Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18929 del 27/09/2016


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Cassazione civile sez. I, 27/09/2016, (ud. 24/02/2016, dep. 27/09/2016), n.18929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CAMERA COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO AGRICOLTURA VARESE,

Elettivamente domiciliata in Roma, viale Parlali, n. 47, nello

studio dell’avv. Pio Corti, che la rappresenta e difende, unitamente

all’avv. Cesare Bulgaroni, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE ENTE AUTONOMO FIERA INTERNAZIONALE MILANO Elettivamente

domiciliata in Roma, via Monte Zebio, n. 30, nello studio dell’avv.

Giammaria Camici, che la rappresenta e difende, unitamente all’avv.

Giovanni A. Sagramoso, giusta procura speciale in calce al ricorso

notificato il 28 ottobre 2009;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 1511,

depositata il 28 maggio 2009.

sentita la relazione svolta alla pubblica udienza del 24 febbraio

2016 dal consigliere dott. Pietro Campanile;

sentito per la ricorrente l’avv. Raffaella Baccaro, munita di delega;

sentito per la controricorrente l’avv. Camici;

udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

dott. Alberto Cardino, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l – Con atto di citazione notificato in data 6 agosto 1997 la CCIAA di Varese conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Varese l’Ente Autonomo Fiera di Milano, e, premesso che il convenuto si era reso inadempiente all’obbligo, scaturente dal contratto con il quale si prevedeva lo svolgimento nel centro espositivo di (OMISSIS) della Mostra Internazionale delle Macchine Tessili, di curare le pratiche inerenti all’autorizzazione da parte del Ministero dell’Industria, per aver inopinatamente revocato, dopo averla regolarmente inoltrata, la richiesta di autorizzazione, senza informare la Camera di Commercio attrice, chiedeva la condanna del convenuto al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, derivanti da detto inadempimento del mandato, e correlati alla mancata organizzazione della Mostra con il previsto carattere di internazionalità.

1.1 – Instauratosi il contraddittorio, l’Ente Fiera, premesso che il rapporto instauratosi fra le parti non poteva ricondursi, come sostenuto nell’attrice, in un mero mandato, trattandosi di contratto di appalto nell’ambito del quale, essendosi la Camera di Commercio resa inadempiente rispetto all’obbligazione di inviare il progetto esecutivo che costituiva un requisito necessario per ottenere la qualifica di internazionalità della mostra, l’impossibilità di raggiungere il risultato aveva indotto alla revoca dell’istanza di autorizzazione già inoltrata al Ministero dell’Industria.

1.2 – Con sentenza depositata in data 9 novembre 2004 il Tribunale adito accoglieva la domanda: ravvisato nella specie un appalto di servizi, riteneva che l’Ente Fiera, revocando l’istanza, avesse tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di adempiere, mentre, d’altra parte, non risultava alcuna violazione in capo alla Camera di Commercio, non essendo emerso, in particolare, alcun obbligo di predisporre un progetto esecutivo, il cui invio, per altro, non era mai stato sollecitato.

1.3 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano, in accoglimento del gravame proposto dall’Ente Fiera, ha rigettato la domanda proposta dalla Camera di Commercio.

E’ stato rilevato, in particolare, che nelle lettere del luglio e del settembre del 1995, con le quali le quali le parti avevano concluso il contratto di appalto, era contenuto un esplicito richiamo a pregressi accordi fra le stesse parti, vale a dire alle modalità di organizzazione di una rassegna del 1993, nell’ambito delle quale, mentre era prevista la presentazione, da parte dell’Ente Fiera, dell’istanza per l’autorizzazione al competente Ministero, era contemplata l’instaurazione di un procedimento, anche per l’ottenimento delle prescritte autorizzazioni da parte della Regione, a carico della Camera di Commercio (domanda di autorizzazione, corredata di un progetto particolareggiato, di una piano finanziario e del regolamento della manifestazione), oltre alla redazione di uno specifico progetto della manifestazione.

1.4 – La Camera di Commercio, quale soggetto professionalmente specializzato nell’organizzazione di manifestazioni, si era resa del tutto inadempiente rispetto a dette obbligazioni, che, per altro, avrebbe dovuto eseguire in via autonoma, senza alcuna necessità, non prevista dagli accordi contrattuali, di sollecitazioni.

1.5 – Per la cassazione di tale decisione la CCIAA di Varese propone ricorso, affidato a 7 motivi, cui la Fondazione Ente Autonomo Fiera Internazionale di Milano resiste con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo, deducendosi violazione dell’art. 1218 c.c., si sostiene che la revoca, da parte dell’Ente Fiera, della domanda di autorizzazione allo svolgimento della manifestazione fieristica, indicativa della volontà di non adempiere, sarebbe stata del tutto ingiustificata, in quanto intesa a vanificare una prestazione già eseguita ed in alcun modo correlabile alla supposta inerzia della ricorrente, che non poteva rendere impossibile, in quanto già eseguita, la prestazione suddetta, consistente nella richiesta dell’autorizzazione, poi revocata.

