Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18928 del 17/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 18928 Anno 2018
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: FUOCHI TINARELLI GIUSEPPE

ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 4032/2012 R.G. proposto da
Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n. 12;
– ricorrente contro
Linea Azzurra Trading Sri,

rappresentata

e difesa dall’Avv.

Pierluigi Muccari, presso il quale è elettivamente domiciliata, in
Roma via Po n. 9, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del
Lazio n. 312/22/10, depositata il 20 dicembre 2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 marzo
2018 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.
Letta la memoria depositata Sostituto Procuratore Generale
Umberto de Augustinis che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Letta la memoria depositata dall’Avv. Pierluigi Muccari per la
società contribuente.
RILEVATO CHE

Data pubblicazione: 17/07/2018

- a seguito di verifica presso il deposito doganale gestito dalla
società RCT Spa emergeva che la società Linea Azzurra Trading Sri
aveva omesso il versamento dell’Iva all’importazione attesa
l’immissione solo virtuale di merce extra UE nel detto deposito, così
avvalendosi indebitamente del trattamento agevolativo della
sospensione del pagamento dell’Iva, ragion per cui l’Agenzia delle

– l’impugnazione, rigettata dalla Commissione tributaria provinciale
di Roma, era accolta dal giudice d’appello;
– l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione con un
motivo, cui resiste la contribuente con controricorso
CONSIDERATO CHE
– l’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
50 bis d.l. n. 331 del 1993, conv. nella I. n. 427 del 1993, e 1776
c.c.: l’Agenzia delle dogane, lamenta, in sostanza, che la CTR abbia
ritenuto soddisfatto il requisito dell’immissione fisica della merce,
necessario per fruire del trattamento sospensivo, mediante il mero
ingresso, ed una breve sosta, del mezzo di trasporto all’interno del
deposito, senza provvedere allo scarico e stoccaggio della merce,
seguita dall’immediatd.partenza del veicolo con la merce stessa;
– il motivo è fondato nei limiti che seguono;
– va rilevato, in primo luogo, che ha errato la CTR nel ritenere
idoneo ad integrare, ai fini dell’art. 50 bis d.l. n. 331 del 1993, il
deposito effettivo nel solo avvenuto ingresso del mezzo di trasporto
della merce all’interno del magazzino e la sua permanenza per
circa un quarto d’ora “per il disbrigo delle operazioni di carico e
scarico nel registro di deposito Iva”;
– la norma, infatti, postula una introduzione effettiva – irrilevante
l’effettività del contratto di deposito ai fini civilistici – e ciò si ricava
da una pluralità di elementi univoci: la necessità dell’esistenza di
appositi spazi destinati alla custodia dei beni si desume, anzitutto,
dall’esplicito riferimento ai locali contenuto nel comma 1 dell’art. 50
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dogane riprendeva a tassazione l’imposta non versata;

bis, nonché dalla necessità ivi prevista – comma 4, lett. a) – che i
beni vengano materialmente introdotti nel deposito; il comma 6,
inoltre, laddove descrive le operazioni di “estrazione” dei beni dal
deposito Iva per la loro utilizzazione presuppone ineludibilmente il
materiale inserimento della merce in deposito, potendosi
interpretare solo in tal senso la norma ove considera gli acquisiti

momento dell’estrazione”;

il comma 5, infine, prevede che i

controlli doganali si effettuino attraverso la

“vigilanza

dell’impianto”;
– nell’istanza di autorizzazione, del resto, i soggetti legittimati a
gestire il deposito devono previamente individuare i locali di cui
hanno la disponibilità destinati alla custodia dei beni loro affidati
(art. 2, comma 3, del d.m. n. 419/1997) e l’art. 4, lett. h) dello
stesso d.m. ha previsto la possibilità di eseguire le eventuali
manipolazioni usuali necessarie ad assicurare la conservazione dei
beni medesimi nei locali limitrofi a quelli ordinariamente impiegati
per la custodia delle merci in regime di deposito Iva, considerando
dunque indispensabili i primi;
– le modalità attuate, meramente cartolari, assolvono, dunque, ad
un deposito virtuale e non ad un deposito effettivo;
– ciò premesso, la questione, relativa al regime del cd. deposito
doganale, è stata oggetto di ampia elaborazione da parte sia della
Corte di Giustizia, più volte intervenuta (v. Corte di Giustizia, 18
dicembre 2008,

