, n. 6463; v. pure Cass. 28/8/2013, n. 19833/2013);

alla stregua di tali considerazioni, la sentenza deve essere cassata e la causa rimessa alla Corte del merito in diversa composizione per l’accertamento del requisito di cui è stato omesso l’esame;

giudice del rinvio provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2019

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