2.1 – Con il secondo mezzo si deduce la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.: la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che la suddetta revoca, non necessaria nè urgente, potesse ritenersi giustificata, pur in assenza dell’inoltro di un qualsiasi preavviso alla CCIAA di Varese.

2.2 – La terza censura riguarda la violazione dell’art. 1710 c.c., per aver la sentenza impugnata inquadrato l’obbligazione di presentare la richiesta di autorizzazione al competente Ministero nell’ambito di un più complesso contratto di appalto, anzichè ritenere che si trattasse dell’esecuzione di uno specifico mandato.

2.3 – Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non aver la corte territoriale specificato le fonti del proprio convincimento circa le omissioni attribuite alla CCIAA in merito all’inoltro di domanda di autorizzazione, alla presentazione di uno specifico progetto della manifestazione e alla predisposizione di un regolamento.

2.4 – Con il quinto mezzo il vizio motivazionale viene prospettato in relazione all’omessa valutazione della documentazione proveniente dal Ministero dell’Industria, dalla quale era dato desumere che la revoca dell’autorizzazione era stata richiesta in base a una decisione unilaterale dell’Ente Fiera, e non in virtù delle omissioni attribuite alla CCIAA DI Varese.

2.5 – Il sesto motivo attiene al vizio di insufficiente motivazione, per essersi, senza alcuna dimostrazione, attribuita all’inerzia della CCIAA nell’assolvimento degli oneri di natura amministrativa l’intenzione di desistere dall’organizzazione della manifestazione.

2.6 – Con l’ultima censura il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 viene denunciato in relazione all’esclusione dell’obbligo in capo all’Ente Fiera si sollecitare la CCIAA a porre in essere gli adempimenti di natura amministrativa a lei incombenti, e comunque, di comunicare l’intenzione di revocare la già richiesta autorizzazione.

3 – Il ricorso presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.

Invero i motivi, tutti corredati dei prescritti quesiti di diritto, ovvero, quanto ai vizi motivazionale, del c.d. “momento di sintesi conclusivo”, sono sostanzialmente intesi a proporre una diversa e più favorevole lettura delle risultanze processuali, a fronte di una ricostruzione della vicenda congruamente motivata e di una qualificazione giuridica, come effettuata dalla corte distrettuale, esente da censure sotto il profilo logico-giuridico.

4 – Vale bene prendere le mosse dalla riconduzione del rapporto in un contratto assimilabile ad un appalto di servizi, piuttosto che, come sostiene la ricorrente – segnatamente nel terzo motivo – a un mandato: nella sentenza impugnata, premesso un riferimento alla complessità della attività inerenti all’organizzazione di una manifestazione fieristica, per altro avente carattere internazionale, si fa specifica menzione, senza che tale aspetto venga adeguatamente censurato, del riferimento, contenuto nella missiva inviata alla controparte dalla CCIAA in data 27 luglio 1995, all’accordo predisposto per l’edizione della rassegna del 1993, per altro ancora in vigore, e quindi alle modalità in esso individuate. Correttamente, pertanto, è stata esclusa la riconducibilità del rapporto in un mero mandato, in quanto, se in esso l’oggetto è costituito da un’attività qualificata di conclusione di negozi giuridici per conto e nell’interesse del mandante, nel caso il compito affidato all’Ente Fiera, avente ad oggetto l’organizzazione della manifestazione fieristica, non poteva intendersi limitato alla presentazione della suddetta domanda di autorizzazione, ma comportava un complesso di adempimenti, che non si esauriva nella mera presentazione della domanda diretta a conseguire dalla pubblica amministrazione il provvedimento richiesto (Cfr., Cass., 26 luglio 2005, n. 15607; Cass., 26 ottobre 2004, n. 20739; Cass., 5 febbraio 2000, n. 1288).

Giova altresì richiamare il principio secondo cui in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica – nella specie neppure invocati dalla ricorrente – e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass., 13 febbraio 2002, n. 2074).

5 – Al lume della corretta qualificazione giuridica operata dal giudice del merito, la tesi della ricorrente, imperniata, sin dalla sua impostazione originaria, sulla violazione dei doveri, anche informativi, previsti dall’art. 1710 c.c., disvela per intero la sua fragilità.

6 – Tanto premesso, evidenti ragioni di connessione impongono di esaminare congiuntamente i restanti motivi, che sono complessivamente infondati.