Sopropé,

C-349/07, e, da ultimo, Corte di

Giustizia, 17 luglio 2014, Equoland, C-272/13), che della Suprema
Corte (v. Cass. n. 15988 del 29/07/2015; Cass. n. 16109 del
29/07/2015; Cass. n. 17815 del 08/09/2015; Cass. n. 10911 del
26/05/2016; da ultimo v. Cass. n. 12231 del 17/05/2017);
– la sentenza Equo/and, in particolare, ha confermato la piena
compatibilità della legislazione e della giurisprudenza interna in
tema di obbligatorietà dell’inserimento effettivo della merce nel
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operati sui beni prima dell’estrazione “durante la giacenza fino al

deposito Iva, riconoscendo ai singoli Stati la possibilità di
determinare le modalità con le quali fare operare il sistema del
deposito fiscale da cui derivare il beneficio dell’esenzione del
pagamento dell’Iva ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della sesta
direttiva CEE, poiché “… spetta agli Stati membri determinare le
formalità che il soggetto passivo deve adempiere al fine di poter

suddetta disposizione …”;
– con riguardo, specificamente, alla normativa nazionale, ha poi
aggiunto che “… il legislatore italiano ha previsto che, al fine di
poter beneficiare dell’esenzione dal pagamento dell’IVA
all’importazione, il soggetto passivo abbia l’obbligo di introdurre
fisicamente la merce importata nel deposito fiscale, poiché si
presume che tale presenza fisica garantisca la successiva
riscossione dell’imposta”, obbligo che ha carattere formale ma è
rilevante in quanto

è atto a permettere di conseguire

efficacemente gli obiettivi perseguiti”,

senza eccedere “quanto

necessario per conseguire i suddetti obiettivi”;

diversa valutazione, invece, è stata operata quanto

all’assolvimento dell’Iva nell’ambito del meccanismo dell’inversione
contabile mediante autofatturazione che – secondo la Corte di
Giustizia, a prescindere dai profili strettamente sanzionatori ivi
specificamente considerati e qui non rilevanti – “… consente di
contrastare l’evasione e l’elusione fiscale” sicché la richiesta “di un
nuovo pagamento dell’IVA già assolta, senza che tale secondo
pagamento conferisca un diritto di detrazione, non può considerarsi
conforme al principio di neutralità dell’IVA”;
– l’introduzione solo virtuale della merce importata nel deposito
fiscale comporta, quindi, che l’Iva era dovuta al momento
dell’importazione sicché il pagamento mediante il meccanismo
dell’inversione contabile costituisce un adempimento tardivo
dell’imposta sul valore aggiunto; tale versamento tardivo, tuttavia,
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beneficiare dell’esenzione dal pagamento dell’IVA in base alla

in mancanza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello
Stato, è suscettibile di integrare solo una violazione formale che
non può rimettere in discussione il diritto a detrazione del soggetto
passivo;
– ne deriva, secondo la Corte di Giustizia, che, in considerazione del
ruolo preponderante del diritto a detrazione nel sistema comune

neutralità fiscale di tale imposta rispetto a tutte le attività
economiche, una sanzione tale da tradursi in un diniego del diritto
a detrazione non è conforme alla sesta direttiva in mancanza di
frode o danno per il bilancio dello Stato;
– i principi sopra esposti sono sicuramente rilevanti nella vicenda in
esame, in cui si controverte della rettifica relativa all’Iva
all’importazione a carico dell’importatore che si era limitato ad
inserire virtualmente la merce immessa in libera pratica nel
deposito Iva;
– orbene, in applicazione degli enunziati principi:
a) in mancanza della regolare introduzione nel deposito IVA, la
merce non poteva che considerarsi come oggetto di
un’importazione definitiva ai sensi dell’art. 67 del d.P.R. n. 633 del
1972, giustificando, pertanto, ai sensi dell’art. 78 del Regolamento
CEE n. 2913/1992 e dell’art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990,
l’operato dell’Ufficio

doganale

in

punto

di

rettifica

della

dichiarazione di immissione;
b) non è poi persuasivo – come già rilevato da questa Corte (Cass.
n. 17815 del 2015) – il richiamo, operato in controricorso, allo ius
superveniens di cui all’art. 16, comma 5-bis, d.l. n. 185 del 2008,
conv. dalla I. n. 2 del 2009, neppure avendo la società dedotto di
avere svolto prestazioni di servizi alle quali si riferisce la lett. h)
dell’art. 50 bis, comma 4, e venendo in discussione unicamente la
mancata osservanza della previsione di cui alla lett. b) del comma
4 dell’art. 50 bis cit;
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dell’imposta sul valore aggiunto, diretto a garantire la perfetta

- l’accoglimento del motivo, peraltro, va temperato in relazione al
dedotto (pag. 22 del controricorso) assolvimento dell’Iva mediante
autofattura

“emessa all’atto dell’estrazione della merce dal

deposito”, ossia all’asserito assolvimento dell’Iva interna con il
meccanismo del reverse charge sull’omesso versamento dell’IVA
all’importazione, che la Corte di Giustizia ha affermato integrare

– spetterà dunque al giudice del rinvio verificare se sia stata
effettuata l’autofatturazione dell’Iva interna all’atto dell’estrazione
della merce solo virtualmente inserita nel deposito Iva, con
registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto
passivo, ed essa sia stata in concreto idonea a determinare
l’assolvimento, sia pur tardivo, dell’Iva all’importazione;
– in accoglimento del ricorso nei termini di cui in motivazione la
sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR
competente in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio
in diversa composizione.
Deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 22 marzo 2018
Il Presidente
Biagio Vir ilio

71:

modalità idonea a soddisfare l’obbligo impositivo;

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