7 – Deve premettersi, sotto il profilo fattuale, che la ricorrente, pur minimizzando gli effetti della propria inerzia che la sentenza pone a fondamento del giudizio circa la sopravvenuta quanto “inequivoca volontà di non procedere all’organizzazione della manifestazione”, non ne contesta la complessiva sussistenza. In proposito deve puntualizzarsi che i rilievi di natura fattuale in ordine agli aspetti inerenti al profilo diacronico della revoca della richiesta di autorizzazione da parte dell’Ente Fiera (29 febbraio 1996) rispetto alla scadenza del termine per presentare la domanda di autorizzazione alla Regione, indicato nel 10 maggio 1996, scemano irrimediabilmente alla luce del riferimento non solo agli adempimenti relativi all’autorizzazione regionale, ma anche a quelli inerenti alla stessa autorizzazione ministeriale.

La Corte di appello, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, che aveva escluso l’obbligo, a carico della CCIAA di predisporre il progetto esecutivo “quale condizione per ottenere l’autorizzazione ministeriale” (pag. 2 della sentenza impugnata), ha rilevato che ai sensi dell’art. 4 della scrittura in data 30 luglio 1992, la ricorrente avrebbe dovuto presentare uno specifico progetto della manifestazione (entro il termine, indicato nel controricorso sulla base della circolare del Ministero dell’Industria in data 17 febbraio 1992, e non contestato, del 15 gennaio 1996, anteriore, quindi, alla revoca della domanda di autorizzazione).

La corte distrettuale, poi, nell’enumerare le manifestazioni dell’inerzia della CCIAA, ha espressamente affermato (pag. 4) che la stessa “mai presentò uno specifico progetto della manifestazione”.

8 – In considerazione di quanto sopra evidenziato, deve constatarsi non solo l’infondatezza del motivo inerente ai denunciati vizi di natura motivazionale, in quanto la Corte di appello, dopo aver indicato le fonti delle obbligazioni poste a carico della ricorrente, le sue specifiche inadempienze (compresa quella, neppure censurata, inerente al progetto della manifestazione), ha in maniera adeguata argomentato il proprio convincimento circa la valenza di tale inerzia come “inequivoca volontà di non procedere all’organizzazione della manifestazione”.

9 – La suggestiva tesi secondo cui, essendo stata già effettuata la richiesta di autorizzazione, non sarebbe predicabile l’impossibilità della relativa prestazione, ragione per cui l’ente intimato sarebbe in ogni caso responsabile dell’inadempimento correlato alla sua revoca, non appare, a prescindere dall’inconferente richiamo ai doveri facenti capo al mandatario, condivisibile.

Deve invero ribadirsi che la richiesta dell’autorizzazione ministeriale non esauriva, secondo la corretta ricostruzione operata dalla corte distrettuale, il complesso delle obbligazioni poste a carico dell’Ente Fiera, ed inerenti al dispiegamento di una serie di attività intese ad organizzare la manifestazione fieristica.

Tale risultato avrebbe dovuto essere conseguito attraverso gli apporti sinergici di entrambe le parti: la dedotta violazione dell’art. 1218 c.c., con esclusiva focalizzazione sull’obbligazione inerente alla presentazione della domanda di autorizzazione, e, quindi, con prospettazione dell’inadempimento consistente nella revoca della domanda di autorizzazione non tiene conto del contenuto complessivo del rapporto obbligatorio, come sopra delineato.

Il giudizio formulato dal giudice del merito, secondo cui la revoca, da parte dell’Ente Fiera, sarebbe conseguenza della constatazione della carenza, in capo alla controparte, dell’interesse alla prestazione, che costituisce il fondamento del rapporto obbligatorio, appare esente da censure sotto il profilo logico-giuridico, soprattutto ove si consideri che non si tratta di verificare, in astratto, l’impossibilità della singola prestazione posta a carico dell’Ente Fiera, ma di constatare che è stata in effetti ritenuta meritevole di accoglimento l’eccezione di inadempimento fatta valere dallo stesso, in relazione alla violazione di specifici obblighi (dei quali, attesa anche la sua qualificazione professionale, la CCIAA doveva ritenersi, secondo il congruo giudizio espresso al riguardo nella decisione impugnata, perfettamente consapevole) facenti capo alla controparte, in violazione di quei doveri di correttezza e di cooperazione, particolarmente significativi in tema di appalto (Cass., 15 febbraio 2013, n. 3830), dalla CCIAA di Varese ampiamente disattesi e poi a torto invocati a proprio favore.

7 – Il regolamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Suprema Corte di Cassazione, il 24 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2016